Lo stato dà, lo stato toglie. La risacca dei diritti civili
Il momento dell’insediamento del presidente degli Stati Uniti, con i suoi rituali moltiplicati all’infinito dai mass media di tutto il mondo, è uno dei più importanti nella politica statunitense: serve per alimentare la mitologia del potere centrale e caratterizzare la politica degli anni a venire, sfruttando l’entusiasmo della campagna elettorale vittoriosa. E l’attuale presidente, che più ancora dei suoi predecessori prospera nella manipolazione dell’immagine, non ha perso l’occasione per sfruttare il momento al massimo. Durante le primissime fasi della sua nuova carica egli ha emesso decine di executive order, ovvero atti di prerogativa presidenziale ed immediatamente esecutivi. Normalmente emanati in numero ridotto, è già chiaro che questa presidenza potrebbe battere ogni precedente record. Gli executive order di cui stiamo parlando sono stati usati per legiferare a tappeto su una serie di questioni chiave della campagna elettorale e dare immediata attuazione ai temi cari alle lobby ultra-conservatrici che hanno sostenuto la campagna elettorale. Ma non solo: questa impronta ideologica forte si sta già riflettendo nel settore privato, autorizzando molte aziende a rivedere in senso antifemminista e reazionario quel poco di politiche “inclusive” che adottavano.
Gli exectuive order vanno dalla concessione di grazie alle persone coinvolte nei fatti del 6 gennaio 2021, al rafforzamento della pena di morte, dall’accelerazione dell’estrazione di idrocarburi, all’aumento dei poteri dell’esercito a diverse altre materie. Alcuni riguardano direttamente le questioni di genere. L’ordine intitolato “Difesa delle donne dall’estremismo dell’ideologia gender e ripristino della verità biologica nel Governo Federale” revoca il riconoscimento delle persone trans: già durante il discorso di insediamento Trump aveva dichiarato che “Da oggi sarà politica ufficiale del governo … che esistono solo due generi: maschile e femminile”. Non sorprende che la rubrica di questo atto cerchi di camuffarlo da difesa paternalistica delle donne (ovviamente solo quelle cis-etero si presume). Come in molti altri provvedimenti il piano legale e quello morale si confondono completamente, con l’impiego di termini come “buon senso” e “natura”, senza alcun riguardo per la situazione materiale nel paese, dove milioni di persone vivono la loro vita sulla base di un ordinamento giuridico che per quanto manchevole tuttavia concedeva certi diritti, ora gettati nel caos. Ma già creare una situazione di vaghezza normativa permetterà l’esercizio di arbitrii polizieschi, come sta già succedendo a molte persone migranti o non-americane. Vale ricordare che oltre al “buon senso” e alla “natura”, i costanti riferimenti ad un generico “Dio”, che è quello degli evangelici, sono tra le fonti principali dell’ideologia dietro queste norme.
Un gruppo di tre executive order invece si occupa di rescindere le politiche c.d. “DEI” (diversity equity and inclusion), ovvero un complesso di politiche di “discriminazione attiva” volto a cercare di compensare la sottorappresentazione di gruppi tradizionalmente discriminati in alcune carriere od istituzioni. Questa pratica viene definita “immorale”, oltre illegale e inefficiente, (Trump aveva anche cercato di attribuire un recente incidente aereo alle “assunzioni politicamente corrette”) ed alimenta il mito delle schiere di profittatori che rubano i posti spettanti agli americani onesti, ovverosia conformi all’immagine propagandistica della destra. Viene vietato anche l’insegnamento dell’uguaglianza nelle scuole primarie e medie. Il provvedimento al momento si trova parzialmente bloccato in tribunale per un ricorso.
La calda accoglienza di questo vendicativo provvedimento da parte de* elettr* repubblicani fa sospettare che queste persone non si rendano conto di come la revoca di questi benefici li coinvolgerà direttamente, nell’illusione di far parte di un mitico “noi” in perenne lotta contro un “loro” su cui si proiettano tutti i disvalori tradizionali, e dando l’avallo a politiche classiste i cui risultati saranno quelli di aumentare il già incredibile divario tra ricchi e poveri nella società statunitense. D’altronde il “cattivismo” trumpiano è una postura demagogica esclusivamente calibrata per creare consenso da parte di una base di votanti che va in ogni modo distratta dalla situazione reale dell’economia, e contemporaneamente per tirare sul ghiaccio l’opposizione su un tema estremamente impopolare. Ricordiamo che la base giuridica per l’aborto libero e sicuro negli Stati Uniti è già stata revocata, e che l’amministrazione Biden si è rifiutata o non ha potuto legiferare per garantirlo definitivamente.
