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Seminare memoria per raccogliere libertà. Un luogo chiamato Pinelli

Si è aperta una sottoscrizione di firme in appoggio alla richiesta, che verrà depositata in Comune a Castelfiorentino (FI) come F.A.I. per intitolare a Pino Pinelli una via, piazza o giardini, nell’area dell’ex Montecatini, una volta ristrutturata e riconsegnata alla fruibilità e al tempo libero della cittadinanza, o una via nel centro città nella parte storica.

UNA TERRA SENZA CONFINI…era forse questo il sogno più grande di Giuseppe Pinelli, detto Pino, il ferroviere anarchico che lottava per un mondo migliore, prima di trovarsi vittima innocente di un complotto criminale che toglierà la vita a lui, alle 17 vittime della strage terroristica di piazza Fontana il 12 dicembre 1969 che getterà l’intero Paese nel lutto e nella disperazione. Nato a Milano nel quartiere operaio di Porta Ticinese il 21 ottobre 1928, Pino molto presto fu costretto a lasciare la scuola per aiutare economicamente la famiglia ma senza tralasciare mai la lettura e lo studio, autodidatta attento e curioso. Si avvicinò giovanissimo al pensiero anarchico leggendo gli scritti di Malatesta e Bakunin e giovanissimo iniziò la sua attività politica partecipando alla Resistenza, come giovane staffetta partigiana nella brigata anarchica “Franco”. A 15 anni è uno dei più giovani partigiani della brigata comunista anarchica “Bruzzi-Malatesta” che agisce nel milanese e fuori nelle valli vicine.    Esce dalla guerra con ideali rafforzati di pace e fratellanza che lo portano a frequentare un corso di esperanto, la lingua universale dei popoli, e lì conosce la giovane Licia Rognini che sposerà di lì a poco. Pino e Licia avranno due figlie Silvia e Claudia. Pino viene assunto in ferrovia con un concorso e nel ’68-’69, anni di fermenti sindacali e studenteschi, Pino svolge attività sindacale come ferroviere e attivista politico nelle sedi USI e del Circolo Anarchico.

Il movimento degli studenti, delle donne, dei lavoratori rivendica nelle strade i diritti negati da stato e governi. Si chiedono più diritti per tutti, si lotta per il diritto allo studio e a un sapere critico nelle università, si chiedono la riduzione dell’orario di lavoro, aumenti salariali, diritti sindacali nelle fabbriche grandi e piccole. A partire dai primi mesi del 1969 l’insubordinazione operaia e studentesca attraversa come un’onda tutta la penisola. L’onda della contestazione diventa particolarmente estesa e incontrollabile nelle aree operaie del centro-nord, e si allarga anche nel meridione.

Stampa e mass media del sistema fanno immediata eco al messaggio repressivo che si sviluppa contro operai e studenti con un chiaro richiamo ad un “presidenzialismo” contro tutte le forze di contestazione anarchiche e comuniste che “fomentano” studenti e operai contro il governo. La tematica degli “opposti estremismi” diventerà per molto tempo il cavallo di battaglia della Democrazia Cristiana e della repressione lanciato dal “messaggio” del Presidente della Repubblica Saragat ad un convegno dei conservatori riunitosi a Firenze contro la contestazione che non accetta il progresso e il suo costo: fatica, lavoro e dolore. Fu per fermare tutto questo che scoppieranno le bombe che insanguineranno l’Italia e che si collocano nel più ampio quadro della “strategia della tensione”. Venerdì 12 dicembre 1969 alle ore 16,37 una bomba ad alto potenziale esplode all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano. I morti saranno 17, i feriti più di 80. La questura indica subito gli anarchici come responsabili della strage. I giornali le fanno il coro. Anche Giuseppe Pinelli viene fermato e raggiungerà la questura in via Fatebenefratelli con il suo motorino, seguendo la macchina della polizia. Morirà nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 1969 nel corso di un interrogatorio con almeno cinque persone presenti nella stanza, precipitando o fatto precipitare da una finestra al quarto piano della questura di Milano dopo un fermo durato oltre i limiti di legge. Nessuna giustizia per la sua morte, che verrà archiviata frettolosamente come “suicidio”, insabbiando e coprendo i veri autori della strage i terroristi fascisti poi indagati    anni e anni dopo. Giuseppe Pinelli era innocente, cosi come innocenti erano gli anarchici che si faranno anni di galera con accuse infamanti come Pietro Valpreda e gli altri accusati. Oggi grazie alle indagini, alla controinformazione, iniziata subito dopo la strage, le carte trovate da coraggiosi avvocati e dopo molti processi svolti su Piazza Fontana, la “madre” di tutte le stragi successive, noi sappiamo, ma sapevamo da subito, che i responsabili furono i neo fascisti di Ordine Nuovo coperti e protetti da funzionari dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero degli Interni presenti anche in questura a Milano la notte che uccisero Pinelli gettandolo dalla finestra. Sappiamo che venne attuata nel nostro paese una “strategia della tensione” con l’impegno massiccio di apparati dello Stato e della Democrazia Cristiana che governava. Venne messo in pratica un piano reazionario e golpista consistente nell’impiego sempre più massiccio e violento delle forze di polizia, con l’uso strumentale dei gruppi neofascisti, l’intervento dei “corpi separati” (servizi segreti), l’utilizzo massiccio da parte della magistratura del codice fascista, il mai abolito codice Rocco, adatto a colpire la libertà di espressione e di associazione della sinistra rivoluzionaria. Si compiono attentati per far ricadere la responsabilità sui militanti e organizzazioni di sinistra e cosi creare un clima di tensione funzionale a reprimere con violenza e galera qualsiasi tipo di lotta e conflitto, sociale. Il disegno dello stato fallì perché i sinceri democratici, gli antifascisti, i cittadini capirono con una parte di coraggiosi giornalisti, lo scopo della “strategia delle bombe” e scesero in piazza anche per denunciare la morte di un uomo innocente, Pino Pinelli, morto nelle mani dello stato, entrato vivo nella questura di Milano e uscito morto. Oggi a 56 anni dalla sua morte non dimentichiamo Giuseppe Pinelli e con lui i 158 morti innocenti della stagione nera delle bombe fasciste e per questo, chiediamo al Comune di Castelfiorentino e alla sua Giunta di accogliere favorevolmente e condividere questa richiesta di dedicare a Castelfiorentino una via o piazza o giardino sia in città che nell’area ex Montecatini con questa descrizione:                                                                              GIUSEPPE “PINO” PINELLI partigiano ferroviere anarchico “

I cittadini che vorranno testimoniare e condividere questo progetto “UNA VIA PER PINELLI” possono firmare la petizione andando alla libreria “Libri & Persone” in via G. Garibaldi 17 a Castelfiorentino prima che venga depositata in Comune.

 

F.A.I Castelfiorentino

Alessio Latini

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