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Riflessioni sui referendum di giugno

Ho un vecchio e caro amico, un compagno, di quelli che quando non capisci qualcosa, soprattutto rispetto alle dinamiche del lavoro, lo chiami e lui ti spiega, con precisione, svuotando i pensieri da tutto quel fumo e quella propaganda, quei luoghi comuni nei quali siamo avvolti. Gli ho chiesto quindi cosa ne pensasse dei referendum. Mi ha spiegato a voce, ma poi gli ho chiesto il favore di scrivermi qualcosa (non lo fa spesso). Mi ha mandato questo testo, era scritto per me ma mi ha permesso di pubblicarlo a patto di non citare il suo nome. Conosco la sua storia, la sua integrità e lucidità e credo che, al di là degli accordi e dei disaccordi nel merito della questione, sia un utilissimo spunto di riflessione. Ecco il suo testo:

L’8 e il 9 giugno si vota per 5 referendum, di cui 4 promossi dalla CGIL. Sono un iscritto alla CGIL da 49 anni, da semplice iscritto, delegato, dirigente sindacale ed ora pensionato, considero la scelta dell’organizzazione velleitaria e controproducente. Come si può pensare di portare la metà degli italiani a votare? Oltre metà dello schieramento politico non è minimamente interessato alla scadenza referendaria; essendo peraltro i temi in questione prettamente inerenti al mondo del lavoro non è difficile capire che la grande maggioranza dei pensionati non andrà a votare, il risultato sarà che voteranno un terzo di quelli che servirebbero per validare la tornata referendaria. Il contraccolpo sarà pesante, perché perdendo i referendum su questi argomenti di vitale importanza per il mondo del lavoro, non se ne potrà parlare più per anni.

Questi temi andavano, secondo me, affrontati con strumenti sindacali: piattaforme, rivendicazioni sostenute da lotte e confronto con padroni e governi: la storia del sindacato e le conquiste dei lavoratori e delle lavoratrici passano da questa strada. Non riesco a comprendere come si possa impegnare l’organizzazione sindacale per circa 2 anni nella promozione, raccolta firme, sostegno ed impegno in una difficilissima campagna referendaria con un esito già scritto. Se fosse solo inutile sarebbe già grave, purtroppo sarà anche dannoso e controproducente. I diritti si conquistano con la lotta dei lavoratori, non con i voti di chi non guarda al mondo del lavoro. Aggiungo inoltre, tra i fattori negativi, la posizione decisamente contraria della CISL. Comunque Landini lo sa meglio di me che il quorum è una chimera, allora la domanda è: perché hai organizzato questa avventura fallimentare?

Per ciò che riguarda la vicenda salariale, a cui fa spesso riferimento, reclamano adeguamenti, ma mai un minimo di autocritica; se gli stipendi dei lavoratori e dei pensionati sono i più bassi d’Europa, unici negli ultimi 30 anni a registrare una diminuzione netta del potere d’acquisto, forse una parte importante di responsabilità il sindacato confederale dovrebbe assumerla… Faccio un esempio: l’accordo “Patto per la fabbrica” (Accordo interconfederale del 9 marzo 2018, se non vado errato) stabilisce che i rinnovi contrattuali non possano chiedere aumenti salariali, ma soltanto adeguamenti legati all’inflazione programmata depurata dagli aumenti dei prezzi dei prodotti energetici: luce, gas, carburanti ecc ecc… Non è difficile capire che questo accordo non poteva far altro che programmare nel tempo una costante diminuzione del potere d’acquisto: risultato centrato. Ora la CGIL per essere credibile, quando chiede aumenti salariali dovrebbe come minimo ritirare la firma da quell’accordo. Senza questo passaggio non si possono fare richieste salariali che prescindano dal calcolo inflattivo. Spero di essermi spiegato…

P.s. Se proprio bisognava occupare del tempo ci si poteva impegnare per uno sciopero generale europeo contro il riarmo folle, contro tutte le guerre, contro lo sterminio del popolo palestinese.

Andrea De Lotto

23 ore 17 minuti ago