Schiavitù, Matrimonio, “Prezzo della Sposa”
Da quando si sono formati i governi, in altri termini il potere politico da parte di pochi di imporre la propria volontà a tutt*, alcuni esseri umani sono caduti sotto il controllo della volontà di altri, nelle forme generali che sono state impeccabilmente analizzate da Hegel nelle sue celebri pagine sulla Signoria e la Servitù. Oltre al dominio di classe, una di queste forme della gerarchia umana è stata il dominio del maschio sulla femmina e spesso anche su chi era portatore di interessi sessuali minoritari. Queste forme del dominio gerarchico si sono praticamente sempre intrecciate tra loro e l’esempio classico è quello tra la schiavitù ed il dominio del maschio sulla femmina. Una traccia di questo è nell’etimologia del termine “matrimonio”, come autorevolmente definito dall’Accademia della Crusca: “La parola italiana matrimonio continua la voce latina matrimonium, formata dal genitivo singolare di mater (ovvero matris) unito al suffisso –monium, collegato, in maniera trasparente, al sostantivo munus ‘dovere, compito’.”
Già messa in questi termini, diventa chiaro il modo in cui il matrimonio sia stato concepito sin dall’antichità storica come una imposizione alla maternità, come l’obbligo di dare figli al maschio. Rispetto all’Accademia della Crusca e di là della stretta etimologia, ci sembra interessante far notare che il sostantivo munus possiede una discreta somiglianza ed assonanza col termine latino moneta, denaro, il che ci porterebbe al meccanismo della dote: il “prezzo della sposa” che la famiglia della donna dava, in varie forme, allo sposo e/o alla sua famiglia. In pratica era un regalo ulteriore che la famiglia della sposa, riconosciuta quale proprietaria del fattore di riproduzione e sola fonte decisionale sulle sue sorti, faceva alla famiglia dello sposo, solitamente per costruire e/o rinsaldare le alleanze intrafamiliari.
Insomma, il legame originario tra schiavitù e matrimonio della donna è evidente ed è durato per millenni: non dobbiamo dimenticare – cosa che fanno in troppi – che la libera scelta della donna, il “matrimonio per amore”, è fenomeno recentissimo, così come il rifiuto della pedofilia e la mancata repressione delle forme di sessualità “non conformi”. Fenomeni, tra l’altro, non solo recentissimi ma nemmeno universalmente diffusi sul pianeta e che si sono andati gradatamente sviluppando a partire dall’Illuminismo radicale e, soprattutto, con la diffusione del movimento operaio e socialista con la sua specifica cultura a carattere egualitario. Su questo però torneremo più avanti.
Onorevoli Delitti
Il rapporto tra schiavitù e matrimonio è evidente poi anche nella legittimazione legale, durata millenni e scomparsa anche questa in tempi recentissimi, dell’omicidio dello schiavo o schiava e della sposa in vario modo “fuggitivi”. La logica di una tale legislazione è evidente: schiav* e/o spose sono proprietà di qualcun altro, che ha diritto di vita o di morte su di loro, un diritto che viene esercitato quando il proprietario è “offeso” nei suoi diritti di comando: uccidendo chi era fuggito ai suoi obblighi, l’uccisore riscatta il suo onore perduto nei confronti degli altri proprietari dominanti.
Anche questa forma di assassinio legalizzato è durata per millenni: proprietari di schiav* e singoli e/o famiglie “disonorate” avevano il diritto indiscusso di recuperare, tramite l’omicidio, l’onore perduto. Anche questa cosa è gradatamente, dall’Illuminismo e soprattutto dal movimento operaio e socialista, andata scomparendo, riducendosi dapprima ad una “attenuante” – il “delitto d’onore” – per poi essere abolito del tutto: in Italia è avvenuto nel 1981. In alcuni paesi del mondo esiste ancora.
