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Il laboratorio Open Source dell’Oregon State University rischia la chiusura: appello urgente alla comunità!

Il laboratorio Open Source dell'Oregon State University rischia la chiusura: appello urgente alla comunità

Il laboratorio Open Source dell’Oregon State University (OSL) rappresenta da oltre 20 anni un pilastro fondamentale per l’ecosistema del software libero e open source a livello mondiale. Fondato 22 anni fa, l’OSL ha fornito infrastrutture, servizi di hosting e supporto tecnico a più di 500 progetti open source, tra cui nomi di primo piano come Gentoo, Debian, Fedora, Mozilla Firefox, la Apache Software Foundation, la Linux Foundation e Kernel.org come riportato da Linux.com nel 2006. Anche Facebook parlò dell’utilizzo dell’infrastruttura di test di OSL nel 2011.

Secondo il sito web del progetto, OSL collabora con la School of Electrical Engineering and Computer Science dell’Oregon State University e i progetti che ospita “forniscono quasi 430 terabyte di informazioni a persone in tutto il mondo ogni mese”. OSL afferma di essere l’organizzazione più attiva del suo genere al mondo e, oltre all’hosting, offre sviluppo software professionale e formazione sul campo per studenti promettenti interessati alla gestione e alla programmazione open source.

L’OSL non è solo un laboratorio universitario: è un punto di riferimento per la comunità tecnologica internazionale. Alcune tappe importanti raggiunte nel corso degli anni includono:

  • Ha fornito hosting per Mozilla Firefox quando avevano bisogno di aiuto nei primi giorni e ha ospitato il rilascio della versione 1.0
  • È stata la sede della Apache Software Foundation, della Linux Foundation, di Kernel.org e di Mozilla per molti anni
  • Offre un mirroring software veloce e affidabile per i progetti
  • Attualmente fornisce hosting di infrastrutture per progetti quali Drupal, Gentoo Linux, Debian, Fedora, phpBB, OpenID, Buildroot/Busybox, Inkscape, Cinc e molti altri
  • Le macchine virtuali per x86, aarch64 e ppc64le sono utilizzate da molti progetti per CI e altri servizi ospitati

Il sito dell’OSL elenca attualmente 288 progetti supportati, anche se la pagina segnala che potrebbero essercene altri.

Oltre a fornire servizi di mirroring e infrastrutture di Continuous Integration (CI, ovvero sistemi automatizzati per il test e la distribuzione del software), il laboratorio offre opportunità di tirocinio retribuito a studenti dell’Oregon State University, contribuendo così alla formazione di nuove professioniste dell’informatica.

Una crisi finanziaria senza precedenti

Negli ultimi anni, l’OSL ha dovuto affrontare una progressiva diminuzione delle donazioni da parte delle aziende sponsor, operando costantemente in deficit. Fino ad oggi, il College of Engineering dell’Oregon State University ha coperto il disavanzo, ma recenti tagli ai finanziamenti universitari rendono questo modello insostenibile. Attualmente, il laboratorio necessita di raccogliere 250.000 dollari in fondi impegnati entro metà maggio, altrimenti sarà costretto a chiudere le attività entro la fine dell’anno.

La ripartizione dettagliata delle necessità finanziarie è la seguente:

  • 150.000 dollari per il salario del personale tecnico (una persona)
  • 65.000 dollari per il compenso di 8 studenti lavoratori
  • 35.000 dollari per spese operative essenziali, tra cui hardware, viaggi, servizi e abbonamenti necessari al funzionamento quotidiano del laboratorio

Il direttore Lance Albertson ha sottolineato che sono in corso trattative con il principale sponsor aziendale per incrementare il sostegno economico, ma questa soluzione potrebbe non essere sufficiente a colmare il divario. Inoltre, l’università sta pianificando la dismissione del data center che ospita attualmente l’infrastruttura OSL, complicando ulteriormente la situazione logistica e tecnica.

Numerose distribuzioni GNU/Linux e progetti open source hanno già pubblicato appelli pubblici invitando la comunità a sostenere l’OSL. Gentoo, ad esempio, dipende dall’OSL per l’hosting di server infrastrutturali e macchine di sviluppo per architetture particolari, mentre Debian, Fedora e molte altre distribuzioni beneficiano dei servizi di mirroring e CI offerti dal laboratorio. La perdita dell’OSL metterebbe a rischio la stabilità e la continuità di questi progetti, che rappresentano il cuore pulsante dell’innovazione nel mondo del software libero.

Chiunque desideri sostenere il laboratorio può effettuare una donazione tramite la pagina dedicata dell’OSL. Le donazioni sono gestite dalla OSU Foundation, un’organizzazione non profit riconosciuta secondo la sezione 501(c)(3) del codice fiscale statunitense, che permette vantaggi fiscali a molti donatori. Per proposte di sponsorizzazione aziendale o per mettere in contatto l’OSL con potenziali sostenitrici, è possibile scrivere direttamente all’indirizzo donations@osuosl.org2.

La situazione è estremamente urgente: entro mercoledì 14 maggio 2025, il direttore dovrà comunicare all’università l’eventuale raggiungimento degli obiettivi di raccolta fondi, pena la chiusura definitiva del laboratorio.

Il futuro dell’OSL e di centinaia di progetti open source dipende ora dalla solidarietà e dall’impegno della comunità che, per oltre 2 decenni, ha beneficiato di questa infrastruttura silenziosa ma insostituibile.

Fonte: https://osuosl.org/blog/osl-future/
Fonte: https://www.gentoo.org/news/2025/04/30/osuosl.html
Fonte: https://tech.yahoo.com/science/articles/favorite-open-source-project-might-162646023.html
Fonte: https://www.theregister.com/2025/05/02/osl_short_of_money/
Fonte: https://fossforce.com/2025/05/mayday-mayday-mayday-open-source-labs-badly-needs-your-help/
Fonte: https://linuxiac.com/iconic-open-source-hub-appeals-for-lifesaving-donations/

Redis e il Ritorno all’Open Source

Redis e il ritorno all'open-source

Redis è un sistema di gestione di strutture dati in memoria, estremamente popolare per la sua velocità e versatilità. Ideale per caching, gestione di sessioni, analisi in tempo reale e sistemi di messaggistica, Redis è diventata una componente fondamentale in numerose architetture software, specialmente in ambienti cloud e applicazioni distribuite. La sua capacità di gestire diversi tipi di dati (stringhe, liste, insiemi, hash, set ordinati) la rende una soluzione molto apprezzata tra gli sviluppatori software.

