Tutti ben saldi i pini di Lido di Savio, ma non possiamo gioire dei cambiamenti che stanno martoriando il nostro territorio. Alla luce del disastro abbattutosi su Cervia a Milano Marittima, riteniamo doveroso porre alcune considerazioni.
Sarebbe facile per noi, come gruppo Salviamo i pini di Lido di Savio e Ravenna gioire del fatto che i pini di viale Romagna, a poche centinaia di metri di luoghi del disastro, siano tutti saldamente in piedi, confermando in pieno le analisi dei nostri esperti e bocciando sonoramente tutte le previsioni tragiche dell’agronomo Morelli e le sue prove di trazione: riteniamo invece più utile fare un ragionamento più ampio e articolato.
Durante eventi di portata eccezionale come quello capitato, con venti ad oltre 120 km/ora, è evidente che nessun albero, sia un pino domestico o meno, è sicuro al 100%. Ne sia prova che sono caduti anche platani, frassini, ulivi ed altre essenze. E’ fin troppo ovvio comprendere che il pino domestico è numericamente di gran lunga più rappresentato nel nostro territorio, e quindi, se cadono alberi, questi saranno per la maggior parte pini.
Dobbiamo invece interrogarci se gli alberi, di qualsiasi specie, siano utili o dannosi per le città. Se siano molto maggiori i benefici che apportano gratuitamente alla salute pubblica, all’ombreggiamento, alla biodiversità, alle bollette, al valore degli immobili, al benessere psicofisico dei cittadini, rispetto ai danni prodotti quando, al sopraggiungere di eventi estremi, possono cadere. Pensiamo solo alla mitigazione delle isole di calore, concentrate nei centri urbani, le quali sono tra i principali responsabili sia delle malattie, anche gravi, legate ad inquinamento e surriscaldamento, sia della generazione degli uragani.
Il rischio, infatti, è che al seguito di eventi come questi, le amministrazioni si trovino impreparate a gestire, anche in termini di comunicazione, l’emergenza, e quindi si affrettino a tagliare alberi in massa per tranquillizzare la popolazione dando l’illusione di risolvere il problema, quando invece contribuiscono solamente ad aggravarlo. Un cane che si morde sempre più vorticosamente la coda, una corsa disperata per abbandonare la nave che sta affondando pestando chiunque si trovi sul proprio cammino. Senza comprendere che fuori dalla nave non ci sarà salvezza.
Niente di più facile trovare nell’elemento al momento più fragile, l’albero, di qualunque specie, il capro espiatorio. Albero spesso indebolito da capitozzature selvagge, lavori stradali scorretti con taglio di radici, manutenzioni sbagliate, mancanza di controlli. Meglio ancora se l’albero da additare è un pino, diventato di moda come il criminale più pericoloso delle città d’Italia; in realtà segnale di amministrazioni pilatesche che sempre più impreparate e disattente, centri urbani e manti stradali fuori controllo, ditte esternalizzate di taglialegna e forni delle centrali a biomasse sempre accesi.
L’adattamento ai cambiamenti climatici ormai assodati, quindi, non consiste nell’abbattere alberi, ma nel conservare quelli esistenti con le adeguate cure, e nel piantarne sempre di più, al contempo adottando tutti gli accorgimenti verso la cittadinanza, anche in termini di risarcimenti per i beni materiali colpiti, che permettano di minimizzare i danni durante gli eventi estremi. Altrimenti, ora sono alberi, domani, saranno tetti, edifici, infrastrutture, domani saremo noi, e tutto quanto le tempeste sempre più furiose incontreranno nel loro cammino.
24 agosto 2025 – Il gruppo Salviamo i pini di Lido di Savio e Ravenna