Dal 2026 il 4 ottobre sarà festa nazionale per San Francesco, già giornata dedicata anche a Santa Caterina. Intanto, tra aule e uffici, la libertà di coscienza resta un principio teorico.
È ufficiale: dal prossimo anno l’Italia avrà una nuova festa nazionale.
Freniamo gli entusiasmi: non si tratta del 20 Settembre, la a noi cara data della Breccia di Porta Pia — festa nazionale laica, cancellata dallo Stato fascista e mai ripristinata — ma del 4 ottobre. Questo giorno sarà dedicato a San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia.
Ma le cose non sono state fatte “come Dio comanda”. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, infatti, ha promulgato la legge, ma ha dovuto però segnalare che il testo è scritto male: nello stesso giorno, infatti, la normativa vigente prevede anche la “solennità civile” per Santa Caterina da Siena, l’altra patrona d’Italia. Due santi in concorrenza, due ricorrenze diverse, due regimi giuridici incompatibili. E una certa confusione di fondo tra Stato e religione.
Mentre si discute in tv su come conciliare santi e calendario, la laicità si smarrisce nella vita quotidiana. In un ufficio romano (ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale), per inaugurare il nuovo progetto, un vescovo è stato invitato a benedire i locali ed esorcizzare il luogo di lavoro. Poco distante, in una scuola media, una bambina (sempre resta casuale il riferimento alla realtà di chi scrive) rimane in classe durante l’ora di religione cattolica: l’attività alternativa, prevista per legge, non è ancora stata attivata.
Due scene apparentemente marginali, ma che raccontano la stessa cosa: la difficoltà – o la deliberata mancanza di volontà – del Paese a tradurre in pratica la libertà di coscienza garantita dall’articolo 19 della Costituzione e il principio di laicità implicito negli articoli 3 e 33.
Il 4 ottobre sarà dunque festa nazionale.
Mentre il Parlamento e i talk show discutono se quel giorno debbano essere celebrati uno o due santi, il rispetto effettivo della laicità resta più teorico che reale: nelle aule, negli uffici e nella vita quotidiana, la neutralità dello Stato continua a essere spesso un principio sospeso tra legge e prassi, a scapito di chi di santi in Paradiso non ne ha nemmeno uno.
Irene Tartaglia
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