Ah, la classica storiella dell’uomo che, colmo di fierezza, annuncia la sua geniale vendetta contro la moglie: “Mi taglio il pene per non farla più godere!”. Una perla di saggezza popolare che abbiamo sempre considerato un assurdo paradossale, una barzelletta da osteria. E invece no: la realtà, si sa, supera spesso la fantasia, soprattutto quando si tratta di crudeltà mascherata da buon senso.
Ed ecco il capolavoro: la rimozione delle panchine davanti alla Chiesa del Carmine a Salerno. Un atto di eroica dedizione al bene comune, ovviamente. Perché permettere a pochi senzatetto di riposarsi, quando si può trasformare un luogo di aggregazione in un deserto urbano? Perché offrire un briciolo di dignità a chi non ha nulla, quando si può invece garantire loro l’esperienza sublime del selciato freddo e dell’indifferenza generale?
La gioia trionfante di chi ha celebrato l’operazione è commovente. Hanno raggiunto l’apice della soddisfazione: pur di “non far godere” qualcuno, si sono “tagliati” un pezzo di città, hanno rinunciato a panchine, ombra, umanità. E la richiesta di uno spazio attrezzato e vigilato, con il supporto dei Servizi Sociali? Ma figuriamoci! Che noia, risolvere i problemi quando si può invece eliminarne le tracce visibili.Perché mai affrontare le cause del disagio sociale quando puoi semplicemente rendere il disagio… più scomodo?
È il trionfo dell’urbanistica punitiva: se non vedi il problema, il problema non esiste. E intanto, l’unico godimento che resta è quello amaro di chi ha preferito mutilare lo spazio pubblico pur di non dover condividere un briciolo di umanità.