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La rete filorussa in Italia che diffonde propaganda in violazione delle sanzioni UE

Lo scorso 27 luglio si è svolta in Italia la prima “giornata internazionale contro la russofobia”.

Nonostante il nome altisonante, non si è trattato di un evento istituzionale o promosso dalle autorità. L’iniziativa è partita da una rete di associazioni e propagandisti filorussi in segno di protesta per la cancellazione del concerto alla Reggia di Caserta del direttore d’orchestra russo Valery Gergiev, che si sarebbe dovuto tenere proprio quel giorno.

Le polemiche sono sorte perché Gergiev è un attivo sostenitore di Vladimir Putin. Come ha ricordato Yulia Navalnaya, politica e vedova del dissidente Alexei Navalny, il direttore d’orchestra è a tutti gli effetti un “ambasciatore culturale” del presidente russo e viene utilizzato per “normalizzare” l’immagine del paese e rompere l’isolamento internazionale.

Chi ha promosso la “giornata contro la russofobia”, invece, ritiene che quella contro Gergiev sarebbe una “censura verso l’arte russa” e – ovviamente – l’ennesima riprova della “russofobia” dilagante in Occidente.

Il termine, in particolar modo dopo l’invasione dell’Ucraina, è abbondantemente utilizzato dalla propaganda russa per screditare ogni minima critica nei confronti della politica del Cremlino.

Recentemente il sito del ministero degli esteri russo ha compilato una lista di “russofobi” in cui – tra i vari – compaiono il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il ministro della difesa Guido Crosetto e il ministro degli esteri Antonio Tajani.

A ogni modo, l’evento si è svolto in poche città: Bari, Pradamano (provincia di Udine), Conflenti e Serrastretta (provincia di Catanzaro), Viterbo e Segromigno in Monte (in provincia di Lucca).

A Genova, come si vede in un video pubblicato dal canale Telegram filorusso Contronarrazione, delle persone a volto coperto hanno affisso duecento volantini con il viso di un soldato russo e la scritta “loro vietano l’arte, loro vietano la cultura, loro vietano la verità, noi la mostriamo”.

Nel volantino compare anche il logo di RT, ex Russia Today, l’emittente televisiva controllata dal governo russo.

E infatti, in tutti i luoghi che hanno aderito alla “giornata contro la russofobia” è stato proiettato il documentario di RT Russofobia, storia di un odio, a cui sono poi seguiti “dibattiti pubblici” sulla “crescente repressione del dissenso e sulle forme contemporanee di censura” e sulla denuncia di un “clima politico che rifiuta ogni forma di dialogo con il mondo russo”.

Le proiezioni dei documentari di RT in Italia che violano i regolamenti dell’Unione Europea

Per quanto la partecipazione alla “giornata contro la russofobia” sia stata tutto sommato scarsa, la proiezione dei documentari di RT è ormai ampiamente diffusa in tutto il territorio italiano.

Secondo un recente dossier compilato dal partito Europa Radicale, dalla primavera del 2024 al 30 giugno del 2025 sono stati organizzati ben 139 eventi in cui è stato trasmesso materiale prodotto dall’emittente del Cremlino.

Per evitare contestazioni o cancellazioni, il luogo della proiezione viene spesso comunicato all’ultimo momento tramite WhatsApp.

Oltre a Russofobia, storia di un odio, gli altri documentari presentano in luce favorevole l’occupazione illegale delle regioni orientali del Donbass e di Lugansk (Bambini del Donbass), nonché la devastazione di Mariupol all’inizio dell’aggressione (Io sono vivo). In Maidan, la strada verso la guerra le proteste di Euromaidan del 2013 e la destituzione dell’allora presidente Victor Yanukovich sono ritratte come un “colpo di Stato” architettato da Stati Uniti e Unione Europea.  

Nel canale Telegram Donbass Film e Documentari si annunciano per l’autunno altri “15 nuovi documentari, tutti tradotti e doppiati in italiano”. Uno di questi è Biolab. La guerra biologica, che prende per buona la teoria del complotto dei biolaboratori statunitensi rilanciata dalla propaganda ufficiale nella prima fase dell’invasione.

