Sabato 12 aprile ci sono state diverse manifestazioni. A Bologna il climate pride contro la transizione energetica dall’alto, a Milano contro la guerra e per la Palestina (dove la polizia ha caricato a freddo il corteo effettuando diversi fermi, prima prova sul campo del DL repressione) e a Ravenna, alla manifestazione nazionale “fuori dalla camera a gas” contro il rigassificatore e le politiche energetiche dei governi.
In quest’ultima città la Romagna libertaria era presente con uno spezzone anticapitalista ed antimilitarista vivo e chiassoso. Abbiamo reso evidenti, con striscione, cori e volantini, i legami tra estrattivismo, approvvigionamento di risorse energetiche, compagnie come Eni e Snam, impianti nocivi come i rigassificatori e la guerra.
Dopo un iter approvativo accelerato, venerdì 28 febbraio è arrivata a Ravenna la nave BW Singapore di Snam, lunga quasi 300 metri e alta 44 (circa un palazzo di dieci piani), che fungerà da rigassificatore off-shore (FSRU, Floating Storage and Regasification Unit).
Ancorata a circa 8,5 km dalla costa di Punta Marina (RA), vi rimarrà per almeno 25 anni. Per difenderla dalle mareggiate sarà costruita anche una diga frangiflutti di cemento lunga 880 metri. In più anche una centrale di compressione a terra a Punta Marina. L’investimento complessivo di Snam per questo progetto equivale a più di un miliardo di euro. L’impianto di Ravenna si connetterà poi alla Linea Adriatica Snam Sulmona-Minerbio con destinazione finale del gas l’Italia del Nord e i Paesi dell’Europa centrale.
Assieme al terminal di Piombino, Livorno, Panigaglia (La Spezia) e Porto Viro (Rovigo), e a quelli in progetto al sud per accorciare le rotte marine, a Porto Empedocle (Agrigento) e Gioia Tauro (Reggio Calabria), il rigassificatore di Ravenna provvederà ad accogliere e riportare allo stato gassoso il gas naturale liquefatto (GNL) che arriva dall’altra parte del mondo, di provenienza principalmente statunitense ma anche da Algeria, Qatar e in misura minore da Egitto, Mozambico e Congo, paesi con governi autoritari con cui l’Italia – e Eni – ha forti legami di collaborazione industriali ma anche militari e ai quale vendiamo armi e navi da guerra.
Quello di fare di Ravenna un importante centro della rigassificazione a livello nazionale ed europeo è un progetto nato durante il governo Draghi nel 2022, a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. Un conflitto che ha visto i paesi europei schierarsi con gli alleati della Nato attraverso la decisione di rifornire di armi il governo ucraino.
I lavori concreti per ospitare il nuovo terminale di rigassificazione al largo della costa di Ravenna sono iniziati il 19 giugno 2023, quando l’ex presidente della Regione, Stefano Bonaccini, del Partito Democratico, grande sponsor dell’opera, fu nominato commissario straordinario dal successivo governo Meloni. Per il rilascio dei permessi sono stati sufficienti 120 giorni, in cambio della promessa di 25 milioni di euro di compensazioni. Mentre il percorso autorizzativo e realizzativo complessivo è durato meno di tre anni. Tempi da record se si considera che un impianto simile – quello collocato a circa 15 km al largo di Porto Viro – è entrato in funzione nel 2009 dopo 14 anni dal primo studio di fattibilità.
Oltre ai temi ambientali, sicuramente importanti, la cosa da mettere in evidenza è come gli impianti di trattamento e rigassificazione del GNL rispondano a quelle che di fatto sono logiche di guerra, considerati strategici a partire dallo scenario geo-politico sorto col conflitto russo-ucraino.
Non si è rilevato abbastanza come la guerra in Ucraina, oltre che una battaglia per l’influenza politica tra potenze imperialiste (da una parte la Russia, dall’altra UE, Stati Uniti e Nato), sia anche stata una lotta per la compravendita del gas naturale e come le politiche energetiche dei paesi europei ne siano uscite ridisegnate.
Dopo la riduzione dei flussi di gas russo, per mezzo delle sanzioni e del sabotaggio del Nord Stream (26 settembre 2022) gli Stati Uniti sono riusciti ad imporsi come primo paese fornitore di GNL all’Europa, attraverso appositi accordi commerciali che hanno sfruttato il conflitto in corso.
