
L’Europa si trova oggi in una posizione di evidente svantaggio sotto i continui attacchi, più o meno velati, dell’ex presidente americano Donald Trump. Il termine "bullizzati" non è un’esagerazione, ma la cruda descrizione di una realtà politica e diplomatica in cui il Vecchio Continente appare incapace di rispondere con fermezza alle provocazioni e minacce che provengono da Oltreoceano.
Trump, anche al di fuori della Casa Bianca, continua a esercitare un’influenza destabilizzante sugli equilibri internazionali, minacciando sanzioni e dazi contro l’Unione Europea in caso di disallineamento dagli interessi statunitensi. La sua ultima uscita – che prospetta pesanti “ritorsioni” in caso di mancati investimenti europei sul suolo americano – è solo l’ennesima dimostrazione di una visione autoritaria e prevaricatrice dei rapporti tra potenze.
La cosa più grave, però, non è la sfrontatezza di Trump. È il silenzio – o peggio, l’arrendevolezza – delle istituzioni europee, incapaci di parlare con una sola voce e di difendere con decisione gli interessi strategici dei propri cittadini. Le divisioni interne, la burocrazia asfissiante e la cronica lentezza nelle decisioni rendono l’UE vulnerabile a ogni tipo di pressione esterna, sia economica che geopolitica.
Questa situazione è diventata ormai insostenibile. Non è solo una questione di orgoglio, ma di sopravvivenza. L'Europa non può più permettersi di restare una potenza economica priva di ambizione politica. Serve un salto di qualità nella visione strategica: una politica estera unitaria, una difesa comune reale, un piano industriale che punti al recupero del terreno perduto in settori chiave come il digitale, il software, l’intelligenza artificiale e l’intrattenimento, oggi quasi interamente dominati da attori americani o asiatici.
L'idea di una sovranità tecnologica europea non può restare uno slogan vuoto. È tempo di investire massicciamente in ricerca, innovazione e cultura, sostenendo le imprese locali e promuovendo filiere produttive indipendenti. Allo stesso tempo, è urgente ridefinire il ruolo dell’UE nello scenario globale: non più spettatrice passiva, ma attore centrale, capace di difendere i propri valori e interessi con autorevolezza.
Per non sottostare al bullismo di Trump – o di chiunque altro – l’Europa ha bisogno di azioni concrete e scelte prospettiche immediate. Serve coraggio, visione e, soprattutto, unità. Solo così potrà affermare la propria indipendenza e competitività su un palcoscenico globale sempre più ostile, in cui solo chi sa farsi rispettare può davvero contare.