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Il voto è un diritto, non un dovere

Submitted by enzo de simone on
non votare

In vista delle prossime elezioni regionali, torna puntuale la retorica del “voto utile”, un’espressione che da anni condiziona il dibattito pubblico e orienta scelte che spesso non rispecchiano la volontà reale dei cittadini. È quindi necessario recuperare un principio fondamentale: il voto è un diritto, non un obbligo morale né politico.

Il voto è un diritto, non un dovere

Nelle democrazie mature, il voto è uno degli strumenti con cui il cittadino esprime la propria volontà politica. Ma un diritto, per essere tale, deve poter essere esercitato liberamente e consapevolmente. Non è un rituale da compiere per forza, e non è una delega cieca a una delle opzioni imposte dal sistema politico.

Il vero dovere civico è contribuire al bene comune in modo critico e partecipato, con scelte consapevoli e non condizionate. Il voto è uno dei modi per farlo, ma certamente non l’unico. E non è nemmeno il più efficace quando l’offerta politica è costruita più per conservare il potere che per servire la collettività.

Ad ogni tornata elettorale rispunta puntuale lo slogan del “voto utile”. Una formula apparentemente razionale, ma che in realtà nasconde un’operazione semplice: spingere i cittadini a scegliere l’opzione considerata più forte, non quella che ritengono più giusta.

Il “voto utile” è utile soprattutto a chi ha già il potere e vuole conservarlo, non al cittadino. È una strategia che riduce la pluralità delle idee e favorisce un sistema bipolare artificiale dove la partecipazione si trasforma in una scelta obbligata.

La storia ci offre esempi emblematici su come scelte imposte dall’alto possano risultare comunque dannose a prescindere dall’opzione scelta. Il riferimento simbolico alla scelta tra “Gesù e Barabba” racconta proprio questo: la folla fu guidata verso due alternative che portavano entrambe a un esito negativo. E nell'urlo di chi disse “A morte Pilato!” si coglieva il rifiuto dell’intero meccanismo, non dei singoli nomi.

Con le elezioni regionali alle porte, anche in Campania assistiamo alla riproposizione di due grandi schieramenti costruiti più attorno a dinamiche di potere che attorno a veri progetti per il territorio. In questo scenario, la retorica del voto utile ricompare come uno strumento per legare l’elettore alla scelta “meno peggiore”.

Ma se nessuna delle proposte in campo rispecchia realmente i bisogni dei cittadini, perché dovremmo sentirci obbligati a scegliere comunque?

Il non-voto come scelta consapevole

Anche il non-voto, quando motivato da ragioni chiare e non da indifferenza, può essere una forma di partecipazione democratica. Può diventare un atto politico che afferma:

«Non mi riconosco nell’offerta politica proposta. Chiedo un cambiamento reale.»

Non è passività, ma una presa di posizione: un modo per dichiarare che il cittadino non accetta logiche costruite unicamente per catturare il potere. È l’equivalente moderno di quel simbolico “A morte Pilato!”, ovvero un rifiuto dell’intero schema di gioco imposto.

La democrazia non vive di voti numerici, ma di partecipazione consapevole. Non è la quantità delle schede nelle urne a determinare la qualità della vita pubblica, ma il grado di libertà e lucidità con cui i cittadini esercitano i propri diritti.

Il voto è un diritto. Il dovere è essere cittadini consapevoli.

E a volte, proprio per essere cittadini consapevoli, occorre avere il coraggio di non votare.