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Anarchismo e transfemminismo

In alcuni documenti presentati all’ultimo congresso della Federazione del gennaio scorso, e pubblicati su queste pagine, venivano affrontate le problematiche poste dai movimenti transfemministi e queer.

Con queste note vorrei riflettere su come l’anarchismo si pone di fronte a questi movimenti e sulle questioni che ne nascono sul piano teorico e strategico.

Come scrive il Gruppo Germinal di Trieste: “negli ultimi anni le questioni poste dai movimenti femministi, transfemministi e queer [hanno] finalmente messo il patriarcato al centro della critica

politico-sociale e delle lotte dei movimenti. Il patriarcato è uno dei principali strumenti di potere, oppressione e disciplinamento della struttura sociale, politica, economica che ci viene imposta come unica, naturale, giusta e connaturata con la stessa esistenza umana.”

Da parte sua, la Federazione Anarchica Torinese sostiene: “Concepire l’identità, ogni identità, come costruzione sociale, confine mobile tra inclusione ed esclusione, è un approdo teorico che si alimenta della rottura operata dal femminismo e dai movimenti lgbtqia+. La sfida è su più fronti. Sfida allo Stato (etico), al patriarcato reattivo e al capitalismo. Una sfida che non è mera astrazione o suggestione filosofica, ma si attua nel convergere delle lotte, delle prospettive e degli immaginari capaci di dar vita ad una prospettiva inedita. Il sommarsi di diverse cesure identitarie, che spesso coincidono con varie forme di esclusione, permette una contestazione permanente del privilegio nei confronti delle gerarchie di potere.” Questi dunque alcuni passaggi dei documenti presentati.

 

Ci troviamo di fronte a movimenti di massa di cui l’anarchismo non può disinteressarsi, sia perché hanno come obiettivo la distruzione dei rapporti sociali di dominio che assumono la forma del patriarcato e la critica dell’ideologia che ne deriva, sia perché questi movimenti tentano di costruire rapporti di solidarietà e di inclusione e di praticare l’azione diretta e l’autorganizzazione, pure tra molte difficoltà e contraddizioni. Ma non dobbiamo ovviamente ritenere che i movimenti transfemministi e queer si sviluppino in senso libertario spontaneamente, e tanto meno che mettano spontaneamente in discussione le istituzioni del dominio politico. Come in ogni altro movimento, è necessaria l’azione cosciente delle minoranze anarchiche, azione organizzata e orientata a dare un senso rivoluzionario a questi movimenti.

A questo proposito il Programma Anarchico ci fornisce indicazioni semplici e chiare: compito delle minoranze libertarie è adoperarsi affinché le masse popolari, o parti di esse, come ad esempio i movimenti di cui si parla, pretendano, impongano, prendano da sé tutti i miglioramenti, tutte le libertà che desiderano; non solo, le minoranze libertarie devono favorire tutte le lotte per le libertà parziali, convinte che nella lotta s’impara a lottare e che incominciando a gustare un po’ di libertà si finisce col volerla tutta. L’anarchismo sarà sempre con i movimenti, e quando non si riesca a far loro pretendere molto, bisogna cercare che almeno comincino a pretender qualche cosa: sollecitandoli ad apprendere, poco o molto che vogliano, a volerlo conquistare da sé, e tengano in odio ed in disprezzo chiunque sta o vuole andare al governo strumentalizzando i loro problemi e i loro obiettivi.

Il Programma Anarchico fornisce quindi gli strumenti di analisi e di strategia adeguati anche per un intervento all’interno dei movimenti che stanno scuotendo la struttura patriarcale della società. Questo Programma però risente di essere stato redatto alla fine del XIX secolo, e di aver ricevuto solo integrazioni marginali negli anni successivi. Da questo punto di vista, i termini usati ad esempio risentono della mancanza dei contributi portati dai movimenti alla critica del linguaggio negli anni successivi. Per chiarezza: non si tratta di sottoporre il nostro Programma ad un pinkwashing, ma di prendere posizione, come Federazione, contro l’azione di disciplinamento e di conservazione che anche il linguaggio svolge.

Per quanto riguarda il tema del patriarcato come elemento strutturale della società del dominio e il ruolo dei movimenti transfemministi e queer nella trasformazione in senso comunista e libertario della società: entrambi questi argomenti non sono espressamente presenti nel Programma; tuttavia, vi sono alcuni elementi che possono sollecitare uno sviluppo del dibattito anche rispetto a queste tematiche.

Il Programma Anarchico è alieno da ogni impostazione di determinismo economico nella formazione della attuale società. Nella descrizione che il Programma Anarchico fa dell’evoluzione che ha portato alla società attuale, due elementi sono fondamentali: innanzi tutto il surplus della produzione umana rispetto al fabbisogno immediato, che permette a parte della società di vivere alle spalle della maggioranza produttrice; l’altro è il rapporto tra vincitori e vinti, cioè il rapporto di dominio. Una base per sviluppare la riflessione dell’anarchismo di oggi, mettendo in evidenza che le divisioni sociali del lavoro, cioè quella tra lavoro manuale e lavoro materiale, quella tra città e campagna e quella in base al genere sono tutte rapporti di dominio. Le persone che si trovano ai poli opposti di questi rapporti di dominio costituiscono le classi, a cui il capitalismo dà forma di valore, ma che comunque lo precedono. In altre parole, il rapporto di genere è anch’esso una forma dei rapporti di dominio, cioè dei rapporti di classe. Un’elaborazione di questo genere, opportunamente articolata, avrebbe il pregio di evidenziare, come è detto nelle prime righe del Programma, che la cattiva organizzazione sociale è la causa della maggior parte delle sofferenze umane, di cui le questioni di genere sono un aspetto.

