Papa Francesco era “reazionario” (come scrive Cinzia Sciuto)? In diversi lo hanno sostenuto durante tutto il corso del suo pontificato, ma ora, proprio mentre nel rendergli omaggio esplode la mobilitazione di popolo e di leader, mondiali e no, questa accusa torna a farsi avanti con più insistenza. Le motivazioni sono sempre le stesse: non aver dato battaglia su questioni cosiddette “sensibili” (ma le altre non lo sono?) come aborto, fine vita, “gender”, omosessuali, divorziati, sacerdozio femminile. E poi, quella “frociaggine”, che Francesco però riferiva solo allo stile di vita ipocrita di molte gerarchie vaticane. Sono i temi dottrinali ricorrenti agitati dalla “destra” tradizionalista cattolica sui quali fin dall’inizio si erano concentrati i suoi avversari per metterlo in difficoltà. Su di essi le posizioni di Francesco non si sono discostate gran che da quelle dei suoi predecessori. Però Francesco non ha mai messo sotto accusa qualcuno (“chi sono io per giudicare?”), se non l’atroce volta in cui ha chiamato sicari i medici che praticano l’aborto. E i suoi atteggiamenti, soprattutto nei confronti di transgender e omosessuali, divorziati e professioniste del sesso, sono sempre stati di grande apertura, cosa che gli è stata sistematicamente rinfacciata dai suoi avversari.
E’ difficile dire se l’attitudine tradizionalista di Francesco su quei temi sia riconducibile a convinzioni maturate fin dal suo accesso al sacerdozio, o a mera diplomazia (in fin dei conti era un papa, il “capo di Stato” al governo di un nido di vipere). Ma su quei temi Francesco ha cercato il più possibile di eludere un confronto frontale con i suoi avversari, relegando tutto ai sinodi, per concentrarsi su quelli evangelici, che gli stavano a cuore: la povertà, i migranti (prima e insopprimibile difesa della vita che c’è), i carcerati, lo scarto (umano e non), l’ingiustizia, la pace e le guerre (altro tema che riguarda soprattutto la vita di chi le subisce), l’Islam (la religione di “infedeli” e “terroristi”), la santità del creato e di tutte le vite, anche quelle non umane (temi, questi ultimi, eminentemente francescani).
E’ questo l’universo di senso che ha spinto i suoi critici, ben più dei suoi avversari diretti, ad accusarlo di “populismo”: si tratta di temi che è facile menzionare nei discorsi, ma con cui è molto difficile confrontarsi nei fatti, se non con la testimonianza di uno stile di vita sobrio e con le tante missioni, nei più diversi ambiti, che hanno visto Francesco impegnato senza sosta.
Ma poi, quale populismo? Sembra quasi – e infatti è proprio così – che per non essere populisti, di questi temi non ci si debba proprio occupare. I problemi veri sarebbero altri: l’economia, lo sviluppo, la produttività, la crescita, il benessere, la “sicurezza”, ecc. Naturalmente la guerra, soprattutto quella in Ucraina (su quella in Palestina e sulle tante altre nel mondo meglio soprassedere), ha visto i fautori dell’alternativa tra “vittoria” e “resa” inorridire di fronte all’invito pressante di farle innanzitutto cessare. In realtà Francesco non ha fatto che mettere in luce le conseguenze disastrose, sia per gli esseri umani che per il creato, delle politiche che si vantano di non essere populiste.
La contrapposizione tra tematiche evangeliche e tematiche dottrinarie (molte delle quali ben poco interferiscono con lo scorrere dei giorni e della storia) ha finito per porre in ombra il contenuto teorico e pratico più innovativo, dirompente e rivoluzionario del pontificato di Francesco: l’aver spostato l’asse della visione del mondo dall’”uomo” (naturalmente maschio), cui la tradizione giudaico-cristiana assegna il dominio sulla Terra e sulle sue “risorse” (naturalmente economiche), al “creato”, evidenziando e santificando la continuità tra gli esseri umani e tutto il vivente, ivi compresa la Terra, il cui grido di dolore l’umanità non sa ascoltare; per questo non riesce ad ascoltare nemmeno il grido degli oppressi.
Questo snodo fondamentale – non si può provare né praticare compassione, misericordia e vera solidarietà per chi tra noi è oppresso e sfruttato se non si coltivano queste stesse passioni anche nei confronti della Terra, del “creato” – sembra essere sfuggito a molti di coloro che hanno visto in Francesco “solo” il difensore degli ultimi, o l’autorità che ha ufficializzato e accolto tra i temi rilevanti, sia per la religione che per i non credenti, “anche” l’ecologia, intesa come difesa dell’ambiente e lotta contro la crisi climatica. Ma è sfuggito, quel nodo, soprattutto ai critici che gli rinfacciano mancanza di dottrina, pressapochismo, faciloneria, incapacità di confrontarsi con le LORO problematiche, quelle che li tengono occupati. Non si sono accorti che in realtà Francesco ha cercato – ma non si sa quale ne sarà il seguito – di introdurre non solo nella religione cattolica, ma anche e soprattutto nella cultura e nella sensibilità del nostro tempo, un approccio alla realtà fondato sull’ecologia integrale. Cioè un approccio che costringe a trattare i problemi dell’umanità – e soprattutto della parte più povera e diseredata di essa – nell’indissolubile legame con le loro radici “terrestri”, con il rapporto che ciascuno di noi, e tutti insieme, intratteniamo con le basi materiali delle nostre esistenze, con il modo in cui ci relazioniamo con la vita che ci circonda. Quella da cui traiamo il nostro nutrimento, il nostro – relativo e molto differenziato – benessere, ma anche il senso della bellezza, componente ineludibile di un’esistenza sana (santa?) e base di ogni relazione positiva con i nostri simili. Come San Francesco aveva intuito e predicato.