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La cultura come motore del turismo, ma nel settore culturale persistono precarietà e sfruttamento

Negli ultimi cinque anni lo stanziamento statale per la cultura, budget MiC, ha avuto un andamento altalenante con un forte incremento negli anni del Covid e post-Covid quando è arrivato intorno ai 4 miliardi di euro, per iniziare poi a ridursi dal 2023, attestandosi sui 3 miliardi di euro.

Guardando ai dati previsionali fino al 2026, si segnalano flessioni tra il 7% e il 12% tra 2024 e 2025 e un dato stabile per il 2026. Nell’ambito delle risorse statali per il settore culturale quelle destinate allo spettacolo e al cinema risultano sostanzialmente stabili: il Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo nella programmazione 2025 è pari a 446 milioni di euro in aumento rispetto al 2024 del 5,3%. Invariato invece il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo, che anche nel 2025 ammonta a 696 milioni di euro. Sono i dati del ventunesimo Rapporto Annuale di Federculture.

Per quanto riguarda le amministrazioni comunali, i dati mostrano una progressiva crescita degli stanziamenti per il capitolo tutela e valorizzazione dei beni e delle attività culturali fino al 2023, trend con cui i Comuni sembravano, non solo aver pienamente recuperato gli anni di restrizione finanziaria della crisi (2020-2021), ma anche aver preso un’accelerazione: rispetto al 2019 le risorse stanziate erano infatti in crescita del 36%. Con il 2024 questa crescita ha una piccola battuta d’arresto: le risorse per la cultura complessivamente arrivano, infatti, a 2,73 miliardi, segnando un -2,2% sul 2023.

Nelle Province, superato il biennio di crisi 2020-2021, le risorse per il settore della cultura nel 2023 (ultimo dato consuntivo) sono in crescita: 79,5 milioni di euro, +9,3% sul 2022. Rispetto ai bilanci delle Regioni (anche qui dati disponibili al 2023), la voce destinata a beni e attività culturali risulta nel 2023 in crescita, attestandosi poco sopra gli 1,1 miliardi di euro nel totale nazionale, corrispondente ad un +20% sul 2022.

Con questo incremento anche le Regioni si avvicinano al recupero delle risorse che venivano stanziate fino al 2019 rispetto alle quali rimane un gap negativo del 2,6%. I dati relativi alla spesa delle famiglie italiane per l’anno 2024 a giugno 2025 non sono ancora disponibili. Non è possibile quindi analizzarne l’andamento nello scorso anno. Sono però stati pubblicati a ottobre 2024 i dati definitivi del 2023 che confermano, con lievi ritocchi al rialzo, quanto evidenziato nelle stime preliminari pubblicate lo scorso anno.

Per quanto riguarda la spesa media mensile delle famiglie in cultura, sport e ricreazione è pari a 101,83 euro contro i 91,94 del 2022. A tutto il 2023 rimane ancora un gap negativo dell’1,3% rispetto al valore della spesa che si registrava nel 2019. Con l’aggiornamento di ottobre 2024 sono stai pubblicati anche i dati riguardanti la spesa nelle regioni che confermano la nota maggiore dinamicità delle regioni del Nord e Nord-Est.

Prime per spesa familiare in cultura sport e ricreazione sono infatti il Trentino Alto-Adige, la Lombardia e il Friuli Venezia Giulia. In coda Campania, Puglia e Calabria. Significativo il rapporto tra la prima e l’ultima: in Trentino Alto Adige la spesa familiare culturale è oltre 4 volte superiore a quella in Calabria. I dati Istat relativi alla fruizione di intrattenimenti culturali e ricreativi (persone di 6 anni e più per spettacoli a cui hanno assistito almeno una volta nell’ultimo anno) aggiornati al 2024 mostrano un consolidamento della crescita già registrata nel 2023 e il superamento dei livelli di fruizione del 2019.

È il caso del teatro i cui fruitori crescono dell’11,6% rispetto al 2023 e del 6,6% su 2019; ma anche dei concerti che incrementano del 14,5% in un anno e del 20% sul quinquennio. Meno ampia ma comunque significativa la fruizione di musei e mostre (+3,5 vs 2023 e +3,8% vs 2019) e quella dei siti archeologici e monumenti che vedono aumentare i fruitori del 4,4% sul 2023 e del 10,7% rispetto al 2019. Il cinema che pure nel 2024 cresce dell’11,7% sul 2023, registra ancora una variazione negativa dell’8% sul 2019.

Sul territorio, il Mezzogiorno rimane la ripartizione geografica dove si riscontrano i livelli più bassi di fruizione culturale, generalmente al di sotto delle medie nazionali. Per l’anno 2024 i dati relativi all’occupazione culturale, rilevati tramite la Rilevazione sulle forze di lavoro condotta dall’Istat, stimano 843 mila occupati, pari al 3,5% dell’occupazione totale. Tra le caratteristiche dell’occupazione culturale vi è l’elevata presenza di lavoratori non dipendenti. Più nel dettaglio, la peculiarità dell’occupazione culturale riguarda la forte presenza di lavoratori autonomi, che includono anche le forme più vulnerabili del lavoro indipendente (prestatori d’opera occasionali, collaboratori e quant’altro).

Qui la sintesi del 21° Rapporto Annuale Federculture 2025: https://www.federculture.it/wp-content/uploads/2025/06/Sintesi_dati_Rapporto-Annuale-Federculture-2025.pdf.

E del lavoro nel settore culturale si occupa un’indagine, rivolta a lavoratori,  disoccupati e accademici, che ha permesso di raccogliere dati utili relativi alle tipologie di contratti in uso ed alle condizioni lavorative nelle diverse sedi culturali pubbliche e private, messa a punto da Mi Riconosci, un collettivo nazionale e un’associazione riconosciuta che ha come suoi principali obbiettivi dignità ed eque retribuzioni per tutte e tutti i lavoratori e i professionisti del settore (https://www.miriconosci.it/).

I primi dati dell’inchiesta ci dicono: che c’è chi lavora più di 50 ore a settimana; che per il 20,20% di chi ha risposto al questionario le ore lavorate non corrispondono/corrispondevano mai alle ore da contratto (per il 27,60% non sempre); che i lavoratori a tempo indeterminato sono il 42,03%, quelli a tempo determinato il 26,54%, mentre per il restante 31,43% si va dalla cessione dei diritti d’autore, all’apprendistato e addirittura al lavoro nero (2,66%); che il contratto di settore “Federculture” è applicato solo nel 6,10% dei casi; che solo per 41% le mansioni svolte corrispondono a quelle previste dal contratto; che il 10.80% dichiara di non essere pagata/o regolarmente in base a quanto riportato sul contratto di lavoro; che Il 68,93% guadagna meno di 8 euro netti all’ora.

Qui alcuni risultati preliminari dell’Inchiesta di Mi riconosci “Lavorare nel settore culturale: contratti, condizioni, prospettive”https://docs.google.com/viewerng/viewer?url=https://www.miriconosci.it/wp-content/uploads/2023/01/questionario-lavoro_dati-preliminari.pdf.

 

Giovanni Caprio

Fonte
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