Molto importante è inoltre evidenziare come le questioni di genere non possano essere che aggravate da una qualsiasi politica dei governi. Quello che caratterizza l’anarchismo rispetto ad altre tendenze politiche riformiste e rivoluzionarie è la convinzione che non si possa “abolire il privilegio e stabilire solidamente e definitivamente la libertà e l’uguaglianza sociale se non abolendo il governo, non questo o quel governo, ma l’istituzione stessa del governo.” Questo concetto va affermato, ma va anche dimostrato rispetto ad ogni questione sollevata dai movimenti di massa, e quindi anche rispetto ai movimenti transfemministi e queer, per evitare che possa essere strumentalizzata da quelle forze che al governo ci vogliono andare. Questo tema ovviamente dovrà essere affrontato nella pratica all’interno del confronto continuo con la realtà sociale; ritengo comunque che una riflessione generale del movimento anarchico sia più che opportuna.

Per quanto riguarda il ruolo dei movimenti transfemministi e queer nella trasformazione sociale, credo che l’anarchismo debba ribadire l’impossibilità della liberazione delle soggettività all’interno della società del dominio. Questo non è un dato scontato, ma un risultato della critica anarchica della società, un concetto che l’anarchismo ha il compito di diffondere, un compito che solo l’anarchismo può adempiere. Per quanto le società autoritarie cerchino di ampliare la sfera dei diritti personali, questo allargamento è solo temporaneo. Prima o poi la spinta per una maggiore libertà e giustizia sociale delle masse, sia sul piano delle soggettività, sia su quello del reddito, sia su quello dell’ambiente o della guerra, si scontra con la volontà dei governi e delle classi privilegiate di ampliare il proprio dominio e i propri privilegi. In questo scontro i governi ricorrono sempre più alla violenza, sia contro la spinta delle masse popolari, sia l’uno contro gli altri per ragioni di supremazia internazionale. Questo ricorso alla violenza ha un effetto pratico, immediato, ma ne ha anche uno ideologico, rivitalizzando tutte quelle ideologie suprematiste, machiste, elitarie che hanno accompagnato l’uso della violenza.

Ogni ampliamento degli spazi per le libere soggettività nella società attuale è quindi transitorio, se non viene eliminato alla radice il rapporto di dominio, se non viene abolito il governo che di questo rapporto di dominio è il garante, disponendo del monopolio della violenza sociale. “Non questo o quel governo, ma l’idea stessa di governo”.

Le forme assunte dai tentativi di superamento del capitalismo messi in pratica dalle classi sfruttate nel secolo scorso sono tutte fallite, vuoi perché quei tentativi sono stati soffocati nel sangue dalla reazione internazionale, come avvenuto alla Rivoluzione Spagnola, vuoi perché degenerati e tornati progressivamente nell’alveo del capitalismo, come successo in Russia, in Cina, a Cuba.

L’anarchismo aveva previsto da tempo il pericolo rappresentato dai governi “rivoluzionari”, che avrebbero finito per soffocare la rivoluzione. Ma un elemento interessante per la nostra riflessione è dato dal carattere essenzialmente economico di queste rivoluzioni, che affidavano il superamento dei rapporti interpersonali di dominio ad una “forma superiore”. Applicando rigidamente la formula di Karl Marx, questi governi sono stati accomunati dalla convinzione che solo il rapido sviluppo delle forze produttive avrebbe portato alla distruzione dei rapporti di produzione borghesi e della sovrastruttura sociale e culturale che ne deriva. In quest’ottica anche la soluzione della forma rudimentale assunta dalle questioni di genere nella prima metà del XX secolo veniva rinviata alla fase superiore del comunismo; d’altra parte lo sviluppo delle forze produttive implica sì l’aumento dei mezzi di produzione, ma anche l’aumento della classe lavoratrice. La messa in discussione del binarismo nei rapporti di genere rappresenta una minaccia per lo sviluppo delle forze produttive. Ecco quindi che il lavoro riproduttivo, lasciato nel retrobottega del “Capitale”, assume un’importanza fondamentale, e il disciplinamento dei corpi e delle soggettività, in quest’ottica, rappresenta un aspetto irrinunciabile della trasformazione sociale come la concepiscono le tendenze autoritarie. In questo modo, un processo iniziato per la liberazione collettiva si trasforma in una nuova oppressione, in una nuova schiavitù, sia pure in nome dell’Uomo Nuovo. L’uomo, appunto.

Credo che l’anarchismo possa dare un contributo fondamentale alla maturazione rivoluzionaria dei movimenti. Come già detto, non si tratta di aggiornare il Programma Anarchico, si tratta di integrarlo con una riflessione e un agire pratico che ne espliciti le sollecitazioni alla luce delle nuove esigenze dell’intervento delle anarchiche e degli anarchici nelle lotte sociali.

Tiziano Antonelli

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