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10 maggio, marcia NoTav in Val di Susa…

Sabato 10 maggio sarà il giorno in cui tutti coloro che hanno a cuore la Valle e la città di Susa, “vecchi e nuovi abitanti di questa valle”, potranno marciare al fianco di tante compagne e tanti compagni di lotta per affermare che la valle non è disposta a farsi “ricattare e sfruttare dal sistema delle grandi opere”.

…e se i grilli non cantassero più?

Con l’inizio di maggio, sul finire delle prime giornate di sole, accade qualcosa di cui fa esperienza chi vive all’aperto le ore dell’imbrunire o porzioni di tiepide notti. È il frinire dei grilli, quel suono che in Giappone è atteso e ammirato come meraviglia e piacere della natura, presagio di buona fortuna.

Così come è iniziato, il canto di un grillo può interrompersi improvvisamente. È la conseguenza della percezione di un’invasione di campo, del farsi avanti di una minaccia. Nel subitaneo silenzio il grillo sa che è arrivato il momento di difendersi, forse di lottare per la propria sopravvivenza.

Un po’ come i grilli il Movimento No Tav, insieme a tutti coloro che hanno coscienza e timore del danno e del rischio ambientale in una piccola valle alpina già martoriata dai cambiamenti climatici, si allarma nel vedere gli spazi naturali progressivamente invasi e distrutti dai cantieri TAV Torino – Lione.

Dopo Chiomonte e San Didero è arrivato il momento della Piana di Susa. Al silenzio allarmato dei grilli si affiancano le parole pesate e precise, spese dai tecnici No Tav dell’Unione Montana, per mettere in allarme i valligiani, per svegliare le coscienze e presentare, senza falsa retorica, quel che accadrà, quel che null’atro sarà se non una lunga, perdurante e inutile devastazione. Per qualcuno tutto ciò accadrà sull’uscio di casa, sul limite di piccoli giardini frequentati da intere vite, calpestati in passato da bimbe e bimbi che oggi si aggrappano, quasi a volerle abbattere, alle reti che racchiudono cantieri e nascondono lo scempio.

Centodiecimila metri quadrati di cantiere, pari a quindici campi da calcio. Oltre 2,5 milioni di metri cubi di smarino, un volume simile a quello della piramide di Cheope, proveniente dal tunnel di base e stoccati nella piana di Susa, nel cuore della bassa Valle. È infatti previsto, secondo quella che è di fatto una variante di progetto ma che non è stata sottoposta a valutazione di impatto ambientale, che il materiale di scavo verrà depositato per un periodo di tempo indeterminato alle porte della città di Susa, nelle aree dell’autoporto e della pista di guida sicura. Lo stoccaggio è previsto a cielo aperto, al più con la protezione di tensostrutture mobili incapaci di limitare la diffusione di polveri pericolose per la salute umana e animale.

Quel che avevano promesso che mai sarebbe accaduto per la pericolosità dei materiali (terre e rocce contaminate, PFAS, fibre di amianto, minerali radioattivi, arsenico) e delle polveri sottili, ora è sfacciatamente e violentemente imposto ad un territorio frequentemente battuto dal vento. Un criminale allargar di braccia, il celarsi dietro l’indisponibilità del sito di stoccaggio di Salbertrand, rientrano nell’atteggiamento sfottente di TELT, che mai ha mostrato attenzione e rispetto per la Valle di Susa e per i suoi abitanti, oppositori all’opera o no.

Il deposito dello smarino a Susa, nelle aree indicate, renderà necessario il suo spostamento dai luoghi di estrazione (cantiere di Chiomonte) verso quelli di stoccaggio. Trasporti continui che verranno effettuati, in un tempo dilatato negli anni, con decine di migliaia di camion: una lunga e ininterrotta fila di mezzi pesanti attraverserà la città di Re Cozio, con la conseguenza diretta di rumori continui, vibrazioni per gli edifici, inquinamento, polveri sottili, aumento del rischio di incidenti stradali. Un quadro ambientale e di futura vivibilità ben poco rassicurante, che si unisce ad una drammatica prospettiva di decadenza per la città, per la sua economia e le sue velleità turistiche.

Prospettiva quest’ultima che include la chiusura dell’attuale linea ferroviaria e della stazione locale, la chiusura temporanea delle vie di accesso alla città di Susa, al suo ospedale, ai suoi istituti di istruzione superiore, agli esercizi commerciali e alle attrattive turistiche e storico-culturali. Tutto ciò nell’apparente indifferenza, nel silenzio e nella complice indisponibilità al dialogo e all’ascolto dell’attuale amministrazione della città. Mai un confronto pubblico è stato così tante volte richiesto ed altrettante volte negato!

La Valle di Susa, per circa due anni, ha sperimentato quello che tanti hanno definito come un vero e proprio “isolamento” determinato dalla chiusura della linea ferroviaria verso Modane in territorio francese. Qui, nell’agosto del 2023, una frana aveva danneggiato e interrotto la ferrovia causando la cancellazione dei treni merci e passeggeri verso le città transalpine.  Al netto di un aumento del traffico pesante al tunnel del Frejus e sulle altre direttrici verso la Francia, non si è tuttavia assistito ad alcun collasso delle economie al di qua e al di là delle Alpi.

Lo stesso protrarsi dei lavori di ripristino della linea, in territorio francese, che ne hanno consentito la riapertura solo a marzo di quest’anno, rendono probabilmente ragione a chi da anni insiste sulla totale inutilità di una nuova linea ferroviaria e di un nuovo tunnel di collegamento fra le due regioni. Soprattutto la prolungata indisponibilità della linea e la concomitante tenuta economica dei territori, smentiscono quella falsa teoria sulla saturazione della linea ferroviaria attuale, che si sarebbe dovuta registrare già nel 2018 e che ha rappresentato il pretesto oggettivo per imporre la costruzione della nuova linea TAV.

Se i grilli interrompono bruscamente il loro frinire per comprendere ciò che li minaccia e preparare la difesa, il Movimento No Tav sceglie, una volta ancora, quella semplice e testarda forma di lotta che consiste nel mettersi in marcia e percorrere, con sguardo alto e fiero, quei territori condannati alla devastazione dal volere e dagli interessi di pochi.

Nell’ormai ridotto equilibrio ambientale di queste nostre terre “alte”, sempre più frequentemente vittime degli eventi climatici che colpiscono e feriscono, ogni nuovo cantiere della grande opera TAV è illogica e indebita sottrazione, è metastasi. È violenza e crimine climatico.

Sabato 10 maggio sarà il giorno in cui tutti coloro che hanno a cuore la Valle e la città di Susa, “vecchi e nuovi abitanti di questa valle”, potranno marciare al fianco di tante compagne e tanti compagni di lotta per affermare che la valle non è disposta a farsi “ricattare e sfruttare dal sistema delle grandi opere”.

Voglio ancora sentire i grilli cantare!

Centro Sereno Regis

5 giorni 6 ore ago