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Occupazione Disoccupazione Precarietà. Le menzogne delle statistiche

Qualcuno ha classificato la statistica come uno dei modi per mentire. Questo sia perché vengono assemblati dati disomogenei, sia perché una parte di quei dati viene arbitrariamente omessa in funzione di una tesi prefissata. Altre volte è l’inflazione di dati e di fonti a rendere più difficile la sintesi. Alcune riflessioni, non nuove, a proposito del lavoro.

La narrazione del capo del governo presenta una situazione economica florida con l’occupazione in crescita e imprenditori che si lamentano di non trovare lavoratori disposti a farsi sfruttare per pochi euro. Un vero e proprio ribaltamento della realtà.

Nel campo del lavoro i dati più recenti sono quelli di luglio ed evidenziano un tasso di occupazione del 62,8%, in aumento su base annua. A giugno il saldo annualizzato, cioè la differenza tra assunzioni e cessazioni negli ultimi 12 mesi è effettivamente positivo per 352.000 posizioni. Tuttavia, analizzando i dati dell’Osservatorio sul mercato del lavoro dell’Inps, le sole assunzioni del primo semestre 2025, oltre 4,2 milioni, sono in calo del 2,6% sul primo semestre 2024. Flessione che non ha riguardato i contratti di lavoro stagionale ed intermittente, non a caso le categorie meno tutelate. Alla riduzione del 4,2% dei contratti di somministrazione ha corrisposto un aumento di quelli intermittenti +3,6%, la modalità più usata dalle aziende per assumere. Nel primo semestre, tra i contratti a tempo determinato, la novità è rappresentata dall’exploit dei rapporti di lavoro stagionali, con le nuove attivazioni che sono oltre quota 680.000 ed hanno superato i nuovi rapporti a tempo indeterminato fermi poco sopra quota 666.000 (-6,2%). Il lavoro stagionale riguarda i settori di turismo, ristorazione e agricoltura, in cui si trova gran parte del lavoro nero, grigio, sottopagato, spesso usato come ricatto verso i migranti. Il saldo tra assunzioni e stabilizzazioni, confrontato con il primo semestre 2024, registra un segno negativo dell’1,8%.

Dove sono i grandi risultati in termini di creazione di posti di lavoro? E di quale lavoro parlano? Inoltre, se si escludono gli effetti della misura cosiddetta “decontribuzione sud”, verrebbe rilevato un calo del 68,3%. L’occupazione femminile (quella con un contratto) registra una flessione del 1,6%, nonostante la misura dell’esonero contributivo totale. E ci sarebbe tanto da dire.

La povertà lavorativa è in aumento. Eurostat e ISTAT riportano che nel 2024 il 10,3% delle persone che lavorano è a rischio povertà, in crescita rispetto al 9,9% del 2023, e riguarda anche laureat3. Non solo nei distretti della moda e della logistica, ma anche nelle università, ricercator3, assegnist3, dottorand3, personale precario sono sces3 in piazza a maggio contro tagli agli stipendi, e aumento del precariato.

Il numero di lavorator3 a rischio povertà, con redditi inferiori al 60% della soglia mediana nazionale, è in aumento nel 2024 rispetto all’anno precedente. Le analisi delle tendenze salariali rilevate dall’ILO in un arco temporale di 17 anni evidenziano come l’Italia abbia subito le perdite maggiori in termini assoluti di potere d’acquisto dei salari a partire dal 2008. Tra i paesi ad economia avanzata del G20 le perdite di salario reale sono state dell’8,7% in Italia, del 6,3% in Giappone, del 4,5% in Spagna e del 2,5% nel Regno Unito. Il bilancio personale e familiare di ognuno di noi ne è la riprova.

L’Italia di chi esalta il Made in Italy decanta un modello che nella realtà è fatto di catene di appalto e subappalto in cui i lavoratori, prevalentemente migranti, guadagnano pochi euro l’ora, di contratto in contratto, da una ditta all’altra, in una staffetta che toglie il sonno a chi la fa, non certo a chi la comanda. Il recente caso che ha coinvolto Loro Piana, prestigiosa azienda “italiana, ecologica, sostenibile” ha smascherato una situazione di semischiavitù: lavorator3 principalmente immigrat3, costrett3 a produrre per pochi euro capi rivenduti a migliaia di euro nelle grandi vetrine della moda. E non sono certo un caso isolato. Lavorator3 sottopagat3, sottoposti a pressioni produttive, che spesso subiscono violenza e repressione anche quando rivendicano l’applicazione del contratto, rappresentano una realtà diffusa. Lo testimoniano, ad esempio, le lotte nella logistica: ci ricordiamo la morte del sindacalista Adil Belakhdim. E i gravi fatti di Montemurlo di poche settimane fa sono solo l’ultimo caso di una serie di aggressioni a lavorator3 in sciopero da parte dei padroni o della vigilanza privata aziendale. Il governo Meloni sostiene la repressione e le minacce: la legge 80/2025 prevede sanzioni e pene per chi protesta, anche nella forma della resistenza passiva, e il ministro Salvini ha pubblicamente minacciato di ritorsioni i milioni di lavoratori che hanno esercitato il diritto di sciopero, venerdì 3 ottobre, per la fine del genocidio palestinese e in sostegno ai volontari della Flotilla.

Lo sfruttamento d’altronde ha tante facce. Il mancato rispetto delle norme di sicurezza, così come la pressione sui tempi di produzione, sono tra le cause di gravi infortuni, fino alla morte. Secondo i dati INAIL, nel 2025 i morti sul lavoro (morti per lavoro) sono stati 607: un aumento del 5,2% rispetto al 2024, più di 2 al giorno.

In ultimo il lavoro femminile. Le statistiche ISTAT – CNEL rilevano un’occupazione fra il 57% e il 69% circa, a seconda che la donna viva in coppia o da sola. Oltre a rappresentare gran parte di quel lavoro povero, intermittente, part time spesso forzoso, dove viene rilevato il lavoro sommerso che si riversa nella cura di anziani e disabili, nei lavori di pulizie, nella ristorazione o nel turismo? E in quale statistica si trovano le dimissioni in bianco fatte firmare per essere usate in caso di gravidanza?

Una breve ed incompleta sintesi del quadro complessivo della gravissima situazione del lavoro, e del reddito, dove ogni aspetto si lega agli altri.

Le condizioni di lavoro peggiorano, la precarietà aumenta, il caporalato è presente in diversi settori, tra cui spiccano edilizia e agricoltura. L’economia di guerra, con le risorse destinate alla spesa militare e sottratte alla sanità e ai servizi, aggrava la contrazione dei salari reali, mentre la narrazione del governo continua a mettere sullo stesso piano degli impieghi tutte quelle forme che vanno dal lavoro intermittente, a quello a chiamata, al lavoro grigio. Si continua a morire di lavoro, a subire intimidazioni e in alcuni casi vere e proprie violenze, quando si pretende l’applicazione del contratto. Il governo fascista, con il suo portato di violenza, dà in qualche modo l’esempio a chi vuole imporre sfruttamento e brutalità. Solo