Nata nel 2009 da Salvatore Sanfilippo (siciliano conosciuto come antirez), Redis è stata inizialmente distribuita sotto la licenza BSD a 3 clausole, una delle più permissive in ambito open source. Nel corso degli anni, Redis ha visto una crescita esponenziale, con oltre 4 miliardi di download su Docker e il supporto a più di 50 linguaggi di programmazione. Redis è multi-piattaforma: può essere eseguita su GNU/Linux, macOS e Windows, anche se la comunità ne raccomanda l’utilizzo su sistemi UNIX-like per prestazioni e stabilità.

Nel marzo 2024, Redis ha abbandonato la licenza BSD per adottare la Server Side Public License (SSPL) e la Redis Source Available License (RSAL), entrambe non riconosciute dall’Open Source Initiative (OSI) come licenze open source. Questa scelta ha provocato una forte reazione nella comunità, portando alla nascita di fork (sviluppo di un nuovo progetto software che parte dal codice sorgente di un altro già esistente) come Valkey, sostenuta dalla Linux Foundation e da grandi aziende come AWS, Google e Oracle.

Dopo poco più di un anno, Redis ha annunciato il ritorno all’open source, scegliendo la licenza AGPLv3 (Affero General Public License versione 3), una licenza copyleft approvata dall’OSI che tutela la libertà del software anche in ambito cloud.

Novità in Redis 8

Redis 8 segna un punto di svolta, sia dal punto di vista tecnico che comunitario. Ecco le principali novità introdotte:

  • Redis è ora disponibile anche sotto licenza AGPLv3, garantendo nuovamente la piena apertura del codice sorgente e la compatibilità con i principi dell’open source.
  • Introduzione dei “vector set”, un nuovo tipo di dato creato da Salvatore Sanfilippo: questa innovazione amplia le possibilità di utilizzo di Redis in ambiti come l’intelligenza artificiale e la ricerca semantica.
  • Integrazione delle tecnologie di Redis Stack direttamente nel core della versione 8: ora funzionalità come JSON, Time Series, tipi di dati probabilistici e il motore di interrogazione Redis Query Engine sono parte integrante della distribuzione principale, tutte sotto licenza AGPL.
  • Oltre 30 miglioramenti prestazionali, con comandi fino all’87% più veloci e un raddoppio della capacità di throughput rispetto alle versioni precedenti.
  • Maggiore coinvolgimento della comunità, soprattutto per quanto riguarda i contributi all’ecosistema dei client e lo sviluppo collaborativo.

La decisione di Redis di abbandonare temporaneamente l’open source non è stata un caso isolato: altre aziende come Elastic, MongoDB e Hashicorp hanno compiuto scelte simili, adottando licenze più restrittive per proteggere i propri interessi commerciali di fronte ai grandi fornitori di servizi cloud. La SSPL, ad esempio, impone che chi offre il software come servizio debba pubblicare tutto il codice sorgente dell’infrastruttura correlata, un vincolo che va oltre le classiche licenze copyleft.

Questi cambi di rotta hanno spesso portato a una frammentazione dell’offerta, con la nascita di fork sostenuti dalla comunità o da altre aziende. Nel caso di Redis, il fork Valkey ha rapidamente guadagnato popolarità, anche grazie al supporto di importanti realtà del settore e al coinvolgimento di numerose sviluppatrici e sviluppatori originari del progetto Redis. Questo fenomeno, però, ha comportato una dispersione degli sforzi e una perdita di coesione nella comunità, con conseguenze tangibili sullo sviluppo e sulla qualità del software.

Il ritorno di Redis all’open source è stato accompagnato dal rientro di Salvatore Sanfilippo nel team, con l’obiettivo dichiarato di ricostruire il rapporto con la comunità e riportare il focus sullo sviluppo condiviso. La scelta della licenza AGPLv3 rappresenta una garanzia per chi desidera utilizzare, modificare e contribuire al progetto, anche in ambito cloud.

Implicazioni per le distribuzioni GNU/Linux

Le principali distribuzioni GNU/Linux hanno reagito rapidamente ai cambiamenti di licenza di Redis. Alcune, come Arch Linux, hanno già sostituito i pacchetti Redis con quelli del fork Valkey nei propri repository software, a testimonianza dell’importanza che la comunità attribuisce ai principi dell’open source e alla trasparenza. Questo scenario sottolinea quanto sia fondamentale, per una distribuzione GNU/Linux, poter contare su software realmente libero e mantenuto in modo collaborativo.

La vicenda Redis solleva interrogativi più ampi sul futuro dell’open source, soprattutto in un contesto in cui le esigenze commerciali possono entrare in conflitto con i valori della comunità. La frammentazione dell’offerta e la proliferazione di fork rischiano di indebolire l’ecosistema, disperdendo risorse e rallentando l’innovazione. Tuttavia, il ritorno di Redis all’open source dimostra che la pressione della comunità e la forza dei principi condivisi possono ancora influenzare le scelte strategiche delle aziende, a beneficio di tutte le utilizzatrici e gli utilizzatori di software libero.

Fonte: https://redis.io/blog/agplv3/

Rilasciato Fastfetch 2.42: lo strumento per le informazioni di sistema si aggiorna e migliora il supporto BSD

Rilasciato Fastfetch 2.42: lo strumento per le informazioni di sistema si aggiorna e migliora il supporto BSD

Fastfetch è uno strumento open source, scritto principalmente in linguaggio C, progettato per fornire una panoramica dettagliata e personalizzabile delle informazioni di sistema direttamente nel terminale. Si tratta di una soluzione molto apprezzata tra le utenti GNU/Linux, grazie alla sua capacità di mostrare dati come sistema operativo, hardware, uptime, memoria utilizzata, versione del kernel Linux e molto altro, il tutto accompagnato dal logo della distribuzione in uso. Fastfetch si ispira a Neofetch, ma offre prestazioni migliori e una maggiore modularità. Il progetto è multi-piattaforma: è disponibile non solo per GNU/Linux, ma anche per altri sistemi operativi UNIX-like come BSD e macOS.

