EMERGENCY | AFGHANISTAN 15 AGOSTO 2021 – 15 AGOSTO 2025
EMERGENCY ha iniziato a lavorare in Afghanistan nel 1999 e, da allora, ha curato oltre 8 milioni di persone, in un Paese composto da circa 40 milioni di abitanti.
Nel 2001 ha aperto il Centro chirurgico per vittime di guerra a Kabul, un punto di riferimento per la popolazione della capitale e delle province vicine.
Nel 2003 ha avviato le attività del Centro di maternità di Anabah che offre assistenza ginecologica, ostetrica e neonatale alla popolazione locale e negli anni ha anche attivato sul territorio una rete di oltre 40 Posti di primo soccorso (FAP) e di Centri sanitari di base (PHC).
Prosegue inoltre il suo lavoro nel Centro chirurgico per vittime di guerra di Lashkar-gah (Helmand) e nel Centro chirurgico di Anabah.
Sono passati quattro anni da quando il 15 agosto 2021 le forze internazionali hanno abbandonato l’Afghanistan e il nuovo governo talebano si è instaurato al potere.
In questi quattro anni il Paese ha visto l’inasprirsi di una crisi economica profonda; l’impoverimento della popolazione tra la disoccupazione e il divieto di lavorare per le donne in quasi tutti i settori tranne quello sanitario; il collasso del sistema salute, definanziato e depotenziato.
Una situazione che non è destinata a migliorare alla luce del non riconoscimento internazionale dell’autorità de facto, della scelta nel corso del 2025 da parte dall’amministrazione Trump di tagliare i fondi all’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID), e del crescente disinteresse della comunità internazionale.
La pace in Afghanistan ha significato la fine della guerra, ma non delle sue conseguenze. Negli ospedali e negli ambulatori di EMERGENCY sparsi nel Paese i postumi di quarant’anni di guerre sono ancora evidenti. Feriti da mina antiuomo, accoltellamenti e sparatorie, attentati continuano ad affollare i reparti dell’ospedale di Kabul; vittime di incidenti stradali hanno reso necessario cambiare i criteri di ammissione dei centri chirurgici di Lashkar-gah e di Anabah; donne incinte in condizioni sempre peggiori raggiungono il Centro di maternità nella Valle del Panshir anche insieme ai loro bambini, sempre più malnutriti.
“L’Afghanistan di oggi è la cartina tornasole di cosa resta dopo decenni di guerra: 22.9 milioni di persone, più di metà della popolazione[2] con necessità di aiuti umanitari, infrastrutture danneggiate, accesso alle cure limitato, diritti compromessi – dichiara Dejan Panic, direttore del programma di EMERGENCY in Afghanistan -. Ma nelle nuove generazioni di giovani medici e infermieri e nella formazione vediamo ancora una speranza per il futuro.”
Nel suo ultimo report sull’accesso alle cure d’urgenza in Afghanistan (giugno 2025)[3], EMERGENCY ha denunciato ancora una volta il legame diretto tra collasso economico e peggioramento delle condizioni sanitarie. Oltre il 70% della popolazione non ha accesso a cure gratuite o sostenibili.
Tre afgani su cinque non possono pagare le cure e per ottenerle spesso si indebitano chiedendo denaro in prestito o vendendo i propri beni.
Un afghano su quattro invece deve posticipare o annullare un intervento chirurgico perché non può pagarlo. Tanti sono i nuovi bisogni emersi a seguito della fine ostilità, dalle malattie non trasmissibili, tra cui malattie croniche che necessitano di lunghe terapie, alle patologie acute spesso trascurate per mancanza di mezzi economici e di trasporto.
Le strutture di EMERGENCY restano tra le poche a offrire assistenza gratuita e di qualità.
Nell’ospedale di Kabul il 50% dei pazienti sono ancora considerati vittime di guerra: arrivano al pronto soccorso con ferite da arma da fuoco, da taglio (sono la metà del totale dei feriti), da esplosioni o da mina.
Violenza e criminalità sono conseguenze di una guerra che è terminata negli scontri, ma ha lasciato armi in quantità, mine antiuomo disseminate soprattutto in aree remote, povertà.
“Vediamo vittime di rapine e aggressioni, liti famigliari, sparatorie – spiega Panic –. Tra i feriti da mine antiuomo, nel 2025, nei nostri Centri chirurgici di Kabul, Lashkar-gah e Anabah il 75% sono bambini che stavano solo giocando.”
Il Centro chirurgico di Lashkar-gah è l’ospedale che accoglie il maggior numero di feriti a causa di traumi civili (circa l’80% dei pazienti ammessi), in particolare incidenti stradali causati dalla cattiva manutenzione delle strade e dell’aumentata mobilità quasi inesistente prima del 2021.
