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Strage ferroviaria di Viareggio: il treno fischia ancora

29 giugno 2009, ore 23 e 48. Il treno merci 50325 (condotto dall’allora Divisione Trenitalia Cargo appartenente al Gruppo FS) partito da Trecate in provincia di Novara e diretto a Gricignano in provincia di Caserta, trasportante 14 cisterne piene di GPL appartenenti alla società GATX, deraglia nella stazione di Viareggio. Il deragliamento, come risulterà in tutti questi anni di processi e perizie, fu dovuto a un cedimento di un asse del carrello del primo carro-cisterna, che uscirà dai binari urtando poi a terra un picchetto di ferro regolatore delle curve dei binari, il quale squarcerà la cisterna favorendo la fuoriuscita del gas nella stazione e nei dintorni di essa. L’innesco successivo del gas (del quale non sarà mai stabilita l’origine) scatenerà un’immensa esplosione che devasterà buona parte della stazione e delle case poste nella vicinanza. Questo olocausto provocherà (in alcuni casi con lunga e sofferta agonia) la morte di 32 persone – anche bambinə molto piccolə – il ferimento di un centinaio di persone e un quartiere distrutto.

Quello che è accaduto immediatamente dopo la strage, e cioè l’avvicinamento dei ferrovieri (che poi daranno origine alla “Assemblea 29 giugno” insieme a parte della cittadinanza) con i familiari delle vittime, darà vita a quella mobilitazione fatta di solidarietà e ferma determinazione nel far luce su una vicenda dai contorni foschi. Mauro Moretti, l’allora Amministratore Delegato della Holding FS e soggetto apicale del Gruppo FS, esternava infatti da un lato arroganza e insensibilità di fronte a morti e feriti, dall’altro mostrava spietatezza nei confronti di quei ferrovieri che stavano iniziando a denunciare le irregolarità e degli RLS, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Riccardo Antonini – dipendente di Rete Ferroviaria Italiana – pagò con il licenziamento lo schieramento a fianco dei familiari in quel percorso di denuncia. La famosa “zampa di lepre”, ad esempio, che le ferrovie indicavano come elemento scatenante dello squarcio al posto del picchetto, il fatto che la manutenzione dell’assile non competeva alle FS italiane: erano tasselli di un mosaico che usava le scatole cinesi delle società nazionali e internazionali come mezzo per scaricare le responsabilità che gravavano insistentemente sulla strage. Il profitto anteposto alla sicurezza, vera origine del tutto, ha originato una situazione irreversibile per tuttə coloro che erano mortə, feritə o che avevano perso persone care. Sicurezza, come già detto, infilata quasi come fosse un elemento di disturbo in quelle scatole cinesi dove nessuno era responsabile di niente. Manutenzione, controlli, tutto lasciato al caso: quello che contava era produrre ricchezza.

I grandi misfatti non si sono verificati solo prima del disastro, ma chiaramente anche dopo, nella politica istituzionale e nei processi, senza dimenticarci di quelle piazze dove le forze “dell’ordine” si sono permesse di usare violenza, nella fattispecie durante l’inaugurazione della stazione ferroviaria di Roma Tiburtina, utilizzando spintonamenti e pratiche repressive contro i familiari che stavano portando avanti una battaglia che riguarda tutta la collettività. Ricordiamo inoltre la prima sentenza della Cassazione che ha “cassato” l’incidente sul lavoro stabilito nei primi due gradi di giudizio permettendo così alle società, e quindi al sistema marcio capitalista, di farla franca per quanto riguarda la verità giudiziaria.

I fatti accaduti in questi lunghi 16 anni di mobilitazione sono molti, ma prima di tutto dobbiamo assolutamente citare i familiari dell’Associazione il Mondo che Vorrei: Daniela Rombi, mamma di Emanuela, morta dopo sofferenze indicibili causate dalle ustioni riportate; Marco Piagentini, padre di Luca, quattro anni, e Lorenzo, due anni, e marito di Stefania, tutti morti in modo orribile a causa di quella maledetta esplosione, lui, sopravvissuto nonostante il fuoco, nonostante la devastazione degli affetti e del suo fisico, che ha dovuto sostenere sessanta interventi chirurgici di ricostruzione per le gravi ustioni riportate, una cicatrice vivente che continua a lottare con ostinazione, insieme agli altri. I familiari, i veri artefici insieme ad Assemblea 29 giugno della condanna di Mauro Moretti e di altri dirigenti apicali delle ferrovie. Condanne ottenute con una tenacia incredibile: quello “straccio di giustizia in tasca”, come dicono i familiari, che in Italia rappresenta un fatto storico.

In tutto questo tempo Viareggio è stata, a tutti gli effetti, una scuola di attivismo per tutti quei ferrovieri e quelle ferroviere che hanno a cuore verità e sicurezza. Ad esempio, la scorsa domenica 29 giugno, in occasione del 16° anniversario della strage ferroviaria di Viareggio eravamo presenti come redazione Cub Rail ma anche come collettivo “Ferrovier* contro la guerra” (FCG) all’appuntamento, previsto prima della manifestazione, su “Scuola, ferrovie, pace e sicurezza. Parliamone con ferrovieri e insegnanti”. Un dibattito quindi che legava militarizzazione a sicurezza, arroganza padronale a arroganza militare, profitto in contrapposizione ai diritti delle persone. Importante il contributo del personale scolastico e di quello ferroviario. Tra le varie cose è stato citato il recente scandalo nella stazione di Tombolo (situata nella linea tra Pisa e Livorno) dove, per terminare i nuovi binari e scambi che collegano il Canale Navicelli, l’infrastruttura ferroviaria e Camp Darby (il più grande arsenale Usa fuori dal suolo statunitense), le FS hanno soppresso per scopi bellici la circolazione ferroviaria civile nella fascia della tarda mattinata dei giorni 10-20 giugno. Il volantinaggio che ne è seguito, curato dai FCG insieme al Coordinamento Antimilitarista Livornese, ha suscitato clamore e indignazione nella popolazione e anche un certo seguito nella stampa. Evidente quindi che il contributo dei ferrovieri, anche contro l’escalation bellica, sarà importante. Nel corso del dibattito Daniela Rombi – presidente dell’Associazione il Mondo che Vorrei – ha inoltre citato gli scioperi dei ferrovieri e delle ferroviere quale alto esempio di lotta sulla sicurezza da sostenere con tutte le forze.

Un momento molto importante, in cui i familiari, come è sempre stato, aiutano i ferrovieri e le ferroviere nel lungo percorso che hanno davanti per migliorare le condizioni di lavoro. Familiari che, a processo praticamente finito con le individuazioni delle responsabilità, proseguono l’attività sul tema delle morti sul lavoro e della sicurezza nelle ferrovie, in appoggio alle lotte dei ferrovieri, come forma di riconversione propositiva e organizzazione del proprio dolore. Un esempio unico e da abbracciare interamente.

Un abbraccio che del resto ogni anno da quella maledetta strage si concretizza, il 29 giugno, a dimostrazione che il silenzio si può e si deve squarciare. Per tutta la giornata, dalle cinque del mattino alla mezzanotte, e in particolare durante lo svolgimento del corteo serale, i treni che passano dalla stazione di Viareggio fischiano. Chi ha assistito sa quanto sia emozionante. È una cosa che i ferrovieri hanno organizzato non senza difficoltà rispetto a Ferrovie; è una cordata solidale, un fischio che vuole essere un pugno alzato contro le ingiustizie e le stragi compiute in nome del profitto, un abbraccio ai familiari delle vittime.

Andrea Paolini – ferroviere

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