Significativamente, tutte queste proiezioni avvengono in aperta violazione del Regolamento 2022/350 del 1 marzo 2022, con cui il Consiglio dell’Unione Europea ha proibito la diffusione di programmi e prodotti di Russia Today e Sputnik – un altro organo ufficiale della propaganda russa – in tutta l’Unione.

Nel testo si dice esplicitamente che la Russia, nel tentativo di giustificare e sostenere l’aggressione nei confronti dell’Ucraina,

porta avanti da tempo la pratica di lanciare iniziative continue e concertate di propaganda prendendo di mira la società civile dell'Unione e dei paesi limitrofi, distorcendo gravemente i fatti e manipolando la realtà.

Per il Consiglio, queste iniziative rappresentano “una minaccia consistente e diretta all’ordine pubblico e alla sicurezza dell’Unione”.

Proprio per questo, l’articolo 12 del Regolamento vieta la partecipazione “ad attività aventi l’obiettivo o il risultato di eludere i divieti”, anche “senza perseguire tale obiettivo o risultato, ma sapendo che tale partecipazione può avere tale obiettivo o risultato e accettando questa possibilità”.

Come prevede l’articolo 288 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, i regolamenti sono atti normativi di portata generale e sono vincolanti: ogni Stato membro è dunque tenuto ad applicarlo.

Nonostante ciò – e nonostante la presenza ben visibile del logo di RT sulle locandine – le proiezioni pubbliche non solo si sono svolte senza alcun problema, ma in alcuni casi hanno visto la partecipazione (da remoto) di funzionari russi o persone sottoposte a sanzioni dall’UE.

Alla fine dello scorso maggio, al Kulturni Dom (Casa della cultura) di Gorizia si è svolto un festival targato RT in cui sono stati trasmessi ben tre documentari. L’evento – l’unico del suo genere in un paese dell’UE che aderisce alla NATO – è stato elogiato da Ekaterina Yakovleva (responsabile della sezione documentari di RT, presente in sala) e da alcuni ufficiali dell’esercito russo in un videomessaggio registrato.

Alla conferenza “Voci dal Donbass” tenutasi a Genova lo scorso marzo è intervenuta Anna Soroka, la sedicente “commissaria per i diritti umani” dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Lugansk. La donna è stata sanzionata dal Consiglio dell’Unione Europea nel febbraio del 2025 per  aver “minato e minacciato l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza dell'Ucraina”.

In un altro caso, sia per confondere le acque che per aumentare la credibilità dell’evento, la proiezione de I bambini del Donbass svoltasi a Taranto lo scorso aprile è stata presentata come sponsorizzata dall’Unicef. L’organizzazione umanitaria ha però fatto sapere di non aver mai “autorizzato, patrocinato o partecipato all’iniziativa in oggetto”.

La rete di associazioni, canali Telegram e propagandisti putiniani che organizza e pubblicizza le proiezioni

Stando al dossier di Europa Radicale, le regioni in cui si organizzano più proiezioni sono l’Emilia-Romagna, la Toscana, la Lombardia, il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia.

Non è un caso: in queste zone sono radicate associazioni che, pur esprimendo diversi orientamenti politici, da anni diffondono incessantemente propaganda favorevole alla Russia.

Tra queste si segnala l’Associazione Culturale Russia Emilia Romagna, presieduta dall’ex candidato leghista di Modena Luca Rossi. Nel 2020 Rossi arrivò a congratularsi con l’Egitto per la scelta di prolungare la detenzione dello studente dell’Università di Bologna Patrick Zaki, scrivendo su Facebook che “esistono paesi seri che non si lasciano condizionare da ong”.

Poi ci sono l’associazione Vento dell’Est di Pistoia – fondata nel 2022 dall’ex esponente di CasaPound Lorenzo Berti – e l’Associazione culturale Veneto-Russia, fondata nel 2014 e guidata dallo storico militante leghista di Verona Palmarino Zoccatelli. Quest’ultimo si qualifica anche come responsabile del fantomatico “Ufficio territoriale veronese” della Repubblica Popolare di Donetsk, un’altra entità separatista del Donbass.

