Nell’Unione Europea libertà dei media sempre più a rischio: è in corso una “battaglia esistenziale” contro governi apertamente antidemocratici
“La libertà e il pluralismo dei media sono sotto attacco in tutta l'UE e, in alcuni casi, stanno combattendo una battaglia esistenziale contro governi apertamente antidemocratici”. A lanciare il grido d’allarme è il Media freedom report 2025, pubblicato dalla Civil Liberties Union for Europe, organizzazione con sede a Berlino che riunisce 23 associazioni per i diritti civili. Il rapporto è stato redatto con il contributo di 43 organizzazioni in 21 Stati membri e fotografa un’Europa dove pluralismo, indipendenza editoriale e protezione dei giornalisti sono sempre più a rischio.
Di cosa parliamo in questo articolo:
Una crisi sistematica che attraversa l’Europa
In numerosi paesi dell’UE, i governi e i principali attori economici stanno mettendo a repentaglio l’indipendenza dei media. Tra le minacce più diffuse, il rapporto menziona: la concentrazione della proprietà editoriale nelle mani di pochi “ultra-ricchi” o anche di funzionari pubblici, la scarsa trasparenza sulla proprietà effettiva dei media, l’uso distorto della pubblicità istituzionale e l’indebolimento dei servizi pubblici radiotelevisivi. Il tipo e la frequenza di queste minacce evidenziano in alcuni paesi una fragilità strutturale del sistema mediatico, e che preoccupano in vista della piena attuazione dell’European Media Freedom Act (EMFA), prevista per agosto 2025.
Il tentativo dell’UE di rafforzare tutele e diritti con l’EMFA e la Direttiva Anti-SLAPP (Strategic Lawsuits Against Public Participation, ovvero le querele temerarie) sta infatti incontrando resistenze in diversi Stati membri, anche prima della loro piena applicazione. In Ungheria “La proprietà dei media rimane altamente concentrata nelle mani di poche persone”, le quali sono “quasi tutte alleate del governo”, si legge nel rapporto. Problemi di trasparenza e concentrazione proprietaria si registrano anche in Croazia, Repubblica Ceca, Malta e Paesi Bassi.
Tra i paesi dove i giornalisti e professionisti del settore sono più esposti al rischio SLAPP troviamo Bulgaria, Croazia, Belgio, Germania, Ungheria, Lituania, Slovacchia e anche l’Italia. I giornalisti continuano a essere vittime di violenze fisiche, intimidazioni online e discorsi d’odio, spesso provenienti da esponenti politici. Il rapporto segnala inoltre l’uso opaco dei fondi pubblici per finanziare media vicini ai governi, come accaduto in Bulgaria, Croazia e Spagna.
Bulgaria e Slovacchia sono i paesi europei dove è più alta la sfiducia nei media: un dato su cui probabilmente incidono anche gli attacchi governativi diretti contro i giornalisti. In Slovacchia, il Primo Ministro Robert Fico ha per esempio querelato sia il direttore del sito di informazione Aktuality.sk, sia l’editore di un libro su di lui.
Il caso italiano
La sezione dedicata all’Italia, cui ha collaborato la Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD), non fa quindi eccezione. Proprio sul fronte SLAPP si registrano i dati più preoccupanti. Secondo la piattaforma Mapping Media Freedom, citata nel rapporto, su 44 casi legali che vedono imputati giornalisti 17 sono partiti da funzionari pubblici. L’Italia è inoltre il paese con il più alto numero di SLAPP tra quelli esaminati dalla CASE (Coalition Against Slapp in Europe).
Per il Media freedom report in Italia la concentrazione della proprietà editoriale rappresenta una minaccia diretta al pluralismo. Particolare attenzione viene rivolta alla possibile acquisizione dell’agenzia di stampa AGI da parte del Gruppo Angelucci, di cui si è discusso nel marzo 2024. Il fondatore del gruppo, Antonio Angelucci, è parlamentare della Lega e già proprietario di testate come Il Giornale, Libero e Il Tempo, mentre l’AGI è una delle principali agenzie di notizie e ha come editore ENI.
L’operazione ha sollevato forti critiche sia per la possibile compromissione dell’indipendenza editoriale di una delle principali agenzie stampa italiane, sia per le implicazioni politiche del controllo informativo esercitato da una figura legata all’attuale governo. Alle critiche ha fatto eco la stessa redazione dell’AGI, che è entrata in stato di agitazione, con diversi giorni di sciopero e il ritiro delle firme dal sito. A maggio è arrivata invece il voto di sfiducia alla direttrice Rita Lofano, per “timori di conflitto di interessi, dovuti allo stretto rapporto di lavoro di Lofano con l'ex direttore Mario Sechi” (direttore di Libero ed ex portavoce della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni). La trattativa sembrerebbe poi essersi arenata durante l’estate, spingendo Angelucci ad attaccare direttamente il governo.
Un’altra area critica è Il settore pubblico radiotelevisivo, sotto costante pressione politica, e non da oggi. Interferenze sulla governance e sulla distribuzione dei fondi mettono a rischio l’autonomia della RAI, con un impatto negativo sulla qualità dell’informazione. L’assenza di un meccanismo indipendente di nomina dei vertici e il finanziamento non garantito agiscono come leva per condizionare i contenuti editoriali. Oltre alle pressioni politiche “senza precedenti” che i giornalisti subiscono, c’è perciò anche un rischio di auto-censura. Tra i casi citati nel rapporto c’è la cancellazione del monologo di Antonio Scurati, previsto per la puntata del 25 aprile della trasmissione Che sarà. Per quell’episodio è stata sanzionata la conduttrice Serena Bortone, che aveva denunciato la censura del monologo. Il programma è stato poi sospeso.
Per Andrea Orlandi, condirettore esecutivo di CILD, “La persistente concentrazione della proprietà editoriale, la governance del servizio pubblico e le querele bavaglio minano profondamente il pluralismo e l’indipendenza dell’informazione nel nostro paese.”
Tra erosione democratica e segnali di speranza
A dispetto dei numerosi segnali di allarme evidenziati, a livello europeo il rapporto individua alcune tendenze divergenti. Da un lato, paesi come Ungheria e Slovacchia appaiono sempre più orientate verso un controllo diretto del sistema mediatico, con la Slovacchia che ha eliminato le garanzie per l’indipendenza editoriale del servizio pubblico. Dall’altro paesi come la Polonia e la Slovenia hanno intrapreso riforme positive che viaggiano in direzione opposta. In Slovenia, ad esempio, il nuovo governo ha depoliticizzato la governance del servizio pubblico RTV, restituendogli una maggiore autonomia.
Nonostante le difficoltà di implementazione evidenziate, il 2024 ha visto comunque entrare in vigore, in tutto o in parte, diverse leggi sulla libertà e il pluralismo. Oltre alla già citata legge europea sulla libertà dei media (EMFA) e alla direttiva anti-SLAPP, ci sono state la legge sui servizi digitali (DSA), la legge sui mercati digitali (DMA), il regolamento sul targeting e la trasparenza della pubblicità politica (TTPA) e la legge sull'intelligenza artificiale (AIA). Si è così creato un nuovo quadro giuridico che, se applicato bene, potrebbe rafforzare la libertà e il pluralismo dei media.
A fare la differenza sarà dunque la volontà dei singoli paesi membri. In Italia, ad esempio, la CILD ha sottolineato come non siano state adottate misure strutturali adeguate per garantire la piena conformità con l’EMFA. La mancanza di un database pubblico e aggiornato dei beneficiari effettivi dei media, come richiesto dall’articolo 6 del regolamento, rappresenta una grave lacuna. Resta infine da chiarire come saranno distribuiti in modo trasparente e non discriminatorio i fondi pubblicitari statali.
Tra le raccomandazioni del rapporto per i prossimi anni, si suggerisce all’UE di ricorrere a finanziamenti diretti e indipendenti dagli Stati Membri. Finanziamenti di questo tipo andrebbero destinati a “media e altre organizzazioni della società civile che sono fondamentali per la libertà e il pluralismo dei media, la libertà di espressione e il funzionamento della democrazia”, oltre che ad “avvocati che difendono i diritti umani e progetti di sensibilizzazione”.
(Immagina anteprima: frame via YouTube)