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Calabria, il monito dell’astensione: la crisi di rappresentanza che nessuno vuole ascoltare

Inviato da enzo de simone il
no voto

Le elezioni in Calabria hanno registrato un dato che, aldilà dei vincitori e dei vinti, risuona come un campanello d’allarme per l’intero sistema politico: un’affluenza del 43,14%, uno dei più bassi della storia repubblicana. Mentre le segreterie di partito si affannano a proclamare vittorie e a tracciare proiezioni nazionali, il messaggio più potente e pericoloso viene ignorato. È il grido di disperazione, o forse di disprezzo, di una maggioranza di cittadini che ha semplicemente smesso di credere nella politica.

Questo dato non è un incidente di percorso, ma il sintomo più evidente di una crisi organica di rappresentanza. La maggioranza della popolazione calabrese, e con essa ampie fasce del Paese, non si riconosce più in un sistema politico percepito come distante, autoreferenziale e sostanzialmente immutabile nel suo funzionamento clientelare.

L’Inganno della “Governabilità”

Il discorso pubblico dominante, anche in questa occasione, ha tentato di leggere l’esito calabrese attraverso la lente rassicurante del sostegno o meno all’operato del Governo. È un’operazione miope che svuota la democrazia del suo significato più profondo. Il vero, unico dato importante è il rifiuto del sistema in toto.

I partiti e le coalizioni, tutte, sembrano incapaci di offrire progetti credibili e di lungimiranza che vadano oltre l’orizzonte stretto della mera “governabilità”. Ma che cos’è questa governabilità nel sistema vigente? Spesso non è altro che l’affidamento del potere a clan, lobbies e segreterie di partito trasformate in comitati d’affari, entità che con le esigenze concrete della società civile hanno un rapporto sempre più tenue. È una macchina che si auto-alimenta, premiando l’appartenenza e l’obbedienza, non il merito e la proposta.

Le Conseguenze Pericolose del Silenzio

Continuare a ignorare o sottovalutare il dato astensionistico non è solo un errore di analisi; è un rischio concreto per la tenuta democratica. La natura aborre il vuoto, e così la politica. Quando i canali ufficiali di partecipazione si occludono, l’energia civica e la frustrazione popolare trovano altre vie di sfogo.

Da un lato, potremmo assistere allo sviluppo di forme diverse di partecipazione “dal basso” – comitati civici, movimenti spontanei, proteste diffuse – che, se da un lato sono segno di vitalità, dall’altro rischiano di essere frammentate e inefficaci nel confronto con un sistema oligarchico e strutturato.

Dall’altro lato, e questo è il pericolo maggiore, il vuoto di rappresentanza può essere riempito da pericolose risposte anti-sistema. Non intese come sane critiche all’establishment, ma come reazioni viscerali, populiste e demagogiche, fondate sulla rabbia e sulla distruzione più che sulla costruzione di alternative credibili. Sono risposte di reazione, non di proposta, che minano alle basi il patto sociale.

Un Monito anche per l’Opposizione

Questo voto (o non-voto) calabrese è un messaggio chiarissimo anche per le opposizioni. La gente non ha bisogno solo di critiche al governo in carica; ha bisogno di proposte chiare, credibili e, soprattutto, non tradibili. C’è una sfiducia radicata, un’aspettativa delusa sistematicamente: il programma presentato in campagna elettorale viene troppo spesso abbandonato una volta raggiunto il potere. Questa pratica ha eroso il fondamento stesso del rapporto di rappresentanza.

La Via d’Uscita: Riformare per Partecipare

La questione di fondo, ormai urgente e non più eludibile, è quella della modifica delle leggi elettorali a tutti i livelli. Il sistema attuale, in nome di una “presunta governabilità”, toglie ogni possibile reale partecipazione e dibattito. Schiaccia la politica sulla competizione tra pochi notabili, svuota i collegi di significato e impedisce un reale radicamento dei rappresentanti nel territorio.

Serve una riforma che restituisca il voto come strumento di scelta e non di delega in bianco; che ripristini il legame diretto tra eletto ed elettore; che favorisca il dibattito delle idee sulla selezione delle cricche.

La Calabria ci ha mostrato uno specchio impietoso. Sta a tutto l’arco politico, maggioranza e opposizione, decidere se guardarci dentro e agire, o voltarsi dall’altra parte, aspettando che il malessere si trasformi in qualcosa di molto più pericoloso e incontrollabile. L’astensionismo non è un problema di chi non vota. È un problema di chi, quel voto, non è più in grado di meritarlo.