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Milano: diritto alla casa e agli spazi sociali. Diario di un’estate di lotta

Dopo le mobilitazioni contro il Decreto Sicurezza, che tra le altre cose sanziona pesantemente chi occupa per necessità, c’è stata una forte ripresa di iniziative per rivendicare tale diritto. Il periodo estivo a Milano è stato particolarmente denso di mobilitazioni che ci sembra significativo ripercorrere.

3 luglio

Quella che si è svolta il 3 luglio è stata tra le più importanti manifestazioni, organizzata unitariamente dai sindacati degli inquilini fino alle aree sociali antagoniste più impegnate sulla tematica. Il corteo partito da piazzale Lodi con la partecipazione di circa 2mila persone ha attraversato l’intero quartiere popolare con striscioni, cartelli e slogan, riuscendo ad essere molto comunicativo attraverso interventi volanti e durante le fermate del corteo. Una manifestazione la cui riuscita e partecipazione ha sorpreso gli stessi organizzatori, segnando un punto di non ritorno nel percorso unitario delle iniziative e nei contenuti condivisi.

19 luglio

Nei pressi del quartiere Gola, dove ci sono molte famiglie e realtà occupanti di case popolari vuote, il 19 luglio è stata organizzata un’iniziativa in continuità con il percorso precedente, occupando una piscina lasciata in abbandono dal Comune, come molte altre sparse nella città, sottratte all’utenza popolare in prospettiva di una privatizzazione che sta già avvenendo, con conseguente innalzamento di prezzi speculativi. All’interno dell’iniziativa è stato organizzato anche un dibattito proprio sulle politiche di privatizzazione e di speculazioni edilizie che stanno peggiorando i rapporti sociali nei quartieri milanesi. In questa occasione ho portato la testimonianza dell’attività che stanno svolgendo sia lo Spazio Sociale Micene che il comitato San Siro città pubblica, con l’obiettivo di mantenere il vincolo territoriale del quartiere popolare per contrastare interventi speculativi e il processo di privatizzazione in atto in tutta la la città. Una tendenza dimostrata anche attualmente con la svendita dello Stadio comunale di San Siro alle società dell’Inter e del Milan, in funzione del suo abbattimento e ricostruzione a pochi passi; tutto ciò a spese del verde del Parco dei due Capitani, circondando tutta l’area con Centri Commerciali. Abbiamo messo in evidenza come la nostra attività stia contrastando una politica dell’amministrazione comunale che ha come conseguenza la cacciata dei ceti popolari dal quartiere, costruendo appartamenti di lusso per ricchi e abbiamo concluso ribadendo che “la casa è un diritto inalienabile che non può essere negato a nessuno. È nostro impegno quello di lottare in tutti i modi possibili, legali e non, fino a quando ad una sola persona sia garantito questo sacrosanto diritto”.

21 agosto e 6 settembre

In questa estate fitta di iniziative, accade che il 21 agosto il governo di destra mette in atto lo sgombero dello spazio sociale del Leoncavallo. Da qui la manifestazione di protesta del 6 settembre.

Lo sgombero del Leoncavallo ha sollevato a Milano, e non solo, molta mobilitazione e contemporaneamente molto dibattito. La scelta fatta dal governo di destra sicuramente non è stata determinata dalla pericolosità antagonista di questo centro sociale, quanto dalla sua notorietà. È stata quindi sostanzialmente una decisione utile per mandare un forte messaggio repressivo all’intero movimento antagonista. L’obiettivo rivendicativo della mobilitazione promossa dal Leoncavallo è stato quello di raggiungere un accordo con l’amministrazione comunale per la concessione di uno spazio legalizzato. Una prospettiva condivisa e sostenuta dal “campo largo” della politica.

In concomitanza, si è sviluppato soprattutto all’interno delle varie anime dei centri sociali un dibattito critico che, pur ritenendo necessario dare un’importante risposta al grave atto repressivo del governo di destra, e pur rispettando le scelte del percorso del Leoncavallo, sosteneva che la manifestazione di protesta del 6 settembre non poteva escludere le rivendicazioni dei percorsi antagonisti per la riappropriazione degli spazi sociali e autogestiti e per il diritto alla casa. Questo significa schierarsi apertamente anche contro le politiche di privatizzazione e speculazioni edilizie dell’amministrazione locale che sta trasformando Milano nella città dei ricchi e del lusso, con l’espulsione della parte più povera e della classe lavoratrice. Come conseguenza di tale orientamento le aree sociali antagoniste avevano deciso di darsi come punto di aggregazione per la manifestazione del 6 settembre il piazzale davanti alla Stazione centrale, da dove è partito un corteo con migliaia di manifestanti con striscioni, slogan e interventi che rivendicavano il diritto all’abitare e alla riappropriazione di spazi. Lungo il percorso, il corteo si è fermato per protestare davanti a palazzi abusivi e al Pirellino in costruzione, dove sono stati appesi striscioni di denuncia. Poi, come concordato, c’è stato un ricongiungimento al corteo generale, con concentramento ai Bastioni di Porta Venezia, proseguendo nel percorso in tutto il centro della città. Arrivati a piazza Fontana, dove era stato concordato la fine del corteo, la pressione dei manifestanti è stata tale che la polizia è stata costretta a far passare il corteo nella piazza del Duomo. Per chi ha fatto l’intero percorso dei due cortei, sono state 6 ore di manifestazione; 20mila partecipanti secondo le stime ufficiali, ma la lunghezza del corteo e la presenza nella piazza di arrivo è stata valutata in almeno 50mila.

15 settembre

Nel pomeriggio di lunedì 15 settembre è stato organizzato dai sindacati degli inquilini e dai comitati di lotta nei quartieri un presidio di protesta in piazza della Scala, sotto il palazzo comunale, per il diritto all’abitare, contro gli sfratti, contro l’espulsione degli strati  popolari, dei lavoratori e delle lavoratrici, per l’assegnazione delle case vuote, per la sanatoria delle case occupate, contro le politiche di privatizzazione e di speculazione edilizia dell’amministrazione comunale, tra l’altro sotto inchiesta per abusivismo.

Il mio intervento, insieme al comitato “San Siro città pubblica”, si è basato sostanzialmente su tre punti:

la casa, è un diritto che deve essere garantito a tutti, per cui le leggi che non lo rispettano non vanno rispettate, perché sono inumane e incivili; i giudici che sentenziano uno sfratto senza alcuna alternativa, lasciando intere famiglie in mezzo alla strada, e la forza pubblica che lo esegue compiono atti di criminalità sociale; va denunciato che le case popolari vengono vendute ai privati, che soprattutto a Milano ci sono 15 mila abitazioni popolari mantenute vuote (600 solo nel quartiere di San Siro), mentre c’è chi aspetta da anni l’assegnazione: questo è un furto di sottrazione di beni pubblici. Un componente del comitato San Siro città Pubblica ha fatto inoltre presente la recente sentenza del giudice della Corte di appello di Torino che ha assolto 13 attivisti dal reato di occupazione della casa cantoniera di Oulix, utilizzata per l’accoglienza dei migranti in transito, in quanto il “reato è giustificato dallo stato di necessità”. Una sentenza significativa, che mette in evidenza come le mobilitazioni e le lotte dal basso possano incidere anche nell’interpretazione delle leggi stesse.

Fine settembre

Ed arriviamo a questo inizio di autunno. È di pochi giorni fa un’altra notizia grave e preoccupante. Dopo lo sgombero del Leoncavallo è stato annunciato lo sgombero del Centro Sociale “La Fornace” di Rho, una cittadina dell’hinterland milanese. Si tratta di uno stabile dell’ENI che era abbandonato, occupato da anni e trasformato in un luogo di socialità, di cultura, di solidarietà e di impegno sociale. Le mobilitazioni a difesa dello spazio sono già partite. Terremo informati sulla vicenda.

 

Enrico Moroni

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