Ci sono persone nelle quali la vita e l’opera costituiscono un inseparabile intreccio. Questo legame tra attività quotidiana e dimensione sociale è un tratto fondamentale che caratterizza le esperienze e le scelte di Danilo Dolci, raccontate nel libro “Danilo Dolci, una rivoluzione nonviolenta”, che Giuseppe Barone ha presentato nel terzo incontro di EireneFest a Bergamo. Dolci è una personalità poliedrica: un poeta creativo, un comunicatore maieutico, un cittadino radicato nella Costituzione, un testimone della lotta contro le mafie, un innovatore profetico. E tutti questi aspetti di connettono e si alimentano tra loro.
Per Dolci la poesia (dal verbo “poieo”) significa fare, inventare, comporre, creare. È l’impulso che ci spinge ad essere cittadini attivi. In una delle ultime poesie, racconta di “splendenti arance scivolare dai camion al macero. Ma non basta saperlo. Che si fa?”. La comunicazione non unidirezionale è un metodo e un obiettivo irrinunciabile. Non basta trasmettere, bisogna comunicare reciprocamente. Le iniziative di protesta (dal digiuno allo sciopero alla rovescia) sono sempre guidate da una consapevolezza dei diritti “costituzionali” e puntano sempre ad un cambiamento concreto. Dei politici collusi con i mafiosi fa nomi e cognomi, perché altrimenti la lotta alla mafia è soltanto “letteratura”. Dolci ha uno sguardo presbite, vede oltre l’orizzonte: a chi obietta che la nonviolenza non ha portato a cambiamenti strutturali, risponde con la necessità di sperimentazioni per “promuovere una nuova storia”.
L’incontro è stato coordinato da Rocco Artifoni, responsabile comunicazione del Coordinamento provinciale di Libera a Bergamo.