Riceviamo e pubblichiamo dalla agenzia stampa Interris.it
Lo smaltimento dell’amianto è un’operazione complessa, delicata e costosa, che richiede l’intervento di personale altamente specializzato.
È noto da decenni quanto questa fibra sia estremamente pericolosa: l’amianto è un agente cancerogeno tra i più aggressivi, capace di provocare gravi patologie anche in seguito a esposizioni minime.
In base al picco epidemiologico osservato anche in Europa, i limiti di esposizione sono stati progressivamente abbassati: oggi si parla di un massimo di 10 fibre/litro all’esterno e 0,2 fibre/litro negli ambienti chiusi.
L’unica strategia realmente efficace per proteggersi è evitare qualsiasi forma di esposizione e procedere alla completa rimozione dell’amianto.
L’intervista
In occasione della Giornata Mondiale delle Vittime dell’Amianto, Interris.it ha intervistato l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA).
Da anni impegnato nella tutela delle vittime dell’amianto, Bonanni ha dedicato importanti pubblicazioni al tema, tra cui “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia”, per sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere interventi efficaci.
Presidente Bonanni, perché la bonifica dell’amianto è considerata una pratica così delicata?
“La difficoltà principale sta nel fatto che, se non eseguita correttamente, la bonifica e lo smaltimento dell’amianto possono causare la dispersione di fibre nell’ambiente.
Per questo si procede inizialmente con l’incapsulamento, per isolare il materiale cancerogeno, e, in alcuni casi, con il confinamento.
Quest’ultima tecnica prevede l’installazione di una barriera a tenuta che separi l’asbesto dalle aree occupate dell’edificio.
Tuttavia, anche in questo caso, se non si abbina a un trattamento incapsulante, il rilascio di fibre può continuare all’interno della zona confinata.
Tutto ciò rende evidente come la bonifica dell’amianto sia una procedura estremamente complessa e delicata, che non ammette errori”.
Quali sono i rischi legati a un’operazione di smaltimento eseguita in modo scorretto?
“Il rischio più grave è quello di causare un ulteriore danno alla salute pubblica e all’ambiente.
Se il materiale friabile viene smaltito in modo non conforme, le fibre possono disperdersi nell’aria, provocando inquinamento atmosferico e contaminazione degli ambienti circostanti.
Le fibre di amianto aerodisperse possono essere inalate o ingerite da cittadini, lavoratori e persino dagli stessi addetti alle operazioni di bonifica.
L’esposizione può provocare patologie gravi, spesso letali, come il mesotelioma pleurico, il cancro al polmone, alla laringe e alle ovaie.
In sintesi, uno smaltimento errato equivale a una bomba a orologeria per la salute collettiva”.
Come deve avvenire correttamente lo smaltimento dell’amianto?
“E’ fondamentale affidarsi esclusivamente a professionisti regolarmente iscritti all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, come previsto dall’art. 212 del D.lgs. 152/2006.
Solo le ditte autorizzate possono operare in sicurezza, seguendo protocolli precisi per la tutela della salute dei lavoratori e la protezione dell’ambiente.
Le aziende qualificate redigono un Piano di Lavoro, in cui vengono specificate le modalità operative, le misure di sicurezza e le precauzioni ambientali.
Generalmente si procede con la rimozione dell’amianto e il successivo smaltimento in discariche autorizzate, trattandosi di rifiuto speciale.
Solo in casi specifici si opta per incapsulamento o confinamento, come spiegato precedentemente”.
L’Italia è preparata a gestire i rischi di un errato smaltimento?
“Purtroppo, non completamente.
In Italia le bonifiche sono ancora in corso, e ci sono numerosi siti contaminati, tra cui scuole e ospedali.
Si stima la presenza di circa 40 milioni di tonnellate di amianto sul territorio nazionale: un dato allarmante, soprattutto per l’impatto sanitario.
La curva epidemiologica è ancora in crescita.
L’VIII Rapporto ReNaM dell’INAIL (fino al 2021) evidenzia numerosi casi di mesotelioma, ma non tiene conto delle altre gravi patologie legate all’amianto, come il tumore ai polmoni, alla laringe e alle ovaie, già riconosciuti dall’INAIL nella Lista I”.
Quando potremo finalmente parlare di un’Italia libera dall’amianto?
“Servirà ancora molto tempo.
Sono passati più di trent’anni dall’approvazione della legge 257/1992, che ne ha vietato l’uso, ma le bonifiche procedono a rilento.
Serve un intervento urgente e capillare, con una mappatura completa dei siti contaminati e una priorità assoluta per quelli più sensibili, come le scuole e gli ospedali.
Anche la burocrazia andrebbe snellita: la circolare del Ministero della Salute n. 45 del 1986 è rimasta inapplicata.
Quando fui nominato Commissario Amianto dall’allora Ministro dell’Ambiente, Gen. Sergio Costa, il mio primo obiettivo fu avviare la bonifica degli istituti scolastici e ospedalieri.
Il Gen. Costa, oggi Vicepresidente della Camera, stanziò 385 milioni di euro proprio per la progettazione degli interventi.
Purtroppo, con il cambio di governo il processo si è nuovamente rallentato.
Oggi più che mai è necessario un forte impulso politico.
Nel frattempo, l’Osservatorio Nazionale Amianto APS continua la propria opera di sensibilizzazione, assistenza legale e medica a cittadini e lavoratori esposti, attraverso il numero verde 800 034 294 e i canali online.
Non va sottovalutato neppure il rischio di contaminazione domestica: in molti casi, le famiglie di lavoratori del settore militare, ferroviario o della cantieristica navale si sono ammalate a causa del contatto con divise o indumenti contaminati.
L’amianto è un killer silenzioso, che colpisce senza discriminazioni.
Per questo è fondamentale interrompere le esposizioni e accelerare la bonifica totale del territorio”.