In pratica, il cosiddetto “femminicidio” attuale può essere letto, da un lato, come la nostalgia verso un mondo passato, da un altro lato, come il persistere del senso di proprietà verso chi si considera tale la “propria” moglie o promessa. Spesso i maschilisti militanti (per capire cosa intendiamo con questo termine vedi https://pasionaria.it/maschilisti-web-maschilismo-sessismo) fanno riferimento al numero relativamente esiguo di femminicidi che ci sarebbero in Italia, allo scopo di negare l’aspetto di “emergenza sociale” del fenomeno. Il problema però è che anche un femminicidio al secolo sarebbe di troppo, non perché si insegue un impossibile numero zero di delitti, ma perché questo genere di assassinio indica la persistenza di una mentalità che, lasciata sviluppare, ci riporterebbe indietro a rapporti sociali che hanno prodotto, nei millenni, una scia di enormi sofferenze di cui il femminicidio è solo la punta di un iceberg.
Un’altra cosa che i maschilisti militanti fanno spesso notare è che non esistono esclusivamente i casi in cui un maschio uccide una femmina per i classici motivi che caratterizzano il femminicidio, ma anche i casi inversi, in cui per gli stessi motivi una femmina uccide un maschio, o una femmina una femmina, o un maschio un maschio e a questi casi non si dà copertura mediatica. Ovviamente, la cosa in sé è vera; il problema, a parte le proporzioni del fenomeno, è che tutti questi altri casi sono delle varianti del femminicidio, dove il senso di proprietà patriarcale del maschio sulla femmina si è manifestato all’inverso del solito o si è insinuato nelle relazioni omosessuali.
Conquiste e Ritorni Indietro
Altra cosa che i maschilisti militanti, nella loro retorica, affermano è che nei paesi occidentali il fenomeno non solo del femminicidio ma anche più in generale della discriminazione sessista nei confronti delle donne e degli omosessuali è pressoché scomparso e che le femministe dovrebbero interessarsi della condizione delle donne e degli omosessuali nelle nazioni in cui esso ancora effettivamente persiste. Accogliendo volentieri l’invito alla solidarietà internazionale tra sfruttat* e sottomess*, facciamo però notare loro che nell’Occidente liberale le conquiste di sfruttat* e sottomess* non sono state affatto creazione dei suoi valori ma della ribellione ad essi: le radici giudaico-cristiane sono nel pieno della tradizione nefanda che abbiamo precedentemente descritto – il fatto che il cristianesimo sia stato contrario alla schiavitù ed alla subordinazione di femmine e non conformi è una favola, diffusasi per altro in tempi recentissimi (per moltissimi secoli si è vantato del contrario). E a proposito del pensiero liberale cui spesso questi signori fanno riferimento, esso è stato fondato da un mercante di schiavi…
Le conquiste di proletari e individui d’ogni genere sono allora avvenute non grazie ai “valori occidentali” ma contro di essi. L’occidente liberale, per non dire delle sue derive autoritarie, ha risposto alle richieste di una maggiore uguaglianza e di diritti civili con le cannonate, la galera, la tortura e la morte per milioni di individui. A condurre queste battaglie e a subire la repressione sono stati individui d’ogni genere, animati da ideologie antioccidentali: l’Illuminismo prima, specialmente nelle sue correnti più radicali, poi e soprattutto il movimento operaio e socialista nelle sue componenti più avanzate.
Dalla fine delle Resistenze in poi, centinaia di milioni di persone hanno animato le piazze e le menti di tutto il mondo, portando a numerosissime conquiste in termini di eguaglianza politica e sociale nonché di libertà individuali. Purtroppo, dalla metà degli anni settanta del secolo scorso, la potenza di questi movimenti è andata scemando e, di conseguenza, tutte queste conquiste sono state gradatamente erose.
Dicevamo che il femminicidio non può essere letto solo in termini quantitativi, in quanto esso è il segnale dell’ennesima volontà di un ritorno al passato: un prossimo passo della restaurazione gerarchica potrebbe essere proprio la restaurazione, di diritto o di fatto, del delitto d’onore. Non si tratta, purtroppo, di un’esagerazione iperbolica: se torniamo indietro di qualche decina di anni, vedremo un’enorme quantità di diritti che si ritenevano oramai inalienabili spariti nel nulla e sostituiti da norme che si ritenevano oramai sepolte nel passato. Per restare all’intreccio tra dominio di classe e patriarcato, l’abolizione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori – è stato notato da pochi – ha significato anche la reintroduzione della possibilità del ricatto sessuale dei padroni verso i sottoposti.
Che Fare
La gerarchia politica e sociale, il dominio di alcuni esseri umani sugli altri, non ha mai abbandonato volontariamente la propria esistenza. Come diceva Errico Malatesta, “Gelosi dei loro interessi presenti ed immediati, corrosi dallo spirito di dominazione, paurosi dell’avvenire, essi, i privilegiati, sono, generalmente parlando, incapaci di uno slancio generoso, sono incapaci persino di una più larga concezione dei loro interessi. E sarebbe follia sperare che essi rinunzino volontariamente alla proprietà ed al potere, e si adattino ad essere gli eguali di coloro che oggi tengono sottoposti. Lasciando da parte l’esperienza storica (la quale dimostra che mai una classe privilegiata si è spogliata in tutto o in parte dei suoi privilegi, e mai un governo ha abbandonato il potere se non vi è stato obbligato dalla forza o dalla paura della forza), bastano i fatti contemporanei per convincere chiunque che la borghesia ed i governi intendono impiegare la forza materiale per difendersi, non solo contro l’espropriazione totale, ma anche contro le più piccole pretese popolari, e son pronti sempre alle più atroci persecuzioni, ai più sanguinosi massacri. Al popolo che vuole emanciparsi non resta altra via che quella di opporre la forza alla forza.” (Il Programma comunista anarchico).
Le conquiste che ha ottenuto la maggioranza dell’umanità e che oggi sono sempre più erose sono state il risultato della lotta di centinaia di milioni di persone che si sono rifiutate di continuare ad essere vittime ed hanno contrattaccato, in prima persona e senza fidarsi delle istituzioni. Ricordiamo come si è arrivati in Italia all’abolizione del delitto d’onore e, più in generale, di molte istanze patriarcali: i movimenti non facevano appello alle istituzioni, non si vittimizzavano, organizzavano azioni dirette come le ronde notturne femministe per garantire la libertà di vita e di desideri alle donne e alle persone non conformi, si scontravano in continuazione verbalmente (talvolta non solo verbalmente) in tutti i luoghi pubblici, nei luoghi di lavoro, nelle strutture scolastiche ed universitarie contro qualsiasi accenno di logica patriarcale.
Queste lotte hanno fatto sì che, gradatamente, la mentalità patriarcale venisse messa all’angolo e in buona parte impedita di esprimersi. Una cosa che si è dimenticato è che negli anni sessanta/settanta stupri e/o femminicidi erano appannaggio quasi esclusivamente di uomini appartenenti all’estrema destra – si pensi al caso eclatante del delitto del Circeo – o comunque simpatizzanti di essa, che vedevano in maniera più o meno cosciente nelle loro azioni una sorta di prassi di anticomunismo militante. Oggi che le loro idee si sono diffuse nella società ed esercitano un predominio ideologico, stupri e femminicidi sono tornati ad essere attuati e diffusi anche fuori dall’ambito di militanti e simpatizzanti nazifascisti.
Un tempo si diceva “socialismo o barbarie” e, in effetti, è così. Un nostro rinnovato coraggio e la ripresa del predominio ideologico è l’unica strada percorribile contro il femminicidio – e non solo contro di esso. Per una società definitivamente di liber* ed ugual*.
Enrico Voccia
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