Gianni Alioti è uno dei maggiori esperti italiani della produzione di armi.
In passato è stato responsabile dei metalmeccanici Cisl della Liguria, nella cui regione sono concentrate molte aziende del settore bellico. Ora è ricercatore di The Weapon Watch.
Su ‘Settimana News’ (rivista pubblicata dai Padri Dehoniani) nei giorni scorsi ha pubblicato un interessante articolo con notizie inedite, ve ne segnaliamo alcuni brani; essendo un testo lungo, lo pubblichiamo in due puntate successive . Questa è la seconda puntata
(la prima puntata è leggibile qui https://www.pressenza.com/it/tag/no-armi-nei-porti/ )
“Nel dicembre 2023 è la volta di Ravenna, dove centinaia di persone partecipano all’iniziativa contro il traffico di armi davanti all’Autorità portuale, denunciando il passaggio di una nave della ZIM dallo scalo romagnolo trasportando materiali d’armamento verso Israele.
Che il porto di Ravenna fosse diventato uno scalo opaco per il trasferimento di armi trova conferma nei mesi scorsi, quando il Gip del tribunale romagnolo convalida il sequestro d’urgenza effettuato dall’Agenzia delle Dogane a inizio febbraio 2025 di un carico di 14 tonnellate di componenti di armi diretto a Israele.
In tutto ottocento pezzi metallici classificati come materiale d’armamento, prodotti dalla ditta Valforge di Lecco e diretti all’azienda Israel Military Industries Ltd (IMI), principale produttore israeliano di armi.
La ditta lecchese, specializzata in fucina e stampa di articoli metallici, pur non avendo l’autorizzazione a esportare il materiale bellico, né l’iscrizione nel Registro nazionale delle imprese istituito presso il ministero della Difesa, rientrava da tempo nella catena di fornitura della IMI.
Dal febbraio del 2024, anche in India, il sindacato dei lavoratori dei trasporti marittimi che organizza migliaia di lavoratori portuali decide di rifiutarsi di caricare o di scaricare carichi di armi provenienti e/o destinati a Israele.
Nel maggio 2024 a Venezia centinaia di attivisti protestano contro la nave Bokrum, battente bandiera delle Barbados, contenente armamenti e diretta verso Israele.
A fine agosto la nave MV Kathrin, di proprietà tedesca e battente bandiera portoghese, parte dal Vietnam con un carico di 8 container di esplosivi Hexogen/RDX (componente chiave per la costruzione di missili) con destinazione Israele e altri 60 container di esplosivi TNT con altre destinazioni.
La Namibia rifiuta l’attracco della nave nei suoi porti e la costringe a vagare in acque internazionali, fino ad arrivare nel Mediterraneo.
Qui la nave si dirige verso il porto di Capodistria in Slovenia per scaricare parte del carico destinato a Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.
La Slovenia gli nega l’attracco, dopo una mobilitazione dell’opinione pubblica.
In Italia l’appello del CALP di Genova è raccolto dalla USB e da altri sindacati di base che, prontamente, si mobilitano per impedire l’attracco della nave nei porti adriatici e far rispettare l’ordinanza che vieta la circolazione nei porti del Golfo di Trieste di materiale bellico.
La MV Kathrin è costretta a cambiar rotta e a dirigersi verso Malta, dove non riuscirà ad attraccare. Ricompare a fine ottobre ad Alessandria d’Egitto, dove attracca in zona militare.
Lì scarica tutto il suo carico.
Sappiamo solo che, lo stesso giorno, dal porto egiziano è partita un’altra nave diretta al porto israeliano di Ashdod.
È curiosa, anche in questo caso, la complicità con il governo israeliano dei governi arabi che controllano le 14 fazioni con cui si dividono i palestinesi.
Viceversa, non si ferma la solidarietà internazionale.
E, nel mese di gennaio 2025, anche il sindacato svedese dei portuali notifica all’associazione imprenditoriale Swedish Ports il blocco di tutti gli scambi commerciali militari con Israele durante la guerra in corso a Gaza.
La decisione di imporre il blocco è stata presa dai lavoratori iscritti al sindacato dei portuali con una votazione prima di Natale.
In conseguenza del blocco, Erik Helgeson, da 20 anni lavoratore portuale a Göteborg, vicepresidente nazionale e portavoce del sindacato, è stato licenziato a febbraio per ragioni di “sicurezza nazionale” dalla sua azienda DFDS, la società danese di spedizioni e logistica internazionale proprietaria della maggior parte del terminal ro-ro di Göteborg.
Questo caso dimostra che l’azione diretta dei sindacati dei lavoratori e degli attivisti, al fine di fermare qualsiasi trasferimento di armamenti verso Israele, ha una straordinaria valenza etica .
Ma al contempo sappiamo che l’embargo militare verso Israele è anche e, soprattutto, un obbligo giuridico-legale, che ricade innanzitutto sulle spalle degli Stati, di organizzazioni regionali come l’UE, l’OIC (Organisation of Islamic Cooperation) ecc., delle aziende e delle istituzioni accademiche.
Se non attuano le misure necessarie per l’embargo militare, oltre a essere responsabili di violazione del diritto internazionale, saranno corresponsabili per il loro apporto ai crimini commessi da Israele.