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“La Verità per mio figlio”. Madri tunisine davanti al Console di Palermo

“La verità per mio figlio”. Trema il megafono insieme alla voce.
E non è necessario conoscere l’arabo per comprendere le parole di una madre che ha perso un figlio annegato nel Mediterraneo o scarnificato nel deserto.

Raccolti e raccolte intorno a lei e alle altre donne giunte fin qui, davanti il consolato della Repubblica tunisina a Palermo per la “settimana di memoria, lotta e giustizia”, raccogliamo il senso di una partecipazione che unisce al dolore la rabbia nell’esigere il risarcimento della verità. Sono voci affrante che si alternano al megafono, mescolate alle lacrime che rompono il silenzio, nella dignità della schiena dritta dietro gli striscioni con i volti di figli e figlie, fratelli e sorelle, partiti e mai arrivati.

“Conoscere la verità sulla sparizione dei nostri figli” registriamo dal francese, “e i responsabili”. Questo è l’appello al Console tunisino di Palermo, s’il vous plait
“Siamo qui per i nostri figli e per tutti i figli dispersi nel Mediterraneo.” Denunciano le madri.

“Passaporti per tutto il mondo! Solidarietà con tutte le mamme degli scomparsi! Solidarietà con i migranti senza documenti!” facciamo eco dal cerchio che spontaneamente si è formato, cercando di imitare a modo nostro il suono gutturale, di lotta e di lutto, che le donne maghrebine lanciano con una inimitabile pulsione della lingua velocissima. L’applauso che segue è invece una lingua comune ripetuta nel coro di voci accompagnate dal ritmo delle mani.

Nel suo intervento al megafono, una ragazza di Alarm Phone racconta come siano frequentissime le chiamate satellitari che chiedono notizie di parenti dispersi e come sia disperante non aver nulla da rispondere, poiché le autorità competenti tacciono…

Una rappresentante del Forum Tunisino per le Vittime Migranti riferisce come sulle spiagge di Sfax e sulle altre coste tunisine il mare restituisca a decine ogni giorno corpi senza nome, nell’indifferenza incurante di milizie e civili preposti. Ma sottolinea anche la grave responsabilità dei governi europei nel delegare a paesi terzi con l’esternalizzazione “il trattenimento e l’espulsione dei clandestini”.

Stiamo attendendo che una delegazione sia ammessa a consegnare al Console il seguente Documento di denuncia e rivendicazione.

Signor Console,
Siamo madri, sorelle e familiari di giovani tunisini scomparsi nel tentativo di attraversare il mare. Siamo donne segnate da anni di attesa, silenzi, promesse disattese e da una continua e solitaria ricerca di verità e giustizia.

Abbiamo deciso di rompere il silenzio e rivolgerci direttamente a Lei, non più per supplicare, ma per rivendicare. Perché è un nostro diritto – e un Suo dovere – rispondere alle nostre domande e assumersi le responsabilità che lo Stato tunisino continua a eludere.
Verità e giustizia per i nostri figli e fratelli scomparsi.

Chiediamo trasparenza, comunicazione e accesso alle informazioni riguardanti i casi di scomparsa dei nostri cari.

Chiediamo spiegazioni sulla sparizione di Hamdi Besbes, meccanico a bordo del peschereccio “Hadj Mohamed”, arrestato il 23 luglio 2020 a Lampedusa con migranti a bordo. La famiglia ha ricevuto versioni contraddittorie dalle autorità tunisine: Hamdi prima sarebbe stato ricoverato, poi fuggito, poi del tutto ignorato.

Chiediamo copia del presunto rapporto fornito al padre, che il Console Jaballah si è rifiutato di consegnare, e del rapporto dell’assistente sociale che ha ascoltato il racconto di un minore presente sul peschereccio.

Chiediamo aggiornamenti sulle analisi del DNA realizzate in Tunisia (aprile 2021) e in Italia (ottobre 2021) e i risultati dei confronti genetici. Come può essere che, dopo anni, non sia stata fornita alcuna risposta?

Chiediamo informazioni chiare sul destino di Mohamed Jamal El Mili e Bechir El Mili, scomparsi nel 2011, e di tutti i giovani partiti su imbarcazioni scomparse tra Tunisia e Italia.
Non è più accettabile che lo Stato non abbia mai offerto alcuna risposta dopo quattordici anni.