La licenza adottata da Fastfetch è la MIT, una delle licenze software più permissive, che consente di utilizzare, modificare e ridistribuire il codice sorgente sia per scopi personali che commerciali. L’ultima versione stabile prima della 2.42 è stata FastFetch 2.41, rilasciata il mese scorso.

Novità in Fastfetch 2.42

Fastfetch 2.42 introduce diversi miglioramenti e correzioni, con un’attenzione particolare al supporto dei sistemi BSD e alla precisione delle informazioni mostrate.

  • Il modulo “Bios” è stato rinominato in BIOS per uniformità. Fastfetch gestisce i nomi dei moduli senza distinzione tra maiuscole e minuscole, quindi la retro-compatibilità è garantita e non sono necessarie modifiche alle configurazioni esistenti.
  • È stata disattivata la rilevazione del tipo di disco per i dischi virtuali (PhysicalDisk su GNU/Linux), evitando così errori di identificazione e garantendo report più accurati.
  • È stato corretto un problema che causava la visualizzazione di valori non corretti per la temperatura della CPU su OpenBSD. Ora le rilevazioni sono affidabili anche su questo sistema.
  • Risolto un bug nella configurazione JSON che riguardava il parametro “logo.chafa.symbols”, migliorando la personalizzazione dei loghi delle distribuzioni.
  • L’indicazione del tempo di attività (“uptime”) ora mostra valori coerenti e normalizzati, offrendo una rappresentazione più precisa del tempo di funzionamento del sistema.
  • Su NetBSD sono stati migliorati il rilevamento e la visualizzazione della frequenza della CPU, oltre ad aggiungere il supporto per la rilevazione delle connessioni Wi-Fi tramite modulo dedicato.
  • Su OpenBSD è stata introdotta la possibilità di elencare le webcam collegate, anche se per questa funzione sono necessari i privilegi di amministratore di sistema.
  • L’elenco dei loghi delle distribuzioni supportate è stato aggiornato: il logo di GoralixOS è stato rimosso, mentre sono stati aggiunti quelli di Aurora e Codex Linux.

Fastfetch è incluso nei repository software della maggior parte delle distribuzioni GNU/Linux. Per installarlo, è sufficiente cercare “fastfetch” tramite il proprio gestore di pacchetti e procedere con l’installazione.

Per ulteriori dettagli tecnici e per consultare il changelog (registro delle modifiche) completo, si può fare riferimento alla pagina ufficiale del progetto su GitHub.

Fonte: https://github.com/fastfetch-cli/fastfetch/releases/tag/2.42.0
Fonte: https://linuxiac.com/fastfetch-2-42-system-information-tool-fixes-virtual-disk-bugs/

Rilasciata l’App PeerTube Mobile versione 1

Peertube

PeerTube è una piattaforma di hosting video decentralizzata progettata come alternativa libera e federata a servizi centralizzati come YouTube. Sviluppata e mantenuta dall’associazione senza scopo di lucro francese Framasoft, PeerTube si distingue per il suo funzionamento distribuito: i video non sono ospitati su un unico server centrale, ma su una rete di migliaia di server interconnessi, chiamati istanze. Questo approccio federato permette sia a grandi comunità sia a singole creatrici di contenuti di partecipare attivamente all’ecosistema, garantendo maggiore resilienza, libertà e controllo sui dati.

PeerTube è rilasciata sotto licenza software libera GNU Affero General Public License v3 (AGPLv3), che assicura agli utenti la libertà di utilizzare, studiare, modificare e ridistribuire il software. La piattaforma è multi-piattaforma: può essere installata su server GNU/Linux, ma è accessibile da qualsiasi sistema operativo tramite browser web. PeerTube integra il protocollo WebTorrent per la condivisione video peer-to-peer e ActivityPub per l’interoperabilità con altri social federati come Mastodon, permettendo di seguire i creatori di video su PeerTube direttamente da Mastodon.

La versione stabile precedente della app mobile era una versione beta lanciata circa 4 mesi fa. Il 6 maggio 2025 è stata pubblicata la versione 1.0 della app mobile ufficiale PeerTube, segnando una tappa fondamentale dopo 7 anni di sviluppo della piattaforma.

Novità nell’App PeerTube Mobile versione 1

La nuova app mobile PeerTube porta numerose funzionalità attese da tempo e migliora notevolmente l’esperienza d’uso su dispositivi mobili:

  • Accesso agli account PeerTube esistenti: ora è possibile collegare uno o più account PeerTube già esistenti, scegliendo quale utilizzare come predefinito. Non si è più vincolate al solo profilo locale legato al dispositivo.
  • Sincronizzazione completa: le iscrizioni ai canali, le cartelle delle playlist, la cronologia delle visualizzazioni e altre impostazioni vengono sincronizzate tra l’app mobile e la versione web, offrendo un’esperienza coerente su tutti i dispositivi.
  • Gestione delle playlist: è possibile creare, modificare, unire e cancellare playlist direttamente dall’app. Ogni modifica viene automaticamente riportata anche nella versione web quando si accede dallo stesso account.
  • Commenti e feedback: si possono inserire, modificare o cancellare commenti sotto i video direttamente dall’app. Inoltre, è possibile esprimere il proprio gradimento con un pollice in su o in giù, mantenendo la trasparenza tipica di PeerTube.
  • Gestione delle iscrizioni: iscriversi o annullare l’iscrizione ai canali è questione di un solo tocco, rendendo la gestione delle proprie preferenze semplice e immediata.
  • Supporto autenticazione a 2 fattori: per una maggiore sicurezza, la versione 1.0 introduce il supporto all’autenticazione a 2 fattori (2FA) durante l’accesso agli account PeerTube.
  • Cronologia visualizzazioni: è ora possibile consultare e cancellare la cronologia dei video visti di recente, per una gestione più ordinata dei propri contenuti.
  • Nuova icona: la versione 1.0 introduce anche una nuova icona, realizzata da David Revoy e distribuita sotto licenza Creative Commons BY 4.0.

Caratteristiche tecniche e compatibilità

L’app PeerTube è disponibile sia per Android sia per iOS. Su Android, gli utenti possono aggiungere liberamente istanze personalizzate di PeerTube, mentre su iOS l’accesso è attualmente limitato a istanze pre-approvate per rispettare le linee guida dell’App Store. L’app integra il motore di ricerca Sepia, che consente di cercare contenuti su centinaia di istanze PeerTube contemporaneamente.

