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Dal genocidio degli armeni ai genocidi di oggi

Il 24 aprile è stato celebrato il 110° anniversario del genocidio di oltre 1,6 milioni di armeni per mano dei governi turchi, conosciuto come il primo genocidio del XX secolo. Il popolo armeno è stato quindi la prima vittima di genocidio del secolo scorso.

Oggi più che mai questa ricorrenza dovrebbe essere un monito per l’umanità perché i genocidi continuano a verificarsi, in Europa, in Africa, in Asia, pensiamo ai palestinesi a Gaza, al Myanmar dove gli alti comandi militari stanno commettendo un genocidio contro la comunità musulmana dei Rohingya, in Sudan… e anche sul continente americano.

La Convenzione sul genocidio è tuttora attuale come lo fu il 9 dicembre 1948, giorno in cui divenne il primo Trattato sui Diritti Umani adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, seguito il giorno dopo dall’adozione della Dichiarazione dei Diritti Umani.

Da quel momento si pensò che questi due eventi avrebbero inaugurato una nuova era dei diritti umani: la visione di un mondo in cui i genocidi non si sarebbero mai più ripetuti. Tuttavia, come ha ricordato Zohrab Mnatsakanyan, ministro degli Esteri armeno, dall’adozione della Convenzione, il “mai più” è stato pronunciato molte volte, ma i genocidi non sono stati impediti.

I genocidi non avvengono all’improvviso; al contrario, i segnali che li precedono sono molto chiari. Per questo motivo, possono essere prevenuti, come ha sottolineato l’allora Alto Commissario per i diritti umani, Michelle Bachelet e, per farlo, sarebbe necessario eliminare l’impunità, punendo i responsabili, perché l’“odioso flagello” del genocidio, come lo descrive la stessa Convenzione, rimane una minaccia e una realtà nel XXI secolo.

Adama Dieng, consigliere speciale delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio, ha osservato che non si tratta di “un incidente”, ma del riflesso dell’“inazione della comunità internazionale nell’affrontare i segnali d’allarme che hanno permesso che diventasse una realtà”.

Eppure, le statistiche sullo stato delle ratifiche e delle adesioni alla Convenzione sono preoccupanti. Quasi un quarto dei membri delle Nazioni Unite ha ritardato l’adesione a questo strumento internazionale di fondamentale importanza.

Quello degli armeni non è stato l’unico genocidio del XX secolo: Namibia, Cecenia, Giappone, Grecia, Ruanda e Burundi, Cambogia, Vietnam, si aggiungono alla lista di quelli che vanno oltre l’Olocausto dei milioni di ebrei per mano dei nazisti.

Il Sud America non ha fatto eccezione quando si è trattato di violazioni dei diritti umani. Le dittature militari degli anni Settanta e Ottanta hanno portato a massacri indiscriminati di contadini in Nicaragua e El Salvador. Nel Cile di Pinochet furono uccise 4.000 persone e nell’Argentina del generale Videla 30.000 in cinque anni.

Meno ricordato è invece il genocidio provocato dal dittatore dominicano Rafael Trujillo, che nell’ottobre 1937 ordinò la morte di 30.000 haitiani residenti nella Repubblica Dominicana.

Gli armeni

Forse ricordare la barbarie del 1915 perpetrata contro gli armeni potrebbe contribuire a creare una consapevolezza in grado di porre in qualche modo un freno alla barbarie presente e futura.

Il genocidio commesso tra il 1915 e il 1923 ha portato all’uccisione di oltre due milioni di armeni – cristiani – e a una pulizia etnica dei territori turchi che essi abitavano, con la morte di almeno 1,6 milioni di persone.

L’operazione fu inaugurata dal governo dei Giovani Turchi, il quale approfittava della cortina fumogena della Prima Guerra Mondiale, e portata a termine sotto il governo “occidentalista” di Kemal Atatürk. Non fu il primo massacro: un altro genocidio armeno, ma meno vasto, ebbe luogo in precedenza, tra il 1894 e il 1896.

Abdul Hamid II, il “Sultano Rosso” – deposto nel 1909 dai Giovani Turchi – aveva scoperto che si poteva “porre fine alla causa armena ponendo letteralmente fine agli armeni”, una dottrina di “soluzione finale” che ebbe molti seguaci nel XX secolo e anche nel quarto di secolo già trascorso nel XXI secolo.

Questa è stata la principale forza motrice che ha portato la diaspora armena a commemorare ogni anno la data simbolica del 24 aprile, senza lacrime e in silenzio. Per decenni le comunità armene, create dai sopravvissuti al massacro e disseminate in tutto il mondo, si sono riunite insieme ogni 24 aprile, senza applausi. Nel totale silenzio.

Traduzione dallo spagnolo di Maria Sartori. Revisione di Thomas Schmid.

Aram Aharonian

2 giorni 3 ore ago