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La mala urbanistica asservita al cemento e al fossile

Nonostante siano considerati parte integrante del paesaggio, quasi “scontati”, i distributori di benzina, metano e gpl hanno grosse implicazioni sulla salute e sicurezza dei residenti e in generale sulla qualità urbana.

La devastante esplosione del 4 luglio, avvenuta durante le operazioni di travaso dall’autocisterna al deposito interrato, presso il distributore di benzina e gpl Eni Station di via dei Gordiani a Roma, con un bilancio di 50 feriti, di cui 2 gravi, ha evidenziato ancora una volta l’insostenibile pericolosità dei distributori nelle zone abitate. Poteva essere una strage, molto più grave di quello che è stato: prima della devastante esplosione era stato lanciato l’allarme per una fuga di gas  ed era iniziato un principio di incendio. Alle 8.18 l’autocisterna carica di almeno 254 litri di gpl è esplosa.

L’onda d’urto ha colpito i palazzoni limitrofi ed è stata sentita in tutta Roma.

Oltre ai palazzi è stato danneggiato anche il centro sportivo dove stavano arrivando i bambini del centro estivo. Insomma, se l’esplosione fosse avvenuta qualche ora più tardi, con centinaia di bambini a poca distanza, sarebbe stata una strage. Le analisi Arpa Lazio intanto hanno rilevato la presenza di diossina scaturita dal devastante incendio.

Come riporta la stampa locale, i comitati dei residenti, il comitato ‘Albero magico’ e i comitati genitori delle scuole, avevano già segnalato alle autorità la pericolosità del deposito vicino alle abitazioni e al centro estivo. Il nuovo regolamento di Roma (Piano carburanti) d’altra parte prevede che i distributori di carburanti devono stare a una distanza minima di 30 metri da edifici residenziali. Nel caso di edifici scolastici, case di cura e ospedali, la distanza minima sale a 100 metri. In Via Gordiani, la scuola era a 55 metri.

A Roma ci sono 869 impianti che erogano benzina, altrettanti che erogano gasolio, 105 di Gpl, e 30 di metano, spesso concentrati in spazi ristretti. Molti di questi sono stati costruiti vicino a case e asili, proliferati come funghi, occupando giardini e zone verdi, in assenza di un piano regolatore serio, facendosi persino concorrenza l’un l’altro.

Il problema dei distributori non è solo romano. L’Italia ha il primato europeo per numero di stazioni di servizio, con circa 22.600 distributori di carburante in tutto il paese. Questo numero è significativamente più alto rispetto ad altri paesi europei come la Germania, la Spagna e la Francia, che hanno rispettivamente 14.500, 9.226 e 12.522 distributori. La stessa UNEM (Unione Energie per la Mobilità, ex Unione Petrolifera) nel 2023 ha sottolineato che le 22.700 stazioni italiane, sono un unicum in tutta Europa e almeno 4.000-5.000 stazioni operano con metodi di erogazione illegali (sia fiscali che strutturali, ndr) e dovrebbero chiudere. Nel 2018 un altro distributore era esploso a Rieti causando due morti e diciassette feriti. Anche in questo caso l’incendio era divampato da un’autocisterna che scaricava il carburante.

Oltre al rischio esplosione, c’è poi tutto il problema delle emissioni fuggitive e climalteranti rilasciate in atmosfera dalle pompe di benzina, senza parlare della contaminazione del suolo, spesso irreversibile. Perdite da serbatoi interrati, sversamenti accidentali o cattiva gestione hanno causato contaminazioni pesantissime del terreno e delle falde sotto ai distributori, spesso non bonificate e lasciate in eredità alle nuove generazioni. Casi recenti nel bresciano, nel mantovano e in provincia di Cesena, ma anche altrove. Molte non documentate.

Altro problema strisciante, di cui si parla troppo poco, è l’inquinamento acustico, con rumori continui anche notturni.

Infine l’inquinamento da benzene, cancerogeno di primo grado. Lo studio Emissioni dei tubi di sfiato dei serbatoi di stoccaggio delle stazioni di servizio: implicazioni per distanze di arretramento, (2019, Science of the Total Environment), spiega: “Nelle stazioni di servizio, i vapori di carburante vengono rilasciati nell’atmosfera dai serbatoi di stoccaggio attraverso i tubi di sfiato. In due stazioni di servizio negli Stati Uniti, i fattori medi di emissione dai tubi di sfiato erano pari a 0,17 e 0,21 kg di benzina per 1000 litri erogati, con il livello di esposizione di riferimento per 1 ora al benzene per la popolazione generale (8 ppb) superato anche a 160 metri dalla stazione. Le distanze di sicurezza dovrebbero essere riviste per tenere conto della variabilità temporale e dei controlli sull’inquinamento delle emissioni dei tubi di sfiato” concludeva lo studio. Le emissioni di benzene così come il rischio di esplosione, aumentano soprattutto nelle fasi di scarico della benzina e gas dalle autocisterne ai serbatoi.

Sempre a Roma, il quartiere residenziale Tor Bella Monaca ha visto proliferare due grandi impianti di distribuzione di carburante in pochi anni, tra le case popolari. Il Comitato di quartiere Nuova Tor Bella Monaca aveva impedito alla fine degli anni 90 la costruzione di un distributore vicino alle scuole. Ma poi di fatto l’espansione dei distributori ha avuto la meglio.

“Tor Bella Monaca è un esempio di mala urbanistica asservita al cemento e al traffico automobilistico -afferma Roberto Luffarelli, uno degli storici residenti, infaticabile attivista e blogger di “Roma dei cittadini”-. Viviamo gravi criticità urbanistiche, sanitarie e ambientali, stretti tra via di Tor Bella Monaca, una delle strade a più alta incidentalità e mortalità di Roma, e due grandi impianti Eni di distribuzione di carburanti ai lati della strada. Ci sono 96 pistole erogatrici, con aggiunta di metano/gpl. Dimensioni che si ritrovano nelle autostrade, assolutamente fuori scala per un contesto residenziale. Nel nostro caso le distanze dalle abitazioni sono perfino minori rispetto al distributore di via Gordiani esploso (66-76 metri contro 130), mentre le autocisterne si fermano a 50 metri dalle nostre case. Perfino gli scienziati come Valeria Di Sarli, ingegnere chimico del Consiglio Nazionale delle Ricerche hanno invitato ad eliminare la presenza dei distributori Gpl in città, ma i politici continuano a dire che è tutto in regola e a sottovalutare il rischio. Senza parlare poi del consumo di suolo che questi distributori provocano. Qui fino a pochi anni fa c’erano 13000 mq di aree verdi alberate, e nel Piano di Zona queste aree erano destinate a verde pubblico e parco. Ora c’è solo una distesa di distributori e cemento, che provocano una bolle di calore insostenibile, rumore e smog. Le nostre case si sono deprezzate enormemente. Il Comune di Roma è responsabile di aver rilasciato queste autorizzazioni, in contrasto agli impegni europei assunti già dal 1994 nella Carta di Aalborg, senza mai consultare noi residenti. Per questo stiamo valutando un esposto. Oltre a pretendere sicurezza, vogliamo conoscere anche i dati sulle concentrazioni di benzene nelle esposizioni brevi e lunghe, con rilevamenti eseguiti da centraline mobili”.

(per approfondire https://romadeicittadini.jimdofree.com/2025/07/07/no-alla-bomba-gpl-sotto-casa/)

 

Linda Maggiori

Fonte
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