Della Milano che amiamo, non per rimpianto o nostalgia ma perché nutre la nostra immaginazione presente, fa senza dubbio parte l’esperienza del circolo femminista separatista Cicip&Ciciap, fondato nel 1981 da Nadia Riva e Daniela Pellegrini, nella casa occupata di via Morigi 8._
Questo riconoscimento si innesta da vicino sui ragionamenti che stanno circolando in questi giorni dopo lo sgombero del Leoncavallo. Si tratta di riflettere sugli spazi sociali e sulle forme di vita, di cultura e di politica, di creazione di legami e comunità, insomma su modalità della riproduzione sociale create in autonomia dai tessuti sociali per i tessuti sociali, senza intermediazioni di alcun tipo. Oggi questo tipo di processi è grandemente a rischio. In parte sono stati espropriati e convogliati altrove da “operazioni di capitale” (cambi di paradigma produttivo, allargamento delle forme di accumulazione e sfruttamento, finanziarizzazione, gentrificazione), oppure sono diventati porzioni sussidiarie dello stato sociale che si immiserisce, un passo dopo l’altro. Ma per quasi cinquant’anni hanno arricchito esclusivamente le relazioni e l’incontro, il sapere collettivo, la creatività e il piacere, la produzione di pensiero critico. Daniela Pellegrini mi invita a insistere non sulla teoria e sul pensiero ma sulla vita e niente più, sulla materialità, sulle pratiche. Un fare per la vita, semplicemente vivendo: bastano poche, trasparenti parole.
L’esperienza del Cicip è, al di là dei termini infilati in un articolo, parte integrante, fondamentale, di questo fare e dei riferimenti delle donne della metropoli lombarda e non solo. Eppure viene spesso dimenticata, rimossa.
Insieme alla storia del Cicip si scopre quella del palazzo di via Morigi 8, situato non nella periferia, locazione tipica degli spazi occupati, ma nel cuore del centro cittadino e occupato nel 1976. Per chi non conosce la città, siamo nella Milano romana e nelle cosiddette, dai milanesi, “Cinque vie”, vicino a piazza Borromeo, a pochissima distanza da Piazza degli Affari, tra il Carrobbio, piazza Cordusio e piazza Duomo. Negli anni Settanta e Ottanta una zona storica, con antichi palazzi dal fascino délabrée, oggi contesto trasformato, con ristrutturazioni di lusso, locali eleganti, gallerie d’arte.
Nadia Riva e Daniela Pellegrini, determinate a creare “spazi liberi per nuove scoperte”, dopo vari mesi di ricerche scelsero, infatti, l’ultima porzione rimasta libera al piano terra della torre e case dei Morigi, che si affaccia su via Gorani, proprietà del Comune di Milano. “Spazio allora davvero fatiscente e nel più completo abbandono, che è stato ristrutturato (sarebbe meglio dire ricreato, dal pavimento al soffitto mancanti) in prima persona e con il pervicace olio di gomito e autofinanziamento” da chi lo fondò, come si può leggere ancora sul sito del Cicip, dove si raccontano gli esordi ma non la fine di questa avventura.
Daniela e Nadia sul portone del futuro Cicip&Ciciap
Con tutta l’energia e la passione che ci riversano, in cinque o sei mesi Nadia e Daniela riescono a dare una forma a ciò che diverrà il Cicip, Circolo culturale e politico delle donne, bar e ristorante. Rifanno con le loro mani il pavimento, tirano su i muri, imbiancano, inchiodano, abbelliscono.
Manca il soffitto…
Il Cicip fiorì in quella sede per trent’anni, festeggiati in loco il 22 giugno 2011. Qual era l’obiettivo di fondo lo spiegano le fondatrici, alle quali, in un primo periodo, si aggiunse Giorgia Reiser, che scelse poi altri percorsi. Si desidera “uno spazio apparentemente informale dove l’incontrarsi delle donne possa creare consapevolezza di sé e aprire loro strade insospettabili”. Strade, scrivono, che possano stupire anche loro stesse.
In quel luogo, invero piccolo ma molto accogliente, tutti i giorni si organizzano incontri, presentazioni di libri, gruppi di discussione per riflettere su temi dirimenti, come la guerra, gruppi di autocoscienza. Il Cicip è mosso “dalla fiducia e la speranza di un movimento delle donne che modifichi le regole del ‘gioco di potere e di guerra maschile’ […] E per cominciare a costruire questo nostro sguardo, è molto importante saper vedere, capire e valorizzare l’agire di quelle donne che sembrano ‘invisibili’ alle trombe dei media e che non se ne preoccupano, occupate a costruire materialità e senso nuovo ovunque si trovino, pur nella fatica di affrontare tutte le contraddizioni che ciò comporta”.
