La nostra Europa – ed. Raffaello Cortina
La sicurezza, valore fondante della “nuova” Europa
La sicurezza sarà un valore centrale per comprendere il destino dell’Europa. L’affermazione non proviene, come sarebbe facile pensare, dagli ambienti militari e strategici, né da quelli ingegneristici, oggi sempre più coinvolti nella delicata della difesa degli asset digitali, ma da un brillante pamphlet scritto da “due maestri del nostri tempo”. Edgar Morin, sociologo francese che ha superato con straordinaria lucidità la soglia dei cento anni, massimo teorico della complessità, e Mauro Ceruti, Professore Emerito di Filosofia della Scienza, Direttore del CRiSiCo (Centro di Ricerca sui Sistemi Complessi dell’Università IULM, di Milano) Premio Nonino. Le debolezze dell’Europa sono da “curare”, scrivono gli autori, l’aggressività del fronte sovranista, la necessità di un nuovo paradigma indirizzato a governare la potenza tecnologica, va messa a punto se si vuole dare un futuro al continente che sta sperimentando il tremendo ritorno della guerra. Il saggio scritto con uno slancio e una passione inusuale – i cui autori sono europeisti per sensibilità e per cultura – mostra con chiarezza la profonda metamorfosi del concetto di sicurezza, un valore che non può essere affidato unicamente alla efficienza degli eserciti, reali o virtuali. È qualcosa di più: un termine polisemico, che assume mille volti e che dobbiamo saper coltivare, rilanciando il dialogo tra i popoli nella cornice di una nuova visione del potere e dei rapporti tra gli Stati. È la percezione del “comune destino” – insistono gli studiosi – che deve cambiare il modo di pensare l’Europa e la sicurezza come asset valoriale imprescindibile. Il destino non una parola che si rivolge al passato, ma deve partire dal futuro, segnando una profonda inversione di marcia.
Dall’età del ferro alla civiltà digitale
Nella Nostra Europa si parla di un’età età del ferro planetaria attraversata da tante crisi cicliche. La più grave è la crisi del pensiero, della civiltà, dei suoi valori e delle sue credenze, che stiamo vivendo. Serve un progetto per rinascere: altrimenti si rischia una catastrofe autodistruttiva. L’umanità deve porsi nella condizione di offrire, anche nel pericolo, gli esiti preziosi del suo umanesimo. “Dove cresce il pericolo, cresce ciò che salva”: la citazione del poeta tedesco Friedrich Holderlin, nella tessitura di un testo che si concede anche dei passaggi lirici, anche se sempre funzionali alla costruzione di una visione pragmatica di una Europa politica, fa percepire quanto importante sia la governance di un rischio che mette tutti nella stessa condizione di incertezza, quando non di precarietà esistenziale prima che economica e professionale.” Tocca a noi – spiega Ceruti – salvare l’Europa, sentendoci europei, ricordiamolo proprio a chi malamente governa le sue istituzioni, stringendoci nel sentimento di una comune appartenenza alla civiltà del diritto, della democrazia, della solidarietà, della sicurezza, della pace. “Cambiare o perire… L’improbabile è sempre possibile” mette in guardia lo studioso. Oggi quell’improbabile appare necessario se vogliamo avere “un futuro”. La riflessione sulla maturazione giuridica, al centro degli ultimi numeri della nostra rivista (in questo numero il focus è dedicato alla NIS2) si innesta – come fa notare molto bene Giusella Finocchiaro nella intervista che pubblichiamo – “in un contesto geopolitico globale perseguito dall’Unione europea che vuole porsi come leader nella produzione normativa, per far sì che il modello continentale divenga un riferimento globale e possa essere adottato nelle altre regioni del mondo”. È possibile che si voglia affermare una “sovranità digitale”, tema affrontato da Roberto Baldoni in un saggio recentemente pubblicato da Il Mulino. In ogni caso, sono passi importanti verso la costruzione della nuova Europa vagheggiata: non più debole e afona, preda delle paure del passato, iscritte nella memoria dei drammi di cui si è stata protagonista. Le guerre mondiali e l’olocausto sono tragici ricordi che ci appartengono. Perché, anche se viviamo nell’epoca degli imperialismi, della demagogia populista – fenomeni aggravati dalla recente, pericolosa riemersione del virus del nazionalismo – c’è un mondo che sta reagendo, che ha ripreso le sue lotte per l’emancipazione, per ritrovare quello equilibrio tra libertà, giustizia e sicurezza su cui si fonda la democrazia autentica.
Sicurezza e nuovi equilibri geopolitici
Perseguire la sicurezza nel dosaggio armonico di tutte queste componenti che abbiamo ricordato, significa fare un salto verso il superamento metanazionale, che realizzi pienamente il principio costitutivo dell’unità nella diversità. Unitas Multiplex, Edgar Morin non si stanca di ripeterlo quasi come un mantra, mentre si sofferma sui contenuti del libro, che vuol dire concepire le frontiere tra razze, popoli ed etnie, non come muri divisori, ma come argini porosi che ammettono, anzi si nutrono del dialogo, che accresce la sicurezza perché è la migliore valvola di sfogo di ogni tensione. Vista nell’ottica prismatica della complessità, che non è solo un indirizzo filosofico ed epistemologico, ma un fattore genetico che racconta come la vecchia Europa sia nata proprio dal conflitto, dalla eterogeneità, dalla sovrapposizione di fatti ed eventi drammatici, da cui è comunque scaturita la pagina radiosa dell’umanesimo e dell’illuminismo europeo, che ha gettato le basi dei diritti universali dell’individuo: frontiera mobile da difendere e definire ogni giorno. Alla luce di una disamina sulla contemporaneità densa di stimoli storici, letterari e filosofici c’è da chiedersi: il “tecnoumanesimo” da più parti invocato come ponte di collegamento tra le “due culture”, può essere interpretato come una missione civile, un progetto politico che può salvarci dai tanti rischi imminenti – crisi ecologica, guerre economiche e militari, tentazioni autocratiche, modelli di finanzcapitalismo – che rendono ancora più instabile e insicuro il quadro geopolitico? La sfida va affrontata senza sottrarsi, ed è quella di riconoscere, di ritrovare e di riannodare le vecchie funi sommerse, come le chiamava Predrag Matvejevic (intellettuale di Mostar grande conoscitore della Grecia classica e dell’Occidente autore di Mediterraneo n.d.r.), spesso rotte o strappate dall’intolleranza o dall’ignoranza o dai virulenti conflitti etnico-religiosi. Si stanno facendo strada i sovranismi, emergono fenomeni ibridi come la tech right fondata sullo stretto connubio tra ipertecnologia e iperprofitti che schiaccia le libertà dello stato di diritto, in questo contesto il deficit di democrazia va affrontato come un’autentica emergenza. Ripensare a un’adeguata governance della sicurezza implica un’azione strategica tesa a innovare anche le istituzioni. Per realizzare questa non facile prospettiva, le classi dirigenti dovranno dimostrare di saper guardare oltre la dimensione economica e quantitativa nella lettura dei fenomeni, per disporsi ad affrontare con coraggio problemi e bisogni reali della comunità planetaria.
Autore: Massimiliano Cannata
L'articolo La nostra Europa – di Edgar Morin, Mauro Ceruti proviene da Rivista Cybersecurity Trends.