PeerTube si distingue anche per il supporto a protocolli aperti: WebTorrent consente la condivisione dei video in modalità peer-to-peer, riducendo il carico sui server e migliorando la distribuzione dei contenuti; ActivityPub permette la federazione con altre piattaforme del Fediverso, ampliando la portata sociale dei video pubblicati.

Prossimi sviluppi

Il team di sviluppo ha già annunciato nuove funzionalità in arrivo, tra cui:

  • Riproduzione video in background
  • Raccomandazioni video migliorate
  • Supporto ampliato a nuove piattaforme
  • Notifiche avanzate
  • Trasmissione su TV
  • Supporto per tablet, TV (Google TV, Apple TV) e visualizzazione offline per i contenuti scaricabili

Per maggiori informazioni, consulta l’annuncio. L’app è disponibile qui per Android e qui per iOS.

Fonte: https://joinpeertube.org/news/app-v1
Fonte: https://linuxiac.com/peertube-mobile-app-v1-is-out/

Rilasciata BleachBit 5.0: la nuova versione del software open source per la pulizia di sistema su GNU/Linux

Rilasciata BleachBit 5.0: la nuova versione del software open source per la pulizia di sistema su GNU/Linux

BleachBit è uno strumento open source per la pulizia di sistema, progettato per aiutare le utenti a recuperare spazio su disco, migliorare le prestazioni e tutelare la privacy eliminando file inutili, cache, cookie e dati temporanei. Nato nel 2008, BleachBit ha guadagnato popolarità come alternativa libera a soluzioni proprietarie come CCleaner, distinguendosi per la trasparenza del codice e la compatibilità multi-piattaforma: la distribuzione è disponibile per GNU/Linux e Windows. BleachBit è rilasciato sotto licenza GNU General Public License versione 3 (GPLv3), che garantisce la libertà di uso, studio, modifica e ridistribuzione del software.

Nel corso degli anni, BleachBit ha ampliato il suo set di funzionalità, integrando una vasta gamma di pulitori (cleaner) specifici per applicazioni e sistemi, come browser web, client email, file temporanei di sistema, log di sistema e molto altro. La versione stabile precedente, la 4.6.2, era stata pubblicata nel 2023 e aveva introdotto numerosi miglioramenti in termini di stabilità e compatibilità con le distribuzioni GNU/Linux più recenti.

Novità in BleachBit 5.0

BleachBit 5.0, pubblicata pochi giorni fa, rappresenta un aggiornamento di grande rilievo, portando con sé nuove funzionalità, miglioramenti di sicurezza e una maggiore compatibilità con le ultime distribuzioni GNU/Linux.

  • Nuova opzione per la lingua dell’interfaccia: ora è possibile cambiare la lingua direttamente dalle Preferenze, senza modificare manualmente file di configurazione. Il cambio lingua si applica immediatamente, ad eccezione del menu applicazione, per cui è consigliato riavviare BleachBit.
  • Nuove scorciatoie da tastiera: sono state aggiunte le combinazioni Ctrl+Q e Ctrl+W per chiudere rapidamente l’applicazione.
  • Notifiche di aggiornamento meno invasive: le notifiche relative a nuovi aggiornamenti sono ora meno intrusive, migliorando l’esperienza d’uso.
  • Correzione e miglioramento della modalità portatile: i pulitori personali vengono ora caricati correttamente anche in modalità portatile, rendendo BleachBit più affidabile su chiavetta USB o supporti rimovibili.
  • Supporto multi-utente migliorato: su sistemi condivisi, BleachBit ignora i processi appartenenti ad altri utenti, evitando interferenze accidentali.
  • Nuovi pulitori per GNU/Linux: la versione 5.0 introduce la pulizia automatica per browser come LibreWolf e Microsoft Edge (versioni stabili), la rimozione dei file temporanei generati da Bash e dal client email Geary, la pulizia dei log ruotati e la rimozione più efficace delle voci corrotte nei file .desktop. Inoltre, è stato aggiunto il supporto all’icona AppIndicator per le principali interfacce grafiche.
  • Aggiornamenti per Windows: anche se il focus di questo blog è GNU/Linux, è utile segnalare che sono state corrette vulnerabilità legate alle librerie DLL, aggiornati i framework Python (3.11.10) e GTK (3.24.43), e migliorata la compatibilità con le ultime versioni di Windows. Il supporto a Windows XP e 7 è stato rimosso per motivi di sicurezza e manutenzione.
  • Pacchetti aggiornati: sono ora disponibili pacchetti .deb e .rpm per le ultime versioni di Ubuntu (24.10, 25.04), Fedora (41, 42) e CentOS 9 Stream, garantendo un’installazione semplice e sicura sulle distribuzioni GNU/Linux più diffuse.
  • Ottimizzazioni e correzioni: sono stati risolti numerosi bug, migliorata la stabilità generale, e ottimizzati i processi di caricamento dei pulitori esterni e delle cartelle personalizzate.

Funzionalità avanzate e pulitori personalizzati

BleachBit offre strumenti avanzati per la cancellazione sicura dei dati, come la sovrascrittura dello spazio libero su disco per impedire il recupero dei file eliminati, la cancellazione selettiva della cronologia degli URL su Firefox, la pulizia dei log di sistema e la rimozione delle localizzazioni inutilizzate. È possibile estendere le capacità di BleachBit tramite pulitori personalizzati (CleanerML) o, su Windows, tramite il file winapp2.ini, che aggiunge migliaia di regole di pulizia aggiuntive.

Prospettive future

Il team di sviluppo ha annunciato che le prossime versioni di BleachBit introdurranno un gestore dei cookie, una nuova interfaccia grafica, una cancellazione dello spazio libero più rapida e aggiornamenti automatici per la libreria dei pulitori, rendendo il software ancora più versatile e potente.

Per maggiori dettagli sulle novità, è possibile consultare l’annuncio ufficiale pubblicato dal progetto.

I pacchetti software di installazione aggiornati per le principali distribuzioni GNU/Linux sono disponibili nella sezione download del sito ufficiale di BleachBit.

