La sfida per la carica di sindaco di New York City è sempre stata più di una semplice competizione elettorale: è un referendum sui valori. Con il recente sostegno a Zohran Mamdani espresso da eminenti leader ebrei come Ruth Messinger, Jerry Nadler e persino Chuck Schumer, un tempo improbabile sostenitore, la bussola politica della città sembra essersi ricalibrata. Questi gesti, provenienti da figure profondamente radicate nella tradizione civica ebraica della città, non sono solo appoggi tattici, ma indicatori morali che stanno ridefinendo la corsa contro Andrew Cuomo ed Eric Adams.
Gli appoggi come simboli etici
Nella politica moderna, gli appoggi sono spesso interpretati come transazioni. Tuttavia, le voci di Messinger e Nadler trascendono ogni calcolo. Messinger, che un tempo portava avanti la bandiera della leadership ebraica progressista come candidata democratica a sindaco negli anni ’90, ha dichiarato il suo sostegno a Mamdani sulla base dell’accessibilità economica, dei diritti degli immigrati e della giustizia inclusiva. Nadler, che rappresenta il cuore ebraico di Manhattan, ha rafforzato lo stesso spirito. La loro scelta dimostra che Mamdani non è solo il candidato dei quartieri popolati di immigrati o dei giovani attivisti, ma il legittimo erede della coscienza ebraica progressista di New York.
Il più sorprendente di tutti è stato Chuck Schumer. Da tempo legato all’establishment, la volontà del leader del Senato di schierarsi con Mamdani segnala il riconoscimento che il futuro politico risiede in un’ampia coalizione multiculturale. Ciò suggerisce che la leadership ebraica, un tempo istintivamente cauta nei confronti dei movimenti di sinistra, ora vede Mamdani come un veicolo di stabilità civica attraverso la giustizia, e non nonostante essa.
Dal punto di vista filosofico, questi appoggi incarnano il concetto di Hannah Arendt di responsabilità morale nella vita pubblica: la volontà di allineare la propria autorità con coloro che ampliano il cerchio dell’inclusione, piuttosto che restringerlo.
Cuomo: il passato che non vuole andarsene
Le ripercussioni sulla candidatura di Andrew Cuomo sono sorprendenti. Un tempo volto del controllo dell’establishment, la candidatura indipendente di Cuomo dopo la sconfitta alle primarie sembra sempre più un ritorno al passato, un’eco di una politica che si basava su manovre autoritarie e lealtà istituzionale. Non riceve più sostegno non perché il suo curriculum manchi di peso, ma perché il suo capitale morale è evaporato.
Gli scandali che hanno posto fine al suo mandato di governatore – accuse di molestie e abusi di potere – riaffiorano ogni volta che gli elettori valutano il contrasto etico. L’appoggio dei leader ebrei a Mamdani dimostra anche che Cuomo non può essere riabilitato come custode della fiducia civica. Anche i tentativi della sua campagna di dipingere Mamdani come “troppo morbido nei confronti della criminalità” suonano vuoti se visti sullo sfondo di questi appoggi morali. In termini filosofici, Cuomo rappresenta l’obsolescenza della legittimità separata dall’etica.
Adams: il presente in crisi etica
Se Cuomo è il passato che si rifiuta di andarsene, l’attuale sindaco di New York Eric Adams è il presente che si sta sgretolando. Gli scandali che hanno coinvolto la sua amministrazione, con accuse di corruzione e influenza dei donatori, hanno gettato una lunga ombra sulla sua figura. La sua campagna elettorale ha cercato di riproporlo come difensore pragmatico della sicurezza pubblica, contrapponendolo sia a Cuomo che a Mamdani. Tuttavia, quando i leader ebrei, storicamente considerati i pilastri di una politica moderata e favorevole all’establishment, si spostano verso Mamdani, l’equilibrio che Adams tenta di mantenere crolla.
Ciò che Adams offre è un paradosso: la stabilità promessa attraverso relazioni contaminate dagli scandali. In una prospettiva filosofica, egli incarna la nozione di decadenza nella leadership presente in Nietzsche, dove l’apparenza di vigore maschera un nucleo morale svuotato.