Rientra in questa “guerra culturale” la sentenza è stata emessa dalla corte Suprema del Regno Unito nell’ambito di un procedimento promosso da “For Women Scotland” un gruppo di “protezione dei diritti delle donne”, che curiosamente usa come simbolo uno specchio di Venere con due “X”, solo una delle combinazioni cromosomiche che possono portare ad un corpo femminile “dalla nascita”. La nota scrittrice di successo JK Rowling ha contribuito pubblicamente a sponsorizzare questa causa legale, costata £250.000, ed ha altrettanto pubblicamente esultato per l’esito pubblicando una foto a bordo del suo yacht. Al momento su questa decisione pende un ricorso presso la Corte Europea dei Diritti Umani, promosso peraltro dalla prima giudice apertamente trans d’Inghilterra.
Il gruppo che ha agito questa causa presso la corte suprema chiedeva di abrogare una norma di legge che riservava il 50% dei posti nei comitati pubblici alle donne, perché includeva le donne trans. La sentenza rende un’interpretazione letteralista, per cui “donna” significa donna biologica, e quindi esclude le donne trans dalla classe di “donna” per quanto riguarda i benefici previsti dalle leggi contro la discriminazione. Il risultato è che questi benefici saranno limitati alle donne cisgenere e – paradossalmente ma coerentemente – agli uomini trans. Alcune linee guida governative dell’Equality and Human Rights Commission (EHRC) non hanno perso tempo a conformarsi a questa decisione, estendendone gli effetti anche oltre la portata intesa dalla corte, generando grande caos e incertezza sia nelle persone che in molte istituzioni. Il dibattito si incentra sui bagni, spogliatoi e altri spazi riservati, ma è già entrata in vigore l’esclusione delle donne trans dallo sport femminile.
L’applicazione di queste nuove norme implica accertamenti invasivi ed imbarazzanti non solo per le persone trans, che già vedono fortemente limitata la loro libertà di transitare nello spazio pubblico, ma rinforza l’imposizione per tutte le soggettività “donne”, comunque intese, di femminilizzarsi accuratamente per reggere lo sguardo normativo patriarcale. Si sa che peli, voce, muscoli, forme del corpo sono estremamente variabili nei diversi soggetti e nelle diverse età e che il solo dato materiale è un fondamento estremamente illusorio per l’attribuzione di generi.
Confrontiamo la situazione con quella italiana.
In Italia la linea adottata dal governo Meloni è quella già vista della ricostruzione dei neofascisti come amministratori responsabili e di Meloni come “uomo di stato” affidabile tramite dichiarazioni superficialmente rassicuranti, mentre non mancano i provvedimenti repressivi sulle questioni di genere, come la circolare del Ministero dell’Interno che a Marzo 2023 ha chiesto ai comuni di interrompere il riconoscimento e le registrazioni all’anagrafe dei figli di coppie omogenitoriali, l’istituzione della GPA come reato universale, vecchio cavallo di battaglia della destra, ed altri. come È se il governo non trovasse strategico impegnarsi direttamente su questi fronti in questa fase, preferendo criminalizzare il dissenso tutto con un inasprimento senza precedenti delle norme penali. L’Italia rimane così formalmente nel campo dell’Europa dei diritti civili, forse per non assomigliare troppo a quel Putin che fino a qualche anno fa fu uno dei riferimenti politici dei partiti dell’attuale maggioranza. Ma l’attuale governo sembra preferire muoversi sul piano amministrativo e del diniego silenzioso dei servizi, piuttosto che legiferare apertamente contro i diritti: basti pensare ai casi della triptorelina e gli attacchi all’ospedale Careggi, la stessa circolare diretta alle anagrafi di cui sopra, atti difficilmente emendabili presso la magistratura amministrativa. Nel solo Friuli Venezia Giulia, in passato considerato un’eccellenza nella chirurgia di riassegnazione di genere, gli interventi sono sospesi di fatto da prima della pandemia. D’altronde in Italia godono di ottima salute istituzioni ed associazioni catto-fasciste dispostissime a portare avanti il campo della reazione. Tra queste Arcilesbica nazionale da ormai diversi anni mantiene tenacemente una posizione anti-trans, e queerfobica, (definisce la transessualità “un sogno, un’illusione, etc…”), e pur rivendicando un’identità politica anti patriarcale e anticlericale, ha concordato pubblicamente con le posizioni di Giorgia Meloni sul tema, incassando anche l’interesse incuriosito de “la nuova Bussola Quotidiana” e di Pro Vita e Famiglia. Le richieste concrete di Arcilesbica nazionale, oltre ai diritti per le lesbiche, sono soprattutto rivolte a chiedere linee guida più stringenti nei protocolli per la transizione ed altre norme anti trans. Non stupisce quindi l’esultanza per la sentenza della Corte Suprema Britannica, ritenendo evidentemente lo sgomento delle molte persone trans (tra cui molte lesbiche) e di molt* altr* come giustizia finalmente resa contro frange pericolose ed una vittoria per le donne “vere”.