Fonte: https://www.bleachbit.org/news/bleachbit-500
Fonte: https://alternativeto.net/news/2025/5/cleaning-software-bleachbit-5-0-adds-security-upgrades-cleaner-enhancements-and-more/
Fonte: https://www.omgubuntu.co.uk/2025/05/system-cleaner-bleachbit-gets-major-update
Fonte: https://linuxiac.com/bleachbit-5-0-system-cleaning-utility-released-with-major-upgrades/

Rimac: la supercar con GNU/Linux

Chi è appassionato di automobili conosce già Rimac, ma per il resto del pubblico il nome potrebbe risultare nuovo. In effetti si tratta di una azienda decisamente moderna, fondata nel 2009 in Croazia. Rimac ha rilasciato nel 2019 il suo secondo grande progetto la Rimac C_Two: si tratta di una automobile elettrica capace di raggiungere la velocità di 415km/h, con una accelerazione da 0 a 100 km/h in appena 1,97 secondi. Per fare un confronto, la Bugatti Veyron (a combustione) arriva a 407 km/h, con una accelerazione da 0 a 100 in 2,5 secondi. Mentre la Tesla Model S, l’auto elettrica più famosa ma non progettata per le corse, arriva al massimo a 250km/h, anche se può accelerare da 0 a 100 in 2,6 secondi (quindi paragonabile alla Veyron). Ma non solo: il vero punto di forza della Rimac non è la grande velocità, ma l’alto livello di automazione. Presentata nell’estate del 2019, e in consegna ai clienti che l’hanno prenotata nei primi mesi del 2020, è la prima auto a guida autonoma di livello 4.

Per capire di cosa si tratti, ricordiamo che questo è lo standard dei sei differenti livelli di guida autonoma delle automobili:
Livello 0: Sono presenti sistemi automatici che intervengono in casi specifici (es: ABS in caso di frenata), ma nessun computer gestisce la guida per lunghi periodi di tempo
Livello 1 (hands on): I sistemi di guida automatica possono controllare l’andamento della macchina, ma solo se anche il guidatore la gestisce. Esempio: cruise control o parcheggio assistito.
Livello 2 (hands off): I computer sono in grado di guidare la macchina, ma solo per brevi periodi di tempo, quindi una persona deve sempre avere le mani sullo sterzo. Se si tolgono le mani dal volante per più di qualche minuto, la guida autonoma deve essere interrotta.
Livello 3 (eyes off): La macchina può guidare da sola in quasi ogni situazione, senza che il guidatore presti attenzione alla strada. Però la macchina può richiedere all’uomo, in situazioni complicate, di riprendere il controllo manuale.
Livello 4 (mind off): Non c’è alcun bisogno dell’intervento umano per garantire la sicurezza del viaggio: l’uomo può anche dormire durante il viaggio. In caso di problemi, la macchina riesce a parcheggiarsi da sola in luoghi dedicati al soccorso (es: piazzole o corsia di emergenza).
Livello 5: Non è mai richiesto alcun intervento dell’uomo, e non è previsto che una persona guidi l’auto. Per esempio, un servizio di taxi senza autista in cui la macchina raccoglie e trasporta i clienti senza che vi sia un pilota, oppure un veicolo per il trasporto di merci senza impiego di personale.

Per capirci, le macchine come la Tesla Model S al momento si trovano al livello 3. Raggiungendo il livello 4, la Rimac C Two è effettivamente la prima auto in grado di guidare da sola a essere consegnata nelle mani di clienti (150 persone hanno pagato i quasi 1,8 milioni di euro richiesti per questa hypercar in tre settimane dall’annuncio dell’apertura delle prenotazioni).

Ci si potrebbe chiedere: che importanza ha la Rimac C_Two per il mercato globale? A un prezzo che sfiora i due milioni di euro di sicuro nessun cliente comune se la può permettere. Ma la realtà è che la Rimac potrebbe cambiare il mercato automobilistico molto più della Tesla. Se Tesla infatti punta proprio a vendere veicoli, Rimac punta a vendere tecnologia. Le tecnologie che Rimac ha implementato nella sua lussuosa automobile a tiratura limitata verranno infatti presto cedute in licenza a altri produttori di automobili, diffondendole. Non avendo accordi di esclusiva con altri produttori, questo permetterà l’abbassamento dei prezzi dei vari sistemi di guida autonoma, perché Fiat, Mercedes, Peugeot, Toyota, e altri marchi potranno integrare le soluzioni inventate da Rimac senza dover spendere un capitale enorme per reinventare la ruota.

Ne abbiamo parlato con Tomislav Lugarić, ICU Software Manager di Rimac Automobili. Le tecnologie di Rimac sono infatti basate sull’open source: i computer di bordo utilizzano una distro Linux embedded e le librerie Qt.

Linux Magazine – Schermi e computer sono presenti nelle automobili da decenni, ma fino a pochi anni fa venivano usati più che altro per sistemi di intrattenimento. Oggi, invece, sono sempre più usati per visualizzare statistiche e permettere all’utente di modificare parametri relativi al motore, la distribuzione della coppia, lo stile di guida. Cosa si può fare con gli schermi presenti nella Rimac C Two?
Tomislav Lugarić – In effetti, la transizione dalle classiche manopole analogiche, interruttori, e rotelle verso il mondo digitale ha ridefinito completamente il modo in cui interagiamo con le automobili.
Nell’hypercar Rimac C Two il nostro obiettivo era di trovare il compromesso perfetto tra le classiche interazioni tattili e meccaniche, e i vantaggi che gli schermi digitali ci offrono. Ci sono ben 6 schermi all’interno della macchina. Il cruscotto digitale, davanti al guidatore, è dedicato a fornire solo i dati relativi alla guida. Questo display ha diverse configurazioni, che cambiano a seconda dell’attuale modalità dell’auto. Per esempio, quando si è in modalità di navigazione la maggioranza dello spazio sullo schermo è dedicato a una mappa 3D, con cose come la velocità e altri indicatori posizionati ai lati. In modalità sportiva cose come la velocità, la coppia, l’accelerazione e i tempi del giro di pista vengono presentate al pilota. C’è un certo numero di widget aggiuntivi, che il guidatore può attivare a seconda della modalità di guida usando dei pulsanti sul volante. Una parte di queste informazioni viene mostrata sullo schermo del passeggero, proprio sopra il vano portaoggetti, così anche il copilota può vedere le informazioni più importanti. I parametri più importanti della trazione sono configurati tramite tre rotelle su schermo. Queste rotelle hanno uno o più anelli come fonte di input, e al centro possono visualizzare un output. Uno di questi display viene anche usato come pulsante. Queste manopole digitali possono essere usate per attivare il motore, cambiare marcia, modificare la distribuzione della coppia tra gli assi, selezionare la modalità di guida e il controllo di trazione. Le rotelle sono posizionate vicino lo sterzo, per permettere al guidatore di impostare il comportamento dell’automobile e visualizzare l’attuale configurazione con una sola occhiata. Infine, lo schermo centrale è quello in cui si trova la maggioranza delle funzioni interattive. Qui il guidatore e il passeggero possono accedere a tutte le funzioni standard dell’auto, come il climatizzatore, la regolazione dei sedili, le luci, le funzioni multimediali (riproduzione da USB, streaming, e radio), il bluetooth con lo smartphone, Android Auto, Apple CarPlay, e un navigatore intelligente sempre connesso a internet. Abbiamo in programma anche di integrare il supporto per l’analisi dei dati raccolti dall’auto, come foto e video dalla videocamere oppure statistiche sulla guida. Dal momento che l’auto è connessa a internet, abbiamo pianificato il rilascio di nuove funzioni anche dopo la vendita.

