È approdata stamane a Porto Empedocle (Agrigento) e resterà in rada fino a domani, primo maggio, per la decima tappa del suo Tour Mediterraneo, l’Amerigo Vespucci, nave-scuola della marina militare italiana.
Ho un ricordo estremamente vivido di quando la visitai a Palermo circa sessant’anni fa, ragazzina, accompagnata da mio padre e dal mio fratellino (che sarebbe divenuto poi un rinomato comandante – civile, ovviamente – di barche d’epoca nelle regate storiche internazionali).
Rimasi incantata: la sua imponenza (4.300 tonnellate per 101 metri di lunghezza) spariva grazie alla leggiadria della sua struttura, un veliero a tre alberi a vele quadre, simile ad una falena poggiata sull’acqua ad ali appena appena dischiuse, il fasciame della chiglia a strie bianche e brunite e la prua ornata da una polena di legno dorato.
Penetrarvi ed essere iniziati alla vita quotidiana dell’equipaggio era come esplorare un mistero (anche per me che, diversamente dal fratello, mi rifiutavo di leggere Salgari e, se mai, più tardi avrei ambientato nel mio immaginario lì, tra stiva, ponte e cabine, le avventure di Corto Maltese).
Si narra un aneddoto del 1962: la portaerei statunitense Independence incrocia la rotta della nostra nave e ne chiede tramite un segnale luminoso l’identificazione; certificato che si tratta dell’Amerigo Vespucci, di rimando comunica “Siete la nave più bella del mondo”.
Oggi questo magnifico veliero solca tutti gli oceani e approda in tutti i continenti, avendo anche effettuato la circumnavigazione del globo. È la più antica nave in servizio della nostra marineria. Non reca più artiglieria a bordo, ma è pur sempre una nave militare…
Fu progettata come nave-scuola insieme alla gemella Cristoforo Colombo (consegnata ai russi dopo la nostra sconfitta nella seconda guerra mondiale) nel 1930, costruita a Castellamare di Stabia, varata nel ’31 e da allora in regolare servizio di attività addestrativa (tranne nel ’40). Attualmente dipende dall’Accademia Navale di Livorno e gira il mondo in tour dimostrativi (e, mi verrebbe da dire, di adescamento all’arruolamento volontario).
Ha cambiato motto tre volte: dal 1931 al ’46, “Per la Patria e il Re” (ahinoi!); dal 1946 al ’78, “Saldi nella furia dei venti e degli eventi” (rima o cacofonia? decidete un po’ voi…) e dal ’78 a oggi: “Non chi comincia ma quel che persevera” (attribuito a Leonardo… mah…).
A bordo si apprende, ad ogni modo, come su ogni altra imbarcazione, una convivenza quotidiana entro spazi ristretti, da condividere pur nelle differenti abitudini, convinzioni, predilezioni; si affrontano difficoltà d’ogni sorta, dalle tempeste in mare ai conflitti interpersonali; ci si educa anche alla fatica fisica (sulla nave-scuola le tecniche elettroniche ed informatiche sono deliberatamente ridotte al minimo).
Mi chiedo allora cosa potrebbe diventare l’Amerigo Vespucci, veliero dei sogni e dei desideri per tantɘ giovanɘ, se, invece di essere destinata ad educare alla guerra, fosse vocata a insegnare la pace, l’accoglienza dei naufraghi, il soccorso dei dispersi, la costruzione di reti di comunicazione (penso ad Alarm Phone) e quant’altro necessario affinché il Mediterraneo smetta di essere il cimitero di una guerra pluridecennale, acerrima e non dichiarata contro “gli stranieri” e divenga tessuto di incontri fra persone e culture.