Ma è proprio vero che “donna si nasce”?
Molti dei diritti contro i quali si sta muovendo oggi l’internazionale autoritaria erano stati concessi in fasi precedenti grazie anche a lotte di base, e benché abbiano concretamente migliorato la vita e la sicurezza delle persone LGBT, poggiavano sulla base dello sfruttamento capitalistico delle differenze. Come tutti i diritti concessi, sono soggetti a revoca al cambiare del vento politico, e anche le numerose iniziative di “inclusione” all’interno delle aziende sembrano avere i giorni contati visto che il grande capitale non ha nessun vantaggio a non conformarsi alla nuova temperie. È prevedibile che si possa assistere a breve ad un’inversione di tendenza in senso restrittivo nel pinkwashing aziendale.
Ci troviamo quindi di fronte all’erosione di una serie di diritti che in ogni caso erano concessi da un potere apparentemente benevolo ma in realtà inaffidabile ed opportunista. I nuovi conservatori, pur millantando di partire da dati molto concreti ed ovvi – la “biologia”, il “buon senso” – invocano il potere magico-costitutivo della parola normante e devono necessariamente ricorrere alla prescrizione normativa per produrre il sistema patriarcale, negando una realtà già esistente in cui come soggettività non-cisetero pratichiamo i nostri pochi diritti. Se il binarismo di genere fosse così ovvio ed autoevidente non servirebbero questi megalitici dispositivi normativi per riprodurlo continuamente. Lungi dall’essere affermazioni tecniche, neutre, apolitiche, essi costituiscono un piano ben preciso di affermazione di eterosessualità come norma, con buona pace delle attiviste lesbiche che hanno partecipato a questa campagna transfobica, evidentemente illuse di poter addomesticare il potere statale sotto la copertura della tutela paternalistica delle donne come soggetto unicamente passivo e vittima. Non dimentichiamo le persone intersex che scardinano ogni pretesa di fondamento irrevocabilmente biologico del genere, e subiscono ancora tra le più brutali violenze medicali.
Fa sempre tristezza vedere gruppi che in nome della difesa del corpo femminile invocano la repressione di stato proprio sui corpi sessuati, con lo spauracchio di fantomatiche situazioni di pericolo che nella realtà non si creano mai (gli uomini cisgender sono ancora statisticamente di gran lunga la più grande minaccia alla sicurezza), anche a costo di creare vere, concrete e frequenti situazioni di pericolo e disagio per le persone trans, che – nonostante magistrati, clero e attivits* escludenti – esistono. E fa tristezza l’esultanza per una sentenza raggiunta anche grazie alla sponsorizzazione di una miliardaria che ha fatto del discorso TERF un suo puntiglio personale, e che manifesta pienamente la divisione strumentale al capitale per distrarre dall’appropriazione patriarcale del lavoro e dell’identità stessa delle persone.
L’accanimento dei governi sulle persone non conformi, rivestito dei toni dello scandalo e spacciato come operazione di pulizia morale, è funzionale alla distrazione dall’impoverimento generalizzato delle classi subalterne, dal furto di risorse e dalla corsa alle armi. Al di là della retorica e dell’inefficienza dei governi, esiste una dimostrata correlazione tra l’erosione o anche solo la messa in dubbio della tutela delle minoranze ed un’accresciuta minaccia fisica per le persone, l’aumento dei suicidi, il peggioramento dell’impiegabilità e della qualità della vita e dell’accesso ai servizi. Impegniamoci per offrire accoglienza, visibilità e complicità alle persone che sono a rischio di perdere i loro diritti in un’ottica di solidarietà di classe e continuiamo a puntare il dito contro la falsa alternativa tra libertà e benessere economico.
Se la crudeltà eletta a sistema è la loro legalità, avremo sempre dalla nostra parte la multiforme ingovernabile imprevedibile realtà dei generi e della vita.
Julissa
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