Per i Paesi dell’UE l’acquisto di GNL americano ha costi maggiori (del doppio o del triplo). Questo dipende dalla tecnica del fracking e dalla successiva liquefazione che per il produttore ha spese di estrazione, di lavorazione e di trasporto molto più alte.
Anche la costruzione dei rigassificatori per convertire il GNL in gas hanno costi di realizzazione e di gestione così ingenti da incidere sul prezzo finale.
Gli Stati Uniti sono i leader mondiali dell’esportazione di GNL. La particolare tecnica del fracking con cui lo producono è molto più inquinante e costosa del metano ottenuto con le tecniche di estrazione tradizionali. Le procedure richiedono grandi quantità d’acqua e perforazioni che aumentano il rischio di dissesto idrogeologico e terremoti, oltre a prevedere l’uso massiccio di sostanze chimiche.
Il ricorso alla perforazione orizzontale e al fracking hanno portato la produzione di gas statunitense a raddoppiare. Viene calcolato che, per la fine del decennio, quasi una nave metaniera su tre di quelle adibite al trasporto di GNL partirà dagli Stati Uniti.
Con l’entrata a pieno regime dell’impianto di Ravenna la capacità complessiva di rigassificazione italiana salirà a 28 miliardi di metri cubi, equivalenti ai volumi che venivano importati nel 2021 dalla Russia.
Per l’impianto di Ravenna si parla di una capacità di trattamento di 5 miliardi di metri cubi l’anno di GNL, il che si traduce nel soddisfacimento dell’8% dell’intero approvvigionamento italiano di gas. Gas che attraverso l’Italia raggiungerà poi i Paesi europei.
L’arrivo del rigassificatore a Ravenna è quindi strettamente legato agli scenari bellici internazionali.
Il governo Meloni, in continuità col precedente esecutivo Draghi, e in piena sintonia con la Commissione europea, vuol far diventare l’Italia un hub del metano nel Mediterraneo. Oltre ai nuovi rigassificatori, infatti, è previsto il raddoppio del gasdotto TAP, in cui Snam è implicata, che da Melendugno (Lecce) porta il gas dell’Azerbaijan verso il nord Italia e l’Europa.
Anche se il consumo di gas in Italia è in calo rispetto al passato per le fluttuazioni sul prezzo e la produzione di energia da fonti alternative, il vero problema è la domanda di energia che cresce sempre di più invece di diminuire, come sarebbe necessario. I presupposti stessi del sistema capitalista si basano su un’iperbole di crescita infinita, a livello economico, industriale e tecnologico. Ma ora la domanda di energia sta crescendo in un modo mai visto prima, con gli investimenti pubblici e privati che si stanno concentrando in produzioni energivore come l’hi-tech, il digitale, l’IA, i data-center, l’automazione, la robotica, l’industria militare e l’aerospaziale.
I piani di riarmo dell’Europa (ReArm EU) e quelli per l’approvvigionamento e la transizione energetica (RePower EU), dal gas al nucleare ma che non tralasciano le stesse “rinnovabili”, rispondono alle medesime logiche del complesso militar-industriale e viaggiano su un binario parallelo.
Mentre UE e Italia si apprestano a spendere centinaia di miliardi di euro per l’acquisto di armamenti e la costruzione di grandi opere e rigassificatori, non un euro è giunto degli 1.2 miliardi del Pnrr promessi da Von Der Lyen e struttura commissariale per le persone alluvionate dell’Emilia-Romagna, mentre continuano come sempre i tagli a sanità e spesa sociale per dirottare fondi verso Interno e Difesa. Ordine poliziesco e opzione militare, guerra interna e guerra esterna, sono sempre più connessi. Il nuovo DL sicurezza, con più tutele e poteri alle polizie e repressione sfrenata contro chi protesta, si situa perfettamente in questo contesto.
In un presente segnato da conflitti, massacri e genocidi che si stanno compiendo davanti ai nostri occhi – pensiamo solo a quello in corso nella Striscia di Gaza, commesso per mezzo delle armi che transitano anche nel porto di Ravenna – è fin troppo chiaro che non può esserci ecologismo possibile senza antimilitarismo e anticapitalismo.
LA ROMAGNA LIBERTARIA
Un documento più approfondito sul legame tra politiche energetiche e politica di guerra lo si trova a questo link: https://piccolifuochivagabondi.noblogs.org/europa-guerra-e-nocivita/
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