La decisione del governo di indire 5 giorni di lutto nazionale a seguito della morte di Papa Francesco rappresenta prima di tutto un record. Mai erano stati concessi tanti giorni di lutto nazionale per un altro Papa: per Giovanni Paolo II ci si fermò a tre soltanto. Per i Presidenti della Repubblica non ne parliamo. Persino per Silvio Berlusconi, la figura più sciaguratamente simile a un monarca che l’Italia ha avuto dal dopoguerra a oggi, si arrivò a un giorno soltanto.
Questo record è arrivato a coprire anche il 25 aprile e le celebrazioni per la Festa della Liberazione. Nel proclamare il lutto nazionale, il governo ha invitato a “svolgere tutte le manifestazioni pubbliche in modo sobrio e consono alla circostanza”.
La decisione del governo cerca innanzi tutto di capitalizzare il vasto cordoglio per la morte del Papa che ha toccato ad ampio spettro l’arco politico. Cinque giorni che coprono anche una festa di resistenza armata, di antifascismo fondativo: c’è la volontà di imporre una morale di Stato, di attingere a un magma di emozioni recenti, per stabilire una gerarchia di valori.
Lutti, appartenenze religiose, e convinzioni personali sono una dimensione ben precisa dell’animo umano. Mentre per la dimensione politica ci si colloca in ambiti più razionali, legati alla riflessione e al pubblico dibattito. La decisione del governo è per l'appunto una decisione politica, e come tale va denunciata perché strumentalizza quel vasto cordoglio.
Non potendo vietare dall’alto le celebrazioni di una ricorrenza invisa ai valori dell’estrema destra, si è trovata una perfetta scusa per sabotarla. Dio non voglia (è proprio il caso di dirlo) che muoia un Papa a ridosso del 2 giugno. Gli ultimi anni sono pieni di sindaci di destra o centro-destra che hanno vietato o fortemente limitato le celebrazioni del 25 aprile perché “divisive”. Ora invece, è stata fornita una scusa perfetta e persino bipartisan.
L’invito alla “sobrietà”, volutamente ambiguo, attendeva perciò solo zelanti amministratori più realisti del Re, o più papisti del Papa. Hanno giocato in questa direzione anche dichiarazioni successive, volte ad aumentare la discrezionalità nell'interpretare la decisione del Governo. Così il ministro della Protezione Civile Nello Musumeci, intervistato dal Corriere della Sera, ha sentito il bisogno di sconsigliare “balli e canti scatenati”.
L’ambiguità ha così incontrato una cedevolezza per cui viene più da scomodare le categorie della psicoanalisi che della politica. Da destra a sinistra, sono già arrivate le prime cancellazioni. A Foligno il Sindaco ha annullato la visita al cimitero di guerra, a Cesena (FI) è stato annullato il previsto concerto, mentre il Sindaco di Ancona ha vietato la musica.
A Benevento, l’imperituro Clemente Mastella ha deciso di chiudere i locali fino a sabato 26, e di vietare per il 25 la musica fuori dai locali. “È morto papa Francesco, uno di noi. La nostra fede è legata alla resurrezione. E lui è morto nel periodo pasquale dove si rincorrono morte e ascesa al cielo. Preghiamo per lui, sicuri che lui pregherà per noi” aveva scritto Mastella su Facebook il 21 aprile scorso.
Celebrazioni in paese annullate anche a Oderzo, nel Trevigiano: la Sindaca leghista parteciperà però alle celebrazioni a Vittorio Veneto, dove ci sarà anche il Presidente Sergio Mattarella. A Domodossola, una delle capitali della Resistenza italiana, il Sindaco ha cancellato il corteo e la sfilata per il 25 aprile. Ci sarà solo una “sobria” manifestazione in piazza, accompagnata da una tromba solista. L’ANPI ha nel frattempo confermato tutte le iniziative, anche se a Cinisello il Sindaco avrebbe usato il lutto per la morte del Pontefice per cancellare il comizio dell’associazione. C’è tuttavia preoccupazione per la possibilità che altri sindaci seguano l’esempio. L’ANPI di Arquata e Grondona ha invece deciso di propria iniziativa di rinviare gli eventi previsti, in segno di “rispetto per il lutto nazionale”.
L’invito alla “sobrietà” ha colpito anche manifestazioni culturali. Restando in Veneto, a Treviso è stata sospesa la serata evento dedicata ai cinquant'anni dalla scomparsa di Toti Dal Monte, in programma al Teatro Comunale Mario Del Monaco. Mentre ad Ancona l’Archivio di Stato ha sospeso gli eventi previsti durante i giorni di lutto nazionale, tra cui Nonostante il pericolo: donne partigiane della Resistenza anconetana. “Ci stiamo impegnando per riorganizzarla in altra data”, recita il post su Facebook.
Come segnalato da Benedetta Tobagi, anche altri Archivi di Stato hanno deciso di sospendere e rinviare gli eventi, secondo le disposizioni della Direzione Generale. “La Direzione Generale nella pagina social diffonde l’elenco delle iniziative come se nulla fosse. Eppure hanno dato agli istituti indicazione di annullare o rinviare, per il lutto nazionale, tutti gli eventi e le manifestazioni previste. Neanche il coraggio di dichiararlo pubblicamente…” scrive Tobagi, mettendo a confronto le contraddizioni nella comunicazione ufficiale della Direzione Generale.
È triste constatare una così pronta cedevolezza a grigi giochi di potere burocratici, alla spregiudicatezza con cui si usa la morte di un Papa per trollare parte della classe dirigente di un paese, o fornire un’ottima scusa ai propri sodali per saltare un’odiata incombenza. Non ci si aspettava una virtuosa e creativa resistenza, sindaci che in ottemperanza alla prescritta “sobrietà” vietano la diffusione di alcolici durante le celebrazioni del 25 aprile. Ma che si tenesse la barra dritta, in un momento critico come l’attuale, questo sì, contando anche che sono passati 80 anni da quel giorno così fondamentale per la nostra Repubblica.
La liberazione non è uno status guadagnato grazie al sacrificio di chi ci ha preceduto. Non è una religione dei morti che ci hanno concesso la grazia di una possibilità democratica. Né un patentino da riconoscersi o riconoscere mentre si guarda ai fatti del mondo. È un processo che richiede memoria collettiva, esattezza storica, attenzione per i fascismi del presente, solidarietà. Resistere significa opporsi, saper fare attrito. Se non si è in grado di farlo di fronte agli atti amministrativi o alle dichiarazioni dei ministri, figuriamoci di fronte ai manganelli.
In un paese dove il ddl Sicurezza ha messo a repentaglio libertà fondamentali, il valore di questa giornata è tutto fuorché simbolico e andrebbe rivendicato spingendo per adesioni di massa. Chi c’è c’è, chi vuole andarsi a nascondere, oppure reprimere o cannibalizzare in nome di meschine partigianerie scoprirà di avere in comune la disponibilità a ridurre gli spazi democratici.
Occorre constatare che il governo ha provato a rendere il 25 aprile una concessione dall’alto, e c’è in parte riuscito, intanto che la stessa Meloni sarà all'Altare della Patria, formalmente al riparo da ogni critica. Ed è una sconfitta che va ammessa ed elaborata.
(Immagine anteprima: frame via YouTube)