Chiediamo che questa rappresentanza diplomatica si assuma pubblicamente le sue responsabilità.

Denunciamo con forza:
● L’assenza di una struttura stabile di contatto e supporto alle famiglie tunisine dei dispersi e dei migranti detenuti o morti in Italia, e l’assenza di comunicazione proattiva da parte del Consolato. È inaccettabile che la società civile debba sostituirsi alle istituzioni dello Stato per fare indagini, riconoscimenti, traslazioni e supporto alle famiglie.

● La complicità dello Stato tunisino nel processo di esternalizzazione delle frontiere europee, che trasforma la Tunisia in gendarme del Mediterraneo, in cambio di prestiti condizionati e favori diplomatici. La Tunisia ha firmato accordi informali e non trasparenti con l’Italia e l’UE per impedire le partenze, per deportare migranti e per chiudere gli occhi sulle violazioni commesse nei CPR e nei centri di detenzione.

● Le condizioni disumane dei cittadini tunisini detenuti nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio in Italia, dove subiscono maltrattamenti, privazione di diritti, isolamento e umiliazione. Nessun funzionario consolare si è presentato per verificarne le condizioni o ascoltare le loro denunce. I diritti fondamentali dei cittadini tunisini vengono calpestati con la piena complicità delle autorità tunisine.

● La pratica sistematica delle deportazioni forzate dalla Sicilia e dall’Italia verso la Tunisia, spesso senza possibilità di appello legale, con voli settimanali organizzati in silenzio e in fretta, violando ogni principio di dignità e diritto alla difesa.

● L’inaccessibilità delle procedure per ottenere visti di ingresso legale in Italia, che costringe giovani, lavoratori e famiglie a intraprendere viaggi pericolosi e illegali. Da anni ottenere un appuntamento al Consolato per un visto è un miraggio: un sistema opaco, arbitrario, corrotto e irresponsabile criminalizza la mobilità e alimenta la clandestinità.

● L’assenza di trasparenza e di supporto nelle pratiche di identificazione delle persone migranti decedute in mare, lasciando centinaia di corpi senza nome, mentre le famiglie aspettano risultati del DNA da anni, senza alcuna comunicazione ufficiale, trattate con disprezzo e indifferenza.

Signor Console, non è solo una questione amministrativa. È una questione politica e morale. Lo Stato tunisino è oggi responsabile della morte sociale di migliaia di giovani, non solo attraverso la sua inazione all’estero, ma anche per il contesto di disperazione che alimenta la harga: una crisi economica senza fine, un regime autoritario che ha cancellato ogni opposizione e libertà d’espressione, una società che spinge i giovani alla fuga e alla morte.

Il vostro silenzio, il vostro immobilismo, la vostra burocrazia assassina fanno parte del problema. È tempo che il Consolato tunisino a Palermo:
● Istituisca immediatamente un referente ufficiale per i dispersi e le famiglie migranti, con numero e contatti pubblici.

● Dia seguito alle domande delle famiglie e fornisca copia dei rapporti e documenti relativi ai casi di scomparsa, senza ulteriori ritardi.

● Richieda e pubblichi un’indagine interna sugli accordi di rimpatrio con l’Italia e sulla gestione dei CPR.

● Faccia pressione sulle autorità tunisine e italiane per garantire trasparenza, accesso legale alla mobilità e il rispetto dei diritti fondamentali di ogni cittadino.

● Collabori attivamente con la società civile, le associazioni e le famiglie nella ricerca dei dispersi e nel processo di identificazione dei corpi. Finché queste richieste non verranno soddisfatte, continueremo a denunciare pubblicamente la vergogna e la responsabilità dello Stato tunisino, dei suoi rappresentanti e dei suoi accordi mortali.

Non ci fermeremo. Perché ogni vita conta. Perché ogni madre ha diritto alla verità.
Verità. Giustizia. Dignità. Ora.

Le madri tunisine, le sorelle, i familiari. Con il sostegno della società civile tra la Tunisia e l’Italia.

Ricordiamo che altre iniziative si succederanno, a partire da oggi pomeriggio, a Palermo nella settimana di memoria e di lotta a fianco dei parenti delle persone scomparse alle frontiere,  grazie all’impegno di tant* nel progetto MEM.MED (Memoria Mediterranea), al collettivo Maldusa, all’associazione Senegalese e al collettivo Baye Fall e Yaye Fall.

 

Maria La Bianca

Fonte
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