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Perché Israele ha attaccato l’Iran

Per capire i motivi dietro gli attacchi aerei di giovedì notte di Israele in Iran, bisogna partire da un altro giorno di giugno, di oltre 40 anni fa, quando nacque la Dottrina Begin. Il 7 giugno 1981 alle 15.55, infatti, dalla base aerea di Etzion nel Sinai, decollarono 8 cacciabombardieri ognuno con una bomba ad alta penetrazione da 900kg e 6 caccia di scorta per compiere quella che venne chiamata in codice Operazione Babilonia.

La missione era distruggere il reattore nucleare iracheno Osiraq nel complesso di Al-Tuwaythah, a circa 20 km da Baghdad. Fin dalla metà degli anni ‘70, il regime baathista di Saddam Hussein aveva iniziato, con l’aiuto della Francia e in minima parte dell’Italia, a dotarsi di tecnologia nucleare, ufficialmente per scopi civili. Nel 1979 la CIA e altri servizi segreti tra cui il Mossad, dalla valutazione tecnica complessiva rispetto agli utilizzi “civili” dichairati, conclusero che gli scopi erano militari.

Alla notizia che la centrale stava per diventare operativa entro poche settimane, nel maggio 1981, Israele decise di intervenire. Dopo un volo di 1100 km e un attacco di 2 minuti, gli aerei israeliani erano di ritorno dopo aver distrutto i due reattori nucleari iracheni.

La Dottrina Begin

Alle ore venti di quello stesso 7 giugno venne convocata una conferenza stampa, e l’allora Primo Ministro Menachem Begin, il primo di destra dalla fondazione dello Stato di Israele, dichiarò: “Proclamiamo una nuova dottrina di difesa. Non tollereremo l’acquisizione di armi nucleari da parte di alcuno Stato arabo, né permetteremo agli arabi di sviluppare capacità nucleari. Difenderemo i cittadini di Israele per tempo, e con tutti i mezzi a nostra disposizione”

Nasce così la Dottrina Begin che, edulcorata dai toni di Menachem Begin, recita: "Israele non permetterà che un paese ostile nella regione si doti di armi nucleari, e agirà preventivamente per impedire che ciò accada, anche unilateralmente e con l’uso della forza".

Da quel giorno la Dottrina Begin è stata applicata nel 2007 in Siria con la distruzione del Reattore di Al-Kibar e in Iran, a più riprese, con varie modalità, dal 2010 fino ad oggi. Si stima che siano state eliminate circa 10 persone tra cui almeno 5 fisici nucleari di primo piano e alcuni militari. Inoltre si ha notizia di alcuni sabotaggi all’impianto nucleare di Natanz: un incendio e un’esplosione nell’impianto di produzione di centrifughe, un blackout della rete elettrica che alimenta le centrifughe avanzate e un cyber attacco attraverso il malware Stuxnet che, alterando la rotazione delle centrifughe, le distrugge. 

La "guerra sporca" tra Iran e Israele

La "guerra sporca" tra questi due paesi è una delle più lunghe dell’età contemporanea, ma affonda le sue radici in un conflitto ancora più profondo e radicato: quello tra sciismo e sunnismo wahhabita.

Si tratta di uno scontro teologico che, a partire dalla Rivoluzione khomeinista del 1979, si è trasformato in una vera e propria competizione per la leadership del mondo islamico in Medio Oriente, guidata dai due principali attori della regione: l’Iran, per lo sciismo, e l’Arabia Saudita per il sunnismo di matrice wahhabita.

Israele si presta perfettamente a essere indicato dall’Iran come un alleato dell’Occidente, proprio come i paesi sunniti del Golfo, e diventa quindi un bersaglio strategico contro cui contrapporre la propria visione anti-occidentale e rivoluzionaria, da estendere all’intera regione. A ciò si aggiunge con evidenza la sua parte di torti nel non arrivare ad un accordo di pace con i palestinesi da troppi anni.

Per Israele, dal suo lato, l’obiettivo strategico è sempre stato quello di contenere le ambizioni dell’Iran e, in particolare negli ultimi anni, impedire che Teheran acquisisca un arsenale nucleare come il suo. Un simile scenario creerebbe una forma di deterrenza reciproca, riducendo la superiorità strategica di Israele e ponendolo in una condizione di maggiore debolezza.

Dopo il 7 ottobre 2023 e il conflitto di Gaza che nel suo insensato e crdele prolungarsi ha visto la semi-distruzione della Striscia e la morte di decine di migliaia di civili, la valenza simbolica di Israele come nemico strategico dell’Iran si è ulteriormente accentuata.

Con i due attacchi iraniani a Israele ad aprile e ottobre 2024 e la risposta israeliana, si è iniziato a intravedere, e temere, un possibile salto di qualità nello scontro: dopo decenni una guerra ibrida e asimmetrica, condotta per procura, con finanziamenti a gruppi armati, omicidi mirati, disinformazione e cyberwarfare, si è arrivati infine al confronto diretto tra due eserciti.

Dopo decenni di programmi interrotti, trattative mai concluse, iniziative segrete, sanzioni ricevute e accordi instabili, a inizio 2025 l’Iran ha oltre 13.500 centrifughe per l’arricchimento dell’uranio attive. Parallelamente l’Agenzia internazionale per l'energia atomica stima una scorta di 275 kg di uranio arricchito al 60%

Con un ulteriore processo di arricchimento si può raggiungere quella soglia del 90% necessaria per costruire delle testate atomiche. In un paese che ha la capacità tecnologica di costruire dei missili balistici che, seppur arretrati, possono arrivare fino a Israele come si è visto negli attacchi del 2024.

I perché di Benjamin Netanyahu

Il tema della potenziale perdita di vantaggio strategico di Israele nell’area e la “Dottrina Begin” sono due elementi reali e concomitanti che qualsiasi premier israeliano avrebbe preso in considerazione.

A questo va aggiunta la consapevolezza nazionale che senza il supporto dell’Iran il massacro del 7 ottobre 2023 per mano di Hamas non sarebbe mai avvenuto così come il successivo attacco di Hezbollah e quello che ancora perdura seppur indebolito da parte degli Houti. È quella resa dei conti che non arriva inaspettata. Ma arriva in un paese guidato da un premier con sempre minori margini di manovra politica e personale, rimasto privo di consenso popolare a pochi mesi dalla sua elezione, capace di sopravvivere politicamente grazie a un ridotto consenso parlamentare.

Un Primo Ministro umiliato dagli scandali che da settimane con aria sempre meno altera va in tribunale a deporre a sua discolpa tra un impegno di governo ed un altro. Un politico disperato che pur di guadagnare qualche settimana reitera scelte politiche che penalizzano la maggioranza e avvantaggiano una ristretta élite. 

Nonostante la sua aria tracotante, Benjamin Netanyahu sarà probabilmente ricordato come un uomo travolto da sé stesso e dall’incapacità patologica di darsi una prospettiva oltre il perimetro delle proprie ambizioni e dei propri interessi. 

Immagine in anteprima: frame video BBC via YouTube

Fonte
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