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La Danimarca verso l’indipendenza digitale: un passo concreto verso Linux e il software libero

tux danese

La Danimarca ha avviato un importante processo di migrazione verso soluzioni open source per la pubblica amministrazione, annunciando la sostituzione graduale di Microsoft Office e di altri software proprietari con alternative libere come LibreOffice, e in prospettiva, la sperimentazione di piattaforme basate su Linux. Una scelta che va ben oltre l’aspetto tecnico: è una decisione politica, economica e culturale che mette al centro il tema della sovranità digitale.

Secondo quanto dichiarato dal Ministero della Digitalizzazione danese (The Record), l’obiettivo è ridurre la dipendenza strategica da pochi fornitori esterni e garantire al Paese un maggiore controllo sulle infrastrutture digitali. Dopo anni di crescente centralizzazione su piattaforme cloud proprietarie come Office 365, la Danimarca ha deciso di invertire la tendenza e di esplorare modelli più sostenibili, aperti e trasparenti.

Tra le motivazioni principali:

  • Autonomia tecnologica: diminuire la dipendenza da software e infrastrutture straniere, spesso legate a giurisdizioni extraeuropee.

  • Risparmio economico: riduzione dei costi di licenza e maggiore investimento interno in competenze e sviluppo locale.

  • Standard aperti: garantire interoperabilità e trasparenza nei servizi pubblici.

  • Sicurezza e audit: possibilità di verificare il codice, correggere vulnerabilità e migliorare la protezione dei dati pubblici.

Il passaggio all’open source può generare un impatto diretto sull’economia nazionale. Le risorse finora destinate a licenze estere potranno essere reindirizzate verso aziende locali, startup e centri di ricerca impegnati nello sviluppo di soluzioni libere.

Per i cittadini, i vantaggi sono altrettanto significativi: maggiore trasparenza dei sistemi pubblici, partecipazione comunitaria allo sviluppo, riduzione del digital divide grazie all’uso di software gratuito e accessibile, e una migliore protezione dei dati personali.

La transizione non è priva di ostacoli. La compatibilità dei formati, la formazione del personale, il supporto tecnico e l’adattamento dei processi amministrativi sono sfide note. L’esperienza di altri paesi mostra che il successo dipende soprattutto da una strategia graduale e coordinata tra enti centrali e locali.

Un segnale forte per l’Europa

La scelta danese non è isolata. Anche altri Paesi europei stanno sperimentando o consolidando strategie analoghe:

  • Francia: l’amministrazione di Gendarmerie Nationale utilizza Linux (GendBuntu) e software libero da oltre un decennio.

  • Germania: Monaco di Baviera aveva adottato Linux con il progetto “LiMux”, poi temporaneamente sospeso per motivi politici e oggi in fase di revisione.

  • Spagna: la regione dell’Estremadura ha creato un intero ecosistema educativo su base Linux con il progetto “LinEx”.

  • Italia: diverse regioni (come Piemonte e Trentino) hanno introdotto linee guida per privilegiare il software libero nelle PA, e la normativa AgID stabilisce l’obbligo di valutare soluzioni open prima dell’acquisto di software proprietario.

In questo contesto, la decisione della Danimarca può agire da catalizzatore politico, dimostrando che la sovranità digitale non è un’utopia ma una necessità strategica per l’Europa. Ogni passo verso l’adozione di software libero significa maggiore resilienza, trasparenza e autonomia per i cittadini europei.

La migrazione danese è un segnale forte: l’indipendenza digitale passa anche attraverso la libertà del software. Il software libero non è solo una scelta etica, ma una condizione di democrazia tecnologica, che consente ai cittadini di conoscere, controllare e migliorare gli strumenti con cui ogni giorno interagiscono con lo Stato.

Forse, tra qualche anno, potremo dire che tutto è cominciato con un piccolo Paese del Nord Europa che ha deciso di dire no alla dipendenza tecnologica e alla libertà digitale.