Si è tenuto ieri a Palermo di fronte il palazzo della giunta regionale a piazza Indipendenza un presidio di lavoratrici e lavoratori di diversi settori (trasporti, industria, edilizia, scuola ed altri), al quale hanno partecipato anche gli studenti, il presidio delle donne per la pace e l’ANPI, per contestare la finanziaria regionale che, in linea con quanto imposto da Trump e accettato da Bruxelles e governo italiano, vorrebbe stanziare ingenti cifre ( si parla di oltre 250 milioni di euro) per spese militari.
Si intenderebbe potenziare gli aeroporti militari di Sigonella (Catania), Birgi (Trapani), ampliare l’impianto Muos di Niscemi (Caltanissetta) e convertire l’aeroporto civile di Comiso (Ragusa) in funzione militare, sottraendo queste cifre alla necessità di adeguare sanità scuola e trasporti al diritto ad una vita dignitosa per i Siciliani, da troppo tempo costretti ad una fruizione minimale e assolutamente insufficiente di tali servizi.
Importante sottolineare che questa mobilitazione è stata preparata da un’assemblea convocata il giorno prima dalla CGIL alla quale sono stati invitati il sindacalismo di base e le strutture di movimento segnando, secondo chi scrive, una svolta epocale nelle relazioni tra questi soggetti suffragata dalla necessità di convergere sull’obbiettivo prioritario per tutt3 di fermare il genocidio in Palestina, i venti di guerra in Europa, e non solo, e la corsa agli armamenti con il conseguente e ulteriore taglio dei servizi e dei salari.
In piazza tanti gli interventi a microfono aperto, dal segretario regionale della CGIL alla rappresentante degli studenti medi, dal coordinatore regionale della Confederazione Cobas alla rappresentante del presidio delle donne per la pace, a tanti e tante che hanno sottolineato proprio la necessità di connettere la tensione etica e morale che ha mobilitato milioni di persone contro il genocidio in Palestina alla necessaria quotidianità delle vertenze per il reddito, contro la privatizzazione dei servizi e in difesa dei territori.
La guerra e la corsa agli armamenti trovano spazio nel bombardamento mediatico che oggi vuole convincerci che produrre armi sia il modo migliore per superare la crisi e armarsi serva a mantenere la pace (Si vis pacem para bellum). Queste pericolosissime idiozie vanno smontate nelle piazze come nei luoghi di lavoro e nei territori, con la partecipazione, con il blocco della produzione e delle infrastrutture così come milioni di persone in tutta Italia hanno fatto il 22 settembre e il 3 ottobre.
La corsa agli armamenti determinerebbe nell’immediato un ulteriore impoverimento di una popolazione già fortemente provata da disoccupazione e continui tagli ai servizi pubblici e in prospettiva aumenterebbe i pericoli di guerra in un’area come quella del Mediterraneo, già carica di tensioni internazionali.
Buona la partecipazione, alcune centinaia di persone, considerando che l’iniziativa è stata organizzata in un paio di giorni e che in contemporanea era prevista un’assemblea ProPal alla quale comunque in parecchi ci siamo recati terminato il presidio.
Resta ovviamente la necessità, ma anche la volontà degli organizzatori e dei partecipanti, di dare seguito a questa iniziativa coinvolgendo più persone, strutture di movimento, associazioni per ricreare sulla scia di questa sacrosanta indignazione popolare, un rinnovato protagonismo del mondo del lavoro e della produzione sociale. Cambiare è possibile, lottare è necessario. SE NON ORA QUANDO?