LM- Per quali applicazioni usate le librerie libere Qt, e perché le avete preferite alle alternative?
TL- Le Qt hanno dimostrato diversi punti di forza negli anni. Anche se sono più che altro conosciute come uno strumento per creare interfacce grafiche, offrono un modo semplice e cross-platform per fare molto di più. Al di là della progettazione delle interfacce grafiche, abbiamo usato le Qt anche per cose come le interfacce di rete, la memorizzazione dei dati, la transcodifica e l’interazione con il CAN bus dell’auto. Occupandosi di un sacco di cose a basso livello per noi, le Qt ci hanno permesso di concentrarci sul nostro problema piuttosto che costringerci a creare uno strumento di sviluppo tutto nostro.

LM – Voi utilizzate Toradex come piattaforma hardware, che supporta diversi sistemi operativi. Quale sistema avete scelto?
TL – Finora abbiamo sempre avuto una buona collaborazione con Toradex, usando il loro Apalis i.MX6 SoM. Quindi per la prossima generazione di infotainment di Rimac Automobili la nostra idea è di passare al nuovo e più potente Apalis i.MX8 SoM. Utilizziamo una distro Linux embedded personalizzata, basata su Yocto. Dal momento che sviluppiamo un sacco di hardware personalizzato, e abbiamo dei requisiti molto particolari, la natura open source di Linux ci fornisce la libertà e il controllo sul prodotto finale di cui abbiamo bisogno.

LM – Rimac realizza le proprie interfacce anche per altri produttori di automobili. Come progettare il vostro hardware/software?
TL – In Rimac Automobili vediamo i nostri veicoli come il nostro brand e un modo per presentare la nostra tecnologia. Tutta la tecnologia che inseriamo nelle nostre auto rappresenta il fiore all’occhiello di quello che possiamo offrire agli altri. Questo si riflette nella filosofia con cui progettiamo il nostro hardware e software. Siccome puntiamo a un mercato di lusso e di nicchia, il numero limitato di esemplari prodotti per ogni serie ci spinge a progettare dell’hardware altamente adattabile e un software modulare. L’hardware è progettato per supportare un ampia gamma delle ultime tecnologie disponibili, permettendoci di adattarlo rapidamente alle specifiche richieste dei nostri clienti. Allo stesso modo, il nostro software è progettato con un approccio basato sui microservizi e un sistema distribuito, il che ci permette di portare rapidamente le funzionalità da un progetto all’altro e avere sistemi che possono supportare un qualsiasi numero di schermi gestiti da un qualsiasi numero di unità computazionali.

LM – La Rimac C_Two sarà la prima automobile con una guida autonoma di livello 4. Dal momento che l’auto può raggiungere velocità notevoli, avrete bisogno di molti sensori e computer con bassa latenza. Quali sensori utilizzate?
TL – Anche se la guida autonoma è gestita da un altro team di sviluppatori, farò del mio meglio per rispondere. L’auto è equipaggiata con sensori a ultrasuoni, diversi radar, un lidar, e un totale di 8 videocamere per monitorare ci che la circonda. Ci sono altri sensori come unità di misura inerziali, sistemi di rilevamento del guidatore, eccetera. Sono usati per diverse cose, dal rilevamento della pioggia alla verifica del fatto che il guidatore sia sveglio e cosciente, mappatura di ciò che circonda l’auto, evitare le collisioni, e molto altro. È difficile dare una idea della potenza di calcolo della C Two, ma diciamo che se si programmasse la macchina per minare criptovalute l’auto si ripagherebbe da sola piuttosto velocemente.

LM – È vero che un’ora di guida sulla Rimac C Two produce circa 6TeraByte di dati? Come fate a gestire tutte queste informazioni senza stalli?
TL – A seconda della modalità di guida, la quantità di dati processata dal sistema può essere anche superiore ai 6TB per ogni ora. La maggioranza delle unità computazionali è connessa tramite la rete CAN, che gestisce la maggior parte del traffico dati dipendente dal tempo, che è relativamente ridotto in termini di volume. La parte che genera più dati è rappresentata dalle mappe dell’ambiente circostante del sistema ADAS, che includono video HD, modelli 3D della strada, e centinaia di segnali con una risoluzione di un millisecondo, che devono essere rilevati sia per l’ADAS che per l’algoritmo di gestione della coppia, e per la scatola nera del veicolo. Inoltre, catturiamo diverse centinaia di segnali con diverse risoluzioni per il nostro sistema di telemetria, che ci permette di monitorare la salute del veicolo in ogni momento. L’ammontare totale dei dati prodotti dall’automobile dipendono dal fatto che si stia usando la guida autonoma o no, da come è configurata la telemetria, e quali dati il proprietario decide di registrare.

