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Ancona: altri frammenti dal 25 aprile

Il fatto che il 25 aprile quest’anno sia caduto di venerdì è stato un grande vantaggio: il tornare a lavorare poche ore dopo momenti così intensi, che si sono ripetuti in tante città e paesi, non avrebbe permesso di assorbire, assimilare, tutte le energie che questa giornata ha prodotto. Invece si sono susseguiti racconti, video, commenti, aneddoti che hanno fatto sentire uniti tutti e tutte coloro che vi hanno partecipato. Molte le belle immagini, ma diverse anche le scene di proibizione, di intimidazione, tese a frenare, spaventare, chi si schiera pubblicamente con la lotta partigiana e con la più recente resistenza palestinese.

Così , avendo visto a Milano il famoso striscione Gkn, INSORGIAMO, chiedo al mio amico toscano Snupo – di cui avete già letto I lavoratori della GKN non si fermano, neppure a Ferragosto  – se davvero era “quello loro”. Snupo mi racconta che erano sparsi per l’Italia, alcuni a Milano, lui invece era a Bologna dove è intervenuto dal palco.

Mi gira anche il messaggio ricevuto da un suo amico, tranquillo e di una certa età, che vive ad Ancona. Eccolo.

“Ho passato la giornata a sbollire la rabbia, ora provo a dire qualcosa sul 25 aprile che ho vissuto oggi ad Ancona.

Stamattina, come ogni anno, sono andato alla manifestazione per la liberazione dell’Italia dal nazifascimo. Arrivato nei pressi del monumento ai caduti, alcuni agenti della polizia in borghese mi fermano e mi chiedono i documenti per un’identificazione. Io chiedo il motivo di questa identificazione, il poliziotto mi risponde che è un controllo di routine a campione. Altre persone hanno oltrepassato il posto di blocco senza problemi, poi altri che, come me, indossavano la kefiah, sono stati fermati e identificati. Ho richiesto il motivo di quel fermo, l’identificazione è durata per più di mezz’ora.

Il poliziotto mi ha domandato: “Voi che intenzioni avete? ” Gli ho chiesto per quale motivo parlasse con me usando il Voi, visto che ero lì da solo, con la massima tranquillità. Lui ha continuato a ripetere che voleva sapere cosa volevamo fare in quella manifestazione.

Gli ho risposto che volevo semplicemente partecipare e festeggiare la liberazione dell’Italia dal fascismo come faccio sin da quando ero un bambino e gli ho chiesto se è diventato un reato.

Gli ho chiesto anche perché continuava ad usare il Voi quando io posso solo rispondere a titolo personale. Nel frattempo altre persone sono state fermate e identificate, ripeto senza alcun motivo, se non quello di indossare una kefiah.

Ci hanno tenuto lì con i documenti in loro mano per più di mezz’ora. Se l’obiettivo era smorzare la protesta hanno ottenuto esattamente il contrario. Le persone bloccate, sorprese per quel trattamento, hanno risposto da persone civili e pacifiche a questa che voglio considerare, se non provocazione, di sicuro un’intimidazione.

Sono amareggiato e molto arrabbiato. Vado alla manifestazione della liberazione dal fascismo da quando mi ci portava mio nonno da bambino, mai avrei voluto vedere quello che ho visto e subito oggi.

Mai avrei potuto immaginare che partecipare alla festa di liberazione potesse diventare un pericolo, o un fatto meritevole di un’identificazione dalla polizia.

Sono amareggiato, arrabbiato e soprattutto preoccupato. Il clima sta diventando sempre più caldo e il fascismo, che non è mai morto, se per molti anni è stato strisciante, ora è talmente palese che ogni ulteriore silenzio o indifferenza rischia di farlo diventare incontrollabile.

Claudio Paolinelli”

Ma Snupo mi manda anche quello che lui gli ha risposto; credo che siano importanti anche queste parole e le aggiungo:

“Caro Claudio, quello che stanno facendo gli sta ricadendo addosso. Come ho detto ieri a Bologna, nel secondo discorso fatto alla Bolognina, noi siamo già la maggioranza.

Ci manca solo la cosa principale, ovverosia riscoprire cosa vuol dire essere compagni e compagne o, se uno preferisce, fratelli e sorelle appartenenti ad un’unica famiglia umana.
Ci vuole amorevolezza, assenza di settarismo, ascolto, coerenza tra il dire e il fare e convergenza.

Se andremo in quella direzione empatica che nasce da una visione profonda della vita, niente ci può fermare.

È una direzione che comporta un salto quantico della nostra visione, giusto per non rimanere nel troppo abbaiare che spesso nasce più da frustrazioni che da un vero desiderio di portare bellezza in questa società malata, dove troppo spesso, almeno in occidente, si muore più di solitudine che di fame.

Sono sicuro che mi comprendi…

Ti mando un abbraccione grande!

Stiamo alti nella vittoria che nasce dal riempire ogni attimo di bellezza e gioia!”

Andrea De Lotto

4 giorni 19 ore ago