Un programma che vorremmo varare anche adesso, poiché sentiamo, assai più di allora, come lo “spaesamento confusionale” e divisivo di fronte alla realtà si stia, con maggior forza, facendo strumento di azzeramento di ogni alternativa e opposizione, strumento di controllo. Mentre le trombe dei media starnazzano o nascondono notizie, a seconda delle necessità, e tutti siamo sommersi e indirizzati dallo spettacolo del potere.
Nel 1986 al Cicip nasce anche una rivista, Fluttuaria. Ne verranno pubblicati 17 numeri. Ci sono un bar e un ottimo ristorante, serate di musica, danze, feste. “A proposito di politica… ci sarebbe qualcosa da mangiare?” ed è Sabina Moroni a prendere, per diversi anni, la guida della cucina. Nel tempo si sono allestite mostre e mercatini, avviati corsi di tango e di drammaturgia, si son fatti concerti di musica classica, ingaggiate gare di cucina con Stefania Giannotti, è stato sede di una squadra di calcio femminile o delle “cercatrici d’oro” che andavano a setacciare fiumi e torrenti, anche a scopo di finanziamento. Da qui sono passate, tra le altre, anche Anna Del Bo Boffino e Angela Finocchiaro, Rosi Bindi e Gianna Nannini, Barbara Alberti e Lella Artesi. Di casa, al Cicip, erano Ida Farè, Laura Lepetit, Tiziana Villani, Giuliana Peyronel, Rosella Simone, Francesca Pasini, Renata Molinari, Sandra Bonfiglioli, Antonella Nappi, Chiara Martucci e tante altre. Insomma, in questo luogo “si sono incontrate intellettuali e sottoproletarie, artiste e calciatrici, musiciste e poetesse, tutte quelle che cercavano un luogo per esercitare la propria libertà”[1].
Lea Melandri, Laura Lepetit, Francesca Pasini a una festa al Cicip
Nonostante fosse diventato, grazie a tutta questa vita e a tutti questi corpi, un punto di riferimento (insieme ad altri) per il femminismo milanese, nel 2011 viene sfrattato. Le donne non provano a resistere, impacchettano idee, pentole e ricordi e se ne vanno (da un’altra parte, ma non si ritroverà la medesima alchimia).
L’esperienza dell’intero stabile, risalente al 1400, occupato nel 1976 dopo 12 anni di assoluto abbandono da parte del demanio pubblico, termina nel 2011, come da accordi con il Comune, con una s-vendita da parte di BNL Paribas Real Estate Investment Management Italy a privati per 10 milioni di euro (una cifra ridicola vista la dimensione e la posizione del palazzo). La delega per l’operazione era stata data a BNL Paribas nel 2010, dalla giunta Moratti. L’elezione a sindaco di Giuliano Pisapia, nel 2011, aveva riacceso qualche speranza negli abitanti e nelle associazioni occupanti, speranza che si rivelerà mal riposta[2].
È chiara ormai, da questa data o giù di lì, la svolta verso la Milano affarista con la quale ci confrontiamo pienamente adesso. Il problema non riguarda solo il capoluogo lombardo, ma appare chiaro che nel presente il territorio è esplicito luogo di accaparramento e destrutturazione del vivente e della forza simbolica delle sue forme di invenzione, protezione, collegamento, autorganizzazione. Deve prevalere non solo un modello di metropoli, ma deve anche sparire una soggettività pensante, non egoista ed ego-riferita, capace di spendersi per la collettività e la civiltà senza che ciò venga subito iscritto nelle strutture politiche tradizionali, traducendo il proprio fare in eredità culturale per tutti. Cosicché, la politica assolve la funzione governamentale di favorire la speculazione e il guadagno del privato a spese di ciò che è pubblico, con estromissione, anche violenta, di tutto ciò che può essere d’inciampo a tale logica: eccedenze, devianze ma anche cooperazione, collaborazione, sostegno reciproco. Si direbbe, biopolitica.
Il sacrificio di questo processo è, infatti, la vita del Cicip&Ciciap e di tante altre associazioni che, dopo aver contribuito alla salvaguardia del palazzo con ininterrotti interventi di manutenzione a proprie spese, verranno sacrificati. Ricordiamo che in via Morigi avevano sede anche il Punto Rosso, Attac, Greenpeace, Survival, Servizio Civile Internazionale, Donne Internazionali. Oltre alle associazioni la casa era abitata da 23 nuclei famigliari. Primi occupanti, nel ‘76 erano stati un gruppo di ragazzi del COM, Collettivo di liberazione omosessuale, vicini a Mario Mieli. Nel ‘78 arrivarono le “Bororo” che danno vita a una comune femminista.