LM – La Rimac C_Two ha un sistema di riconoscimento facciale che sostituisce la chiave di avviamento. Al momento molte persone non sono convinte dal fatto di essere riprese da una videocamera se non sanno come funzioni esattamente il sistema. È una situazione in cui l’open source può risultare utile: se il codice è liberamente disponibile i clienti potranno sapere che le immagini non verranno usate senza il loro permesso. A suo parere, può essere possibile in futuro rilasciare il codice di alcuni sistemi dell’auto, per guadagnare la fiducia dei clienti?
TL – Questo è un problema complicato, che deve essere esaminato sotto diversi punti di vista. Nonostante io personalmente sia convinto che rendere alcuni sistemi open source aumenterebbe la fiducia del cliente, potrebbe anche rendere più facile per i malintenzionati la progettazione di attacchi contro il sistema stesso. Inoltre, da un lato l’open source aiuta a costruire una community che utilizza attivamente la tecnologia, la migliora e corregge gli errori. Ma allo stesso tempo è diametralmente opposto al mantenere la proprietà intellettuale del prodotto. La mia opinione è che in Rimac Automobili dovremmo provare questa opzione.

LM – Più in generale, quale dovrebbe essere il corretto equilibrio tra open source e segreti industriali?
TL – Personalmente, credo che il bilancio dovrebbe puntare all’open source più di quanto molte persone potrebbero pensare. Molti sistemi potrebbero essere rilasciati come open source senza alcun danno per l’azienda. Solo un gruppo molto ristretto di informazioni dovrebbe rimanere un segreto brevettato. Credo che oggi come oggi sia molto più importante fare una cosa bene, avere un buon rapporto con le aziende partner e un buon prodotto, piuttosto che provare a avere una monopolio su qualcosa. Prima o poi, qualcuno farà il reverse engineering delle tecnologie. È meglio porre gli sforzi nel produrre nuova tecnologia piuttosto che nel tenere nascosto per sempre quello che si è già fatto.

LM – Gli appassionati di automobili amano fare il car tuning, sostituire i motori, gli scarichi, eccetera. Con le auto elettriche e ad alta automazione c’è il potenziale anche per personalizzazioni a livello software. C’è la possibilità che rilasciate un SDK per permettere ad altri di sviluppare applicazioni per le vostre auto, oppure ritiene che potrebbe essere pericoloso?
TL – Vedo già apparire rari esempi di queste personalizzazioni. C’è una serie di strumenti, come FORScan, che permettono di collegare la propria macchina al computer con un adattatore USB-OBDII e modificare una serie di parametri. Un mio collega ha una automobile che permette un certo grado di personalizzazione dell’interfaccia grafica degli schermi usando uno strumento per PC. C’è un certo numero di appassionati che comprano una automobile proprio perché offre questo tipo di caratteristica. Un dettaglio interessante è che su quella specifica auto il produttore ha disabilitato questa funzione con un aggiornamento del software, quindi gli appassionati si rifiutano di fare quell’aggiornamento, e hanno trovato modi per fare il roll back dell’aggiornamento in modo da mantenere quella funzionalità. Credo che questa cosa succederà ovunque in un prossimo futuro. Però ci deve essere una qualche forma di restrizione. Permettere agli appassionati di modificare il layout dei loro schermi o la struttura dei menù degli schermi centrali è una cosa buona, visto che nella peggiore delle ipotesi ci si ritroverebbe con una interfaccia grafica brutta. Ma permettere l’accesso software alle unità computazionali, come la centralina ABS o gli airbag, è estremamente pericoloso, e credo che il rischio per la vita umana, così come la responsabilità legale, sia semplicemente troppo grande per consentire questo tipo di modifiche.

LM – Ovviamente, una automobile altamente automatizzata può essere vittima di pirateria informatica, è già successo a altri produttori di auto. Come avete protetto i computer della Rimac C_Two dai potenziali attacchi?
TL – Stiamo attivamente proteggendo la C_Two con più livelli di protezione possibili. Non possiamo pensare di proteggerci con uno strumento solo: ogni livello deve proteggere la macchina da uno specifico tipo di attacco. A basso livello cose come la numerazione della sequenza dei messaggi CAN e la loro checksum proteggono dall’iniezione di messaggi non validi. Sul livello dell’infotainment, cose come la crittografia delle partizioni e la firma digitale dell’intera immagine del sistema operativo proteggono dall’avvio di un sistema operativo compromesso. La macchina di per se non ha servizi che possano accettare connessioni da internet, è sempre la macchina a connettersi a un server. Utilizziamo gli ultimi algoritmi di crittografia e dei messaggi di autorizzazione per garantire l’identità dell’automobile e del server. Il server che ospita il sistema M2M presenta le sue sfide, simili alle sfide di una banca per proteggere i dati dei suoi clienti. In Rimac Automobili vediamo questa cosa come uno sforzo congiunto di diversi team di progettisti e, come in tutti i problemi di cybersecurity, rimarrà sempre una gara tra noi e i pirati informatici.

Gladys Assistant: La domotica semplice

Gladys Assistant è un software per l’automatizzazione della casa leggero e open source, e strizza l’occhio a tutti gli utenti che vogliono un software semplice da configurare e utilizzare da fare girare in locale su un proprio dispositivo. Ed è proprio la semplicità il punto di forza di Gladis Assistant, gli sviluppatori hanno fatto in modo che l’utente abbia la possibilità di integrare i propri dispositivi senza toccare mai nessun file di configurazione, cosa che avviene in software analoghi come il famosissimo Home Assistant dove in alcuni casi dovremo editare a mano il file yaml.

La semplicità di Gladys Assistant

Se avete avuto modo di utilizzare e configurare software analoghi, troverete questo software per l’automazione quasi banale e noioso. Tutto, dall’installazione al primo utilizzo, è stato pensato per essere semplice e l’utente verrà quasi guidato all’integrazione e configurazione dei propri dispositivi.

Gladys assistant

Installazione e prima configurazione

Installazione è molto semplice, nel mio caso l’ho installato in un Raspberry Pi 3 scaricando l’immagine dal sito ufficiale e creato una SD bootable inserita sul mio raspi collegato in rete locale, e tramite un browser collegato sempre in rete locale su un altro dispositivo, mi sono collegato all’indirizzo ip locale del Raspberry in alternativa è possibile utilizzare gli indirizzi http://gladys.local o http://raspberrypi.local e attendere che si installi.

Una volta installato ci apparirà una semplicissima schermata di benvenuto che ci guiderà nella creazione del nostro account in locale.