Nel Centro di maternità di Anabah l’impatto delle limitazioni imposte alle donne da un punto di vista dell’istruzione, del lavoro e degli spostamenti è evidente nelle pazienti che raggiungono l’ospedale in gravi condizioni.
“Le donne – racconta Keren Picucci, ginecologa del Cento di maternità di EMERGENCY ad Anabah – spesso esitano a rivelare i propri problemi di salute fino a quando la situazione non diventa grave e la preferenza o l’obbligo di essere trattate da personale medico femminile riduce ulteriormente le opzioni disponibili.
Continuiamo a vedere mamme morire al parto perché non raggiungono l’ospedale in tempo o a causa di gravi complicanze che si sarebbero potute evitare. Molte donne incinte soffrono di carenze nutrizionali gravi che compromettono il buon esito della gravidanza e del parto.”
La mancanza di reddito e di sicurezza alimentare ha causato l’aumento dei casi di malnutrizione. In quelli più critici, la malnutrizione materna e neonatale si traduce in neonati sottopeso, infezioni ricorrenti e difficoltà nello sviluppo psicofisico, con conseguenze a lungo termine.
Nel 2025 il 20% dei bambini ammessi nei reparti del Centro pediatrico di EMERGENCY ad Anabah sono malnutriti.
EMERGENCY continua a formare il personale sanitario locale, anche femminile.
A oggi oltre il 97% dello staff medico, infermieristico e non sanitario impiegato nelle strutture EMERGENCY è afgano. Il 23% sono donne.
“Le nuove generazioni sono la nostra unica speranza concreta. Vogliamo continuare a formare giovani uomini e donne, capaci di prendersi cura del proprio Paese. Per fare ciò è fondamentale che tutti, donne comprese, possano tornare ad avere il proprio spazio nella società, e che la comunità internazionale non abbandoni l’Afghanistan, né definanziandolo né silenziandolo” – conclude Panic.
Storie dai Centri di EMERGENCY in Afghanistan
– Farid, 10 anni, vive a Kabul con la sua famiglia. Oltre ai genitori ha una sorella più piccola e tre fratelli più grandi. Un giorno i genitori decidono di portare tutta la famiglia fuori città, in una zona arida vicino a un fiume. Dopo pranzo si allontana e mentre cammina vede un vecchio pezzo di ferro, di colore bianco. Decide di colpirlo con un sasso, per gioco, ma l’urto provoca un’esplosione che lo ferisce alla mano sinistra. Era una mina antiuomo. Il padre lo porta direttamente all’ospedale di Kabul dove viene operato per rimarginare le ferite alla mano.
– Rohullah è arrivato con una profonda ferita all’addome provocata da un coltello da cucina. L’accoltellamento è avvenuto durante una lite familiare a causa di un prestito non restituito. Vive a Kapisa, in Panshir, è sposato e ha quattro figli. A causa della profonda crisi economica non lavora. Immediatamente dopo l’incidente è stato portato in un pronto soccorso poco distante dalla sua abitazione, è stato stabilizzato e poi riferito al Centro chirurgico di EMERGENCY (un’ora di viaggio con la macchina) di Anabah dove ha subito una laparotomia per suturare le ferite.
– Samir viene dalla provincia di Ghazni e all’età di 18 anni si è trasferito a Kabul per studiare da infermiere. Ha due mogli e un figlio con disabilità. Dopo la laurea ha lavorato per 10 anni in un ospedale governativo e 5 anni fa ha saputo che l’ospedale di EMERGENCY cercava infermieri così ha fatto richiesta ed è stato assunto. Quando gli hanno detto dell’assunzione è stato felicissimo. Per lui lavorare in questo ospedale è molto importante perché ha standard sanitari alti, offre un servizio gratuito alla popolazione. “Ciò che mi ha colpito di più è la formazione che ho ricevuto per i primi due anni. È molto importante continuare ad imparare anche quando termini il tuo percorso universitario.”
– Zahra 9 mesi, è arrivata al Centro pediatrico di EMERGENCY ad Anabah in stato di malnutrizione acuta, con una grave polmonite, e problemi al cuore. Con lei c’era la zia, la madre infatti è morta dopo il parto, avvenuto a casa, a causa di una eccessiva perdita di sangue. La famiglia proviene da un remoto villaggio nella valle del Panshir, a qualche ora di distanza dall’ospedale. Una volta tornata a casa ha contratto un’infezione: il sistema immunitario dei bambini malnutriti e il loro sviluppo psicofisico sono infatti gravemente compromessi.