Mamdani: il mio candidato del “Secondo Cerchio”
Al contrario, la campagna di Mamdani non è solo politica, ma anche esistenziale per il futuro della città. Parla il linguaggio della giustizia abitativa, della dignità degli immigrati e della governance inclusiva con una fluidità che nasce dall’esperienza diretta. Ora, sostenuto dai leader ebrei, il suo discorso acquista un’universalità morale.
Infatti, la coalizione di Mamdani riflette ciò che ho descritto come il Secondo Cerchio, un modello di alleanza che trascende le rigide divisioni tra destra e sinistra unendo il 99% dei lavoratori moderati di ogni razza, religione e classe sociale. La sua base riunisce attivisti progressisti, lavoratori immigrati, leader ebrei laici e giovani professionisti, gruppi che possono differire su alcune questioni, ma che convergono su valori fondamentali: equità, accessibilità, dignità e pace. Questa è l’incarnazione pratica del Secondo Cerchio: una coalizione abbastanza resiliente da resistere agli attacchi delle élite radicate, ma abbastanza inclusiva da avere legittimità morale.
Il silenzio dei media e il giornalismo dell’esclusione
Tuttavia, anche se Mamdani raccoglie diversi consensi, non si può ignorare il silenzio dei cosiddetti “media liberali”. Testate come il New York Times e la CNN, mentre dedicano ampio spazio al ritorno di Cuomo o alle controversie di Adams, hanno costantemente marginalizzato l’ascesa di Mamdani. Il sostegno di personaggi come Bernie Sanders, Messinger e Schumer normalmente dominerebbe i titoli dei giornali e invece è relegato nelle colonne laterali.
Questo è un caso da manuale di quello che io chiamo giornalismo dell’esclusione, un modello mediatico in cui le notizie che sfidano la narrativa dell’élite al potere vengono omesse o minimizzate, mentre l’agenda dell’establishment viene amplificata. La campagna di Mamdani, che minaccia i poteri finanziari e politici consolidati, è soggetta a questa visibilità selettiva. Il silenzio dei media non è neutralità, è complicità.
L’arco etico di queste elezioni
Il cuore filosofico di questo momento risiede nella ridefinizione della legittimità. Per decenni, la politica del sindaco di New York ha oscillato tra tecnocrati manageriali e rappresentanti dell’apparato. Appoggi come questi destabilizzano questo modello, mostrando che la legittimità non è più radicata nel potere commerciale o nella forza amministrativa, ma nella coerenza morale e nell’immaginazione civica.
Per Cuomo, gli appoggi ebraici costituiscono un ripudio silenzioso ma decisivo. Per Adams, minano la pretesa di rappresentare il centro moderato e per Mamdani sono sia un’incoronazione che una sfida: il riconoscimento che la sua candidatura incarna il desiderio della città di una politica etica e la prova che la macchina del giornalismo dell’esclusione continuerà a lavorare contro di lui.
Conclusione
Ciò che questi appoggi ci dicono è che la bussola morale di New York sta cambiando. I leader ebrei, un tempo punti di riferimento del centro prudente, ora si stanno allineando con un candidato della sinistra progressista e audace. Questo cambiamento dice più su Cuomo e Adams che su Mamdani: sottolinea la loro bancarotta etica mentre eleva la sua legittimità.
In questa ottica, la candidatura di Mamdani è più di una campagna elettorale: è un movimento del Secondo Cerchio, una proposta filosofica secondo cui il potere a New York deve tornare a servire le persone nella loro diversità, non le macchine dell’interesse personale. Se questa proposta lo porterà alla vittoria, la città potrebbe ritrovarsi non solo con un nuovo sindaco, ma anche con una rinnovata base morale, nonostante le esclusioni dei media d’élite che cercano di negargli un posto nella storia.
Traduzione dall’inglese di Anna Polo con l’ausilio di un traduttore automatico