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Nel nome del Padre. DdL 832 “padri separati”

È estate e fa caldo: il periodo ideale perché nell’indifferenza generale in Parlamento vengano approvati decreti che in altri periodi potrebbero trovare forti opposizioni. Non sarebbe certo un fatto nuovo. Nella disattenzione generale dovuta all’impegno nelle mobilitazioni contro la guerra e la violenza che sempre più spesso ci circonda e nelle quali siamo attiv3, è stato presentato in Senato il DdL 832, chiamato anche decreto “padri separati”, denominazione che già esplicita i soggetti da beneficiare. Nella stessa disattenzione generale questo dispositivo potrebbe essere approvato.

Si tratta di un disegno di legge che riprende il famigerato Decreto Pillon in modo, se possibile, ancora più vergognoso, proponendo modifiche al codice civile e al codice penale in materia di affidamento condiviso dei figli in caso di separazione. Il Ddl 832 è stato proposto da 14 senatori di FDI e Noi Moderati e dal 27 marzo scorso è in esame alla Commissione Giustizia del Senato. È stato presentato in “sede redigente”, cosa che permette un arrivo blindato e accelerato in Parlamento, cioè senza neppure la possibilità di essere emendato. Ha lo scopo, come lo aveva qualche anno fa il disegno di legge Pillon, di rendere la separazione e il divorzio – statisticamente richiesti in prevalenza dalle donne – un percorso a ostacoli, garantendo così la salvaguardia della famiglia tradizionale. Penalizzando in modo evidente le donne, il disegno di legge garantisce la parte economicamente più forte, generalmente quella maschile, che da tempo, anche attraverso associazioni molto potenti, reclama minori carichi economici relativi al mantenimento e una sostanziale revisione dell’automatismo nell’assegnazione della casa alla donna.

Il concetto di fondo del DdL 832 è quello della parità genitoriale o bigenitorialità perfetta. Detto così sembrerebbe qualcosa di positivo, ma in realtà è un concetto assai insidioso, che tende a creare una simmetria fasulla laddove simmetria non c’è, perché viviamo in una società sessista e patriarcale in cui i ruoli sono dispari. La pari genitorialità interessa solo quando si arriva ad una separazione e diventa esercizio di potere, di dominio e di possesso; prima non interessa, anzi, quando le famiglie sono “in piedi” la parità è disfunzionale, perché la famiglia tradizionale deve reggersi sulla disparità e sulla gerarchia.

Vediamo dunque quali sono i punti salienti del Disegno di legge “padri separati”.

Innanzitutto elimina l’obbligo di mantenimento dei figli sulla base delle capacità economiche, disciplinando per legge il mantenimento al 50% senza una valutazione delle eventuali differenze di condizioni economiche tra i due genitori. Eppure statistiche ISTAT e INPS evidenziano come le madri siano più fragili dal punto di vista economico rispetto ai padri. Altissima è la percentuale di donne che hanno un lavoro precario e quindi un reddito non stabile, così come sono moltissime le donne che, quando nasce un figlio lasciano il lavoro, o perché lo perdono, viste le scarse tutele dei lavori precari, o perché devono comunque assumere un ruolo di cura in mancanza di adeguati servizi sociali di supporto.

Il DdL 832, sempre in nome della parità genitoriale, introduce l’obbligo del doppio domicilio per i figli di genitori separati ed elimina così abilmente l’assegnazione della casa familiare, garantendo per il proprietario il pieno uso del bene e cancellando il diritto del minore a una continuità abitativa stabile nella casa dove è cresciuto. La rapace avidità alla base di questa disposizione non si misura nemmeno con le tante situazioni reali in cui ad esempio i genitori separati vivono in città diverse, cosa che può succedere con una separazione, dato che si modificano le situazioni familiari, di vita e di lavoro.

Ma del resto la rigidità della norma, basata solo sul criterio salomonico della spartizione paritaria, è pensata per trovare adeguamenti specifici tramite figure esterne specializzate. Il DdL 832 impone infatti l’obbligo della mediazione familiare realizzata attraverso la figura del mediatore. Qualcosa di superfluo nei casi di separazioni consensuali e non conflittuali, di atroce nel caso di conflitti non mediabili come quelli determinati da situazioni di violenza, una motivazione purtroppo assai diffusa nelle separazioni. Una donna che attraverso una separazione cerca di sottrarre sé e i figli a una situazione di violenza domestica sarebbe costretta a una mediazione che rappresenterebbe una violenza secondaria.

Ma non è finita qui. Tra le disposizioni più subdole del DdL 832 c’è l’introduzione dell’obbligo del pagamento delle spese relative al parto da parte di padri anche non coniugati, non conviventi, anche nell’ambito di una relazione interrotta durante la gravidanza. Quella che apparentemente sembrerebbe una responsabilizzazione economica è in realtà qualcosa di estremamente pericoloso, perché riconosce giuridicamente la figura maschile come padre ancor prima della nascita. Un padre riconosciuto come tale prima della nascita del figlio e tenuto ad obblighi, può anche vantare diritti sul nascituro, può sostenere di avere un interesse giuridicamente rilevante sulla gravidanza, e, ad esempio, può interferire con le scelte della donna che decida di interrompere la gravidanza. Se consideriamo questi scenari, appare evidente quali intrecci ci siano tra campagne per la “genitorialità condivisa” e quelle per la “tutela della vita nascente”, che ci risuonano sinistramente nelle orecchie.

Abbiamo elencato solo alcuni dei punti salienti di questo disegno di legge, un provvedimento che vuole aumentare il potere maschile, penalizzando le donne e scoraggiandole da avviare procedure di separazione in cui non viene nemmeno garantito il mantenimento, colpevolizzandole se non mediano situazioni insostenibili, considerando i figli in un’ottica di spartizione proprietaria, ribadendo insomma l’antico ordine patriarcale.

Non possiamo permettere che questo decreto passi nell’indifferenza.

Prepariamoci a un’altra lotta, prepariamoci a una replica delle manifestazioni “vittoriose” contro il decreto Pillon.

Claudia Scotto

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