Dove compilare il nostro Nome e Cognome Email e Password e la lingua da utilizzare ( Italiano non presente 🙁 )

Nella prossima schermata dovremo semplicemente indicare le nostre preferenze

e una volta fatto questo dare indicazioni sulla nostra casa indicando le stanze e la posizione geografica

Adesso è possibile integrare e automatizzare i nostri dispositivi !! 😉

Integrazioni

Essendo un software non molto conosciuto, non si ci può aspettare un integrazione dei dispositivi come quella di Home Assistant, tuttavia i dispositivi che si possono integrare non sono pochi e il progetto e aggiornato costantemente e Open source quindi si ci può tranquillamente aspettare l’integrazioni di nuovi dispositivi.

Per conoscere se i vostri dispositivi si possono integrare su Gladis Assistant e in che modo, è possibile consultare il sito ufficiale in modo da avere le idee più chiare sull’eventuale installazione.

Gladys plus

Se si vuole controllare e utilizzare i dispositivi integrati su Gladis Assistant fuori delle mura domestiche, gli sviluppatori mettono a disposizione Gladys Plus un servizio aggiuntivo nato proprio per questo scopo.

Il servizio garantisce la Privacy grazie alla crittografia end to end e fornisce un ottimo compromesso per chi non si vuole “sporcare le mani” con configurazioni di rete e cose del genere, ma non è gratis , infatti il servizio parte da 7.99 euro al mese per avere i servizi base, ma se si consulta il sito ufficiale è possibile valutare tutte le offerte.

Conclusioni

Gladys Assistant è un ottimo software per chi si vuole avvicinare alla Domotica fai da te, e sono sicuro che farà storcere il naso a chi ha già le mani in pasta in questo settore. Un’ intuitiva interfaccia sopperisce alla mancanza della lingua italiana al momento purtroppo assente, rendendo molto semplice la configurazione agli utenti poco esperti, tuttavia è sempre un software poco conosciuto, almeno per ora, con tutti i difetti del caso, in caso di assistenza è possibile consultare il sito o il forum, ma non siamo certo ai livelli di Home Assistant che ha di certo una community più numerosa e più attiva.

Tuttavia è un software da provare, tenere sott’occhio e magari essendo un progetto open source contribuire allo sviluppo magari cominciando proprio dalla traduzione in italiano o contribuire sia alla documentazione che alla diffusione, credo che Gladys Assistant di strada ne debba fare molta, ma sono sicuro che si stia muovendo nella direzione esatta

TileOS – La distro per gli amanti dei window manager

TileOS è una distribuzione Linux basata su Debian che ha la particolarità di non utilizzare un Desktop Manager ma un Window Manager e questa caratteristica gli conferisce molta leggerezza ma cambia completamente l’esperienza utente

TileOS è i Window Manager

È giusto fare una brevissima introduzione su cosa sono i Window Manager per capire meglio la particolarità di questa distribuzione Linux.

I Window Manager gestiscono la disposizione e l’interazione delle finestre sullo schermo, offrendo una vasta gamma di opzioni per adattare l’esperienza utente alle proprie preferenze. Ne abbiamo di diverse categorie ma in questo articolo ne prenderemo in esame 2 e nello specifico e precisamente i Tiling Window Manager e i Floating Window Manager:

Tiling Window Manager: Questi window manager organizzano le finestre in modo automatico e non sovrappongono mai una finestra all’altra. Le finestre occupano tutto lo spazio disponibile sullo schermo senza lasciare spazio vuoto. I tiling window manager sono spesso apprezzati per la loro efficienza e la loro capacità di massimizzare lo spazio dello schermo.

Floating Window Manager: In contrasto con i tiling window manager, i floating window manager consentono alle finestre di sovrapporsi liberamente l’una all’altra. Gli utenti possono spostare, ridimensionare e minimizzare le finestre in modo simile a quanto si farebbe su altri sistemi operativi come Windows o macOS e come esempio su Gnu/Linux possiamo citare Bodhy linux

TileOS utilizza la prima categoria di WM ovvero i Tiling Window Manager che come avevo accennato in precedenza cambiano completamente l’esperienza utente.

Infatti, su TileOS si le più comuni operazioni si fanno tramite shortcuts come ad esempio la chiusura e spostamento di finestre, e si ci muove tra spazi di lavoro, cosa che farà storcere il naso ai novizi del mondo Gnu/Linux e a chi è poco disposto a stravolgere le proprie abitudini , ma vi posso assicurare che una volta imparato qualche combinazione di tasti, il tutto risulta essere comodo e soprattutto veloce.

TileOS

E ovviamente essendo una distribuzione Gnu/Linux tutto è personalizzabile secondo i propri gusti e esigenze, e niente fa eccezione, dalla combinazione di tasti al look della distribuzione stessa a patto di leggere un po’ di documentazione del window manager scelto

TileOS viene rilasciato con tre differenti Window Manager Sway ,River e Qutile, quest’ultima in versione sperimentale.

Altre caratteristiche degne di nota

Ma l’utilizzo dei Window Manager non è l’unica cosa che rende TileOS una distribuzione Gnu/Linux piacevole da utilizzare, infatti gli sviluppatori hanno lavorato per rendere la vita comoda agli utenti , includendo dei Repository aggiuntivi per l’installazione di programmi non presenti in Debian e includendo dei firmware non liberi.

Altra cosa che ho apprezzato tantissimo è la possibilità di installare software aggiuntivo al momento dell’installazione che permette all’utente di avere il software open source più famoso preinstallato e pronto all’utilizzo già dalla prima sessione.

Nella versione con Sway inoltre ho trovato il touchpad del mio laptop già preconfigurato per l’utilizzo delle gesture , con 3 dita sul touchpad saremo in grado di passare da uno spazio di lavoro all’altro

Conclusione

TileOS si candida ad essere un’ottima distribuzione Gnu/Linux per chi vuole iniziare ad utilizzare i Window Manager o per chi cerca un sistema operativo leggero, stabile e minimale. Personalmente lo sconsiglierei ai nuovi utenti che non sarebbero in grado di apprezzarne l’esperienza utente, e la mancanza di tool grafici per la personalizzazione (si configura tutto a manina con i file di configurazione), tuttavia è innegabile che la distribuzione si presenti graficamente molto gradevole agli occhi grazie al tema Catpuccin.

Download

È possibile scaricare TileOS dal suo sito ufficiale ( molto minimale anche quello 🙂 ) sul proprio sito ufficiale in 3 versioni Sway, River e Qtile, dove è possibile trovare il gruppo Telegram per ricevere supporto