Il Cicip dopo via Morigi approderà in via Col di Lana, grazie anche alla sovvenzione personale di Genevieve Vaughan, ma non riuscirà a ritrovare quel tipo di clima e ambiente favorevoli che ne avevano agevolato lo sviluppo. Nessun Comune si è mai fatto vivo e questa storia, come scrivevo all’inizio, è per lo più trascurata.
Viceversa, altre associazioni hanno trovato nuovi spazi. Alcune sono diventate estremamente note e solide.
La morale di questa vicenda, proprio ricostruendo quanta vita, quanto movimento, quanti affetti, quanto divenire siano coinvolti, con-mossi in tutta la miriade di imprese sociali su cui poggia l’ossatura di Milano, è che questa città, in forza della sua storia e della composizione sociale che l’ha sempre contraddistinta, non è Citylife, non è il laboratorio della rigenerazione urbana che si vuole trapiantare contro la sua natura. È stata, ed è, una città colma di senso, di cultura e di politica, sempre avanguardia di tutte le sperimentazioni sociali (nel bene e nel male).
Identica rimane ancora oggi la ricerca, poiché tale è l’ineludibile propensione dello stare al mondo, la meraviglia che ancora si fa largo tra le macerie, anche nei periodi bui della storia come questo. La traccia marcata, citando Daniela Pellegrini, dalla “materia sapiente”.
La manifestazione nazionale del 6 settembre a difesa del Leoncavallo e di tutti gli spazi sociali, tenendo conto degli insegnamenti del passato ma puntando soprattutto al futuro, deve servire a difendere un’idea di condivisione tra corpi e perciò non può dimenticare la densità storica dell’esperienza femminile. Questo significa scavare al fondo dell’oppressione più marcata dalla società per rivendicare la costruzione di comunità autonome dove ritrovare una parola politica che non sia solo una tecnica come le altre. Politica come pensare e sentire collettivo, ma nella libertà di ciascuna, che concepisce, dà vita e cura ciò che è disconosciuto, sottoutilizzato o assente o non garantito o depauperato e sfruttato dal mondo presente. Fuori da identitarismi e autoreferenzialità. Un’altra, o meglio una nuova politica, non astratta ma incarnata, che valorizzi la differenza e l’unicità di ogni essere umano. Una riconquista faticosa, al fondo delle cose, che il punto di vista femminile conosce bene e che gli uomini, forse, debbono ancora imparare a riconoscere.
Nadia Riva è stata una figura di primo piano del movimento femminista milanese e internazionale. È morta nel 2021 nella sua casa di Milano, in via Col di Lana. Nel 1981 fondò insieme a Daniela Pellegrini il Circolo culturale e politico delle donne Cicip&Ciciap e la rivista “Fluttuaria”. È stata una viaggiatrice, una donna di grande spirito con un linguaggio sempre ironico e rock, una amabile provocatrice, capace di sovvertire ogni regola e di uscire sempre da ogni conformismo.
Daniela Pellegrini tra le principali figure del femminismo milanese e non solo, nel 1964 ha l’intuizione di riunire un gruppo di donne, con le quali sente di avere un “terreno comune”, per iniziare a ragionare insieme. Da questa iniziativa nasce il primo gruppo del neofemminismo italiano, il DACAPO (Donne contro l’autoritarismo patriarcale), che presto cambierà nome in DEMAU (Demistificazione autoritarismo patriarcale). Negli anni Settanta fa parte della comune di San Martino, del collettivo di via Cherubini, della Casa delle Donne di via Col di Lana e partecipa ai grandi convegni nazionali di Pinarella di Cervia e Paestum. Nel 1981, insieme a Nadia Riva e Giorgia Reiser, fonda il Cicip & Ciciap: il primo circolo culturale e politico femminista di Milano, e l’unico a rimanere separatista nel tempo. Nel 1986 fonda la rivista Fluttuaria. Ha scritto Una donna di troppo. Storia di una vita politica singolare, Franco Angeli Editore, Milano 2012; Liberiamoci dalla bestia. Ovvero di una cultura del cazzo, Vanda Edizioni, Milano 2016; La materia sapiente del relativo plurale. Ovvero il luogo terzo della parzialità, Vanda Edizione, Milano 2017.
NOTE
[1] Necrologio di Nadia Riva, Casa delle donne di Milano, febbraio 2021. https://www.casadonnemilano.it/ci-ha-lasciato-nadia-riva/
[2] Per chi volesse approfondire la storia del palazzo e dell’occupazione dello stabile si rimanda a Fabio Antoniotti, Casa Morigi. Trentasei anni di abitare sociale a Milano, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura, 2011/2012.
Tutte le immagini pubblicate sono una gentile concessione del Cicip&Ciciap e di Daniela Pellegrini che l’autrice ringrazia, anche per una serie di informazioni che hanno reso possibile la stesura di questo articolo.