In Friuli-Venezia Giulia è particolarmente attivo Insieme Liberi, un partito lanciato in occasione delle regionali del 2023 che riunisce diverse sigle della galassia antivaccinista e anti-lockdown. Il suo esponente di punta è il consigliere comunale di Trieste Ugo Rossi, un accanito sostenitore di Putin che durante la pandemia di Covid-19 è stato in prima linea nelle proteste contro il green pass.

Nella medesima regione c’è infine l’Osservatorio Libero di Trieste, guidato dall’indipendentista triestino Giorgio Deschi – anche lui, come Ugo Rossi, coinvolto nelle manifestazioni anti-restrizioni a Trieste. Nel 2022 Deschi è stato invitato dalle autorità russe come “osservatore elettorale” per legittimare i referendum di annessione alla Russia delle regioni ucraine occupate di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia, che la comunità internazionale non riconosce come validi.

Molte di queste associazioni avevano aderito alla campagna del settembre del 2024 “La Russia non è nostra nemica”, che consisteva nell’affissione di grossi cartelloni pubblicitari in diverse città italiane in cui si chiedeva lo stop all’invio di armi verso Ucraina e Israele.

Le proiezioni dei documentari RT, come ha ricostruito un dettagliato articolo dell’emittente polacca in lingua russa Vot Tak, sono inoltre rilanciate da una vasta rete di canali Telegram italiani su posizioni smaccatamente filorusse.

Gli account più ricorrenti sono quello di Giuseppe Masala Chili (oltre 19mila follower), che si autodefinisce “scrittore ed economista in opposizione all’establishment americano-atlantico”; quello dell’“analista militare” e youtuber Stefano Orsi, che gestisce il canale O.d.E.G. Guerra Nato-Russia (oltre 23mila follower); e quello di InfoDefenseITALIA (45,2 mila iscritti), che fa parte di un gruppo di pagine analoghe allestite dal blogger militare filorusso Yuri Podolyaka.

Altri nomi cruciali di questa rete sono quelli di Andrea Lucidi e Vittorio Lorusso. Il primo vive nel Donbass ed è diventato cittadino russo nel gennaio del 2025; il secondo risiede nel Lugansk ed è il gestore del canale DonbassItalia (oltre 42mila follower), il più coinvolto nell’organizzazione e nella sponsorizzazione delle proiezioni.  

Entrambi si definiscono giornalisti e sono redattori di International Reporters, un sito che l’ong Reporter senza frontiere (RSF) ha definito uno “strumento di propaganda” che diffonde disinformazione russa “mascherato da organo di informazione professionale”.

Il sito in questione è stato lanciato nel 2023 da Christelle Néant, una blogger francese naturalizzata russa che dal 2016 è operativa nel Donbass. Vladimir Putin in persona ha lodato il progetto, descrivendolo come “l’arma più affilata contro le bugie e la propaganda satura di queste bugie”.

Secondo RSF, International Reporters è un’emazione diretta del Cremlino: ha infatti ricevuto fondi da ANO Dialog Regions – un’organizzazione a sua volta finanziata dal Cremlino e sanzionata dagli Stati Uniti – e dal ministero dello sviluppo digitale russo.

I loro contenuti, chiosa RSF, servono unicamente a diffondere “le narrazioni russe che giustificano l’invasione dell’Ucraina e promuovono le politiche del Cremlino su scala globale”.

Anche le proiezioni dei documentari di RT in Italia, sottolinea un recente rapporto dell’Institute for Strategic Dialogue (ISD), rientrano appieno in questa strategia di disinformazione che si appoggia a giornalisti e canali “indipendenti” per aggirare i divieti.

L’obiettivo, spiega l’ISD, è triplice: minare il sostegno europeo all’Ucraina, dipingendo la Russia come un paese “liberatore” e non aggressore; legittimare l’occupazione russa dei territori ucraini; ed erodere la fiducia nei confronti dei media, presentando RT come il portatore di verità scomode e dunque censurate dal “sistema”.

Il numero, la frequenza e l’intensità di questi incontri dimostrano che l’Italia è un terreno estremamente fertile per condurre questo tipo di operazioni di influenza.

Immagine di copertina: un cartellone che pubblicizza i documentari di RT in Italia, via Gyruum/X

 

Fonte
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