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"Si vis pacem para bellum": un principio superato

Inviato da enzo de simone il
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La narrazione secondo cui per fare la pace bisogna prepararsi alla guerra — il celebre motto latino “Si vis pacem, para bellum” — non solo non corrisponde al vero, come la storia ci ha ampiamente dimostrato, ma impone a tutti i suoi fautori di moltiplicare armamenti e spese militari, sottraendo risorse al reale e concreto sviluppo del territorio e della società.

Forse, e anche qui non è mai stato davvero dimostrato, tale principio poteva avere una sua logica quando gli armamenti erano costituiti da "archi e frecce", o quando le guerre avevano l'obiettivo di occupare territori e sottomettere interi popoli. Ma oggi la situazione è radicalmente diversa.


La guerra moderna è irrealizzabile

Pensare di vedere un accampamento di soldati russi a Lisbona o sul lungomare di Salerno è fantascienza, se non addirittura ridicolo. Oggi nessun esercito può realisticamente sottomettere altri popoli o nazioni con l’uso delle armi, né controllarne stabilmente il territorio attraverso “legioni” o avamposti militari.

Questo per diverse ragioni:

  • Non esistono più le risorse umane necessarie per operazioni su vasta scala.

  • Tali operazioni sarebbero ingestibili, sia sul fronte esterno che su quello interno.

  • In molti casi, più che una bomba atomica, basterebbero azioni di guerriglia per sabotare qualunque tentativo d’invasione o occupazione.


Il caso Ucraina: annessione, non conquista

Lo sa bene anche Vladimir Putin. L’obiettivo della Russia non è conquistare tutta l’Ucraina, ma annettere i territori russofoni — per lingua e cultura — che una frettolosa e miope spartizione post-sovietica ha assegnato all’Ucraina, spesso in contrasto con la volontà delle popolazioni locali.

L’invasione russa, infatti, riesce (almeno in parte) solo in queste aree, dove l’esercito trova l’appoggio delle comunità locali. Altrove, il progetto fallisce.


Il caso Palestina: colonialismo, non pacificazione

Diverso è il caso della Palestina, dove Israele non ha né radici storiche solide né affinità culturali con la popolazione autoctona. Qui l’occupazione non funziona: si tenta di sostituire le popolazioni locali con “coloni” israeliani, attraverso vere e proprie operazioni di pulizia etnica e sostituzione culturale, sociale e fisica.

Quando la sostituzione non basta, si passa a metodi ancora più estremi:

  • Genocidio fisico, con l’uccisione indiscriminata di migliaia di civili.

  • Genocidio culturale, come la proposta dell’ex presidente USA Donald Trump (alleato di Israele) di spostare interi popoli per “risolvere il problema”, immaginando una Palestina senza palestinesi, sostituiti da colonie e resort.


Le armi oggi: solo distruzione

In questo scenario globale, appare chiaro che le armi — se un tempo potevano fungere da deterrente — oggi rappresentano una minaccia per la sopravvivenza stessa dell’umanità. I possessori di arsenali nucleari ne sono ben consapevoli: sanno che non potranno mai usarli senza provocare la distruzione totale del genere umano e del pianeta.


Serve un pacifismo attivo e intelligente

L’unica via possibile è quella di un pacifismo attivo e di un pragmatismo politico che metta al centro l’intelligenza, la cooperazione e la razionalità. È tempo di “far esplodere” la bomba del pacifismo, di attivare il cervello invece di cedere a reazioni “di pancia”, che nella storia umana hanno sempre portato solo miseria e distruzione.