La fiaccolata del 24 aprile a Torino è stata raccontata dei media locali (ed anche da alcuni nazionali) concentrandosi sui due episodi di tensione che si sono svolti all’inizio ed alla fine del corteo, come se la serata potesse essere ridotta a quei dieci minuti di scontro.
Alla fiaccolata ero presente, ma molto lontano da quei due episodi e tra me e quegli scontri c’erano migliaia di persone. Mi sono domandato se potessi scrivere qualcosa su quella serata visto che non avevo testimonianza diretta di quelli che universalmente sono stati considerati gli eventi “fondamentali” e qui mi sono posto una questione deontologica: la manifestazione del 24 aprile era quella a cui ho partecipato io, piena di gente persino più dell’anno scorso, o quella raccontata dai giornali?
Sono convinto che, nel mio andare avanti ed indietro per il corteo, ho colto meglio lo spirito di chi era in piazza anche se mi sono perso la testa (che è arrivata in piazza prima che potessi arrivarci io), gli interventi dal palco e quei due minuti di tensione tra manifestanti e forze dell’ordine.
Il corteo è partito verso le 20 da piazza Arbarello. Suppongo che la testa sia arrivata a destinazione verso le 21; suppongo perché la coda del corteo è arrivata a destinazione dopo le 22 e la gente in fondo ha avuto lo spazio di stare in piazza solo perché chi è arrivato prima stava già tornando a casa ed alcuni gruppi si sono spostati in piazza Palazzo di Città.
Quest’anno si celebrava l’ottantesimo anniversario del 25 aprile 1945; gran parte dei testimoni diretti di quella straordinaria stagione ci stanno lasciando e l’infinita documentazione disponibile di quegli anni[1] ha una potenza immensamente minore della testimonianza diretta, lasciando spazio alla revisione ed alla riedizione aggiornata di quelle idee per cui i partigiani hanno deciso di cominciare la resistenza.
Ho attraversato il corteo per tutto il suo percorso, in ogni caso non sono riuscito a vederne l’inizio ed essenzialmente quando sono arrivato in piazza Castello ho percorso soltanto quello che viene chiamato lo spezzone sociale che comunque considero più vitale perché guardo con interesse tutti coloro che cercano di attualizzare la resistenza dandogli nuove gambe e nuove teste, facendo breccia nelle coscienze dei giovani che, biograficamente, sono così lontani dalla Resistenza “originale”.
Ammirevole da questo punto di vista il lavoro che diversi circoli ANPI stanno facendo localmente.
Altri gruppi si ispirano agli ideali della resistenza trasportandoli negli scenari contemporanei; la situazione a Gaza ed in Cisgiordania si presta molto a questa attualizzazione per il parallelo tra “popoli che resistono e che scrivono la storia” ed infatti lo spezzone di Torino per Gaza era tra i più partecipati e le bandiere palestinesi numerosissime.
Altra tematica presente nello spezzone sociale è quella della resistenza alla guerra ed al neo-militarismo europeo secondo il concetto che i partigiani hanno combattuto per cacciare fascismi e guerra al di fuori della storia e per evitare ai loro figli e nipoti di dover combattere ancora; in questo inquadramento hanno trovato spazio nel corteo tante bandiere della pace e altrettanti riferimenti negli striscioni.
Tutte queste istanze trovano difficoltà a trovare spazi di espressione e rappresentatività nelle istituzioni e nei media, le cui belle e condivisibili parole spesso non corrispondono ad atti coerenti; da qui nasce il desiderio di alcuni di “occupare” il palco e gli scontri con le forze dell’ordine.












[1] A Torino esiste il Museo diffuso della resistenza, che consiglio a tutti di visitare, in cui si cerca di rendere vivo questo ricordo con tutto i mezzi multimediali oggi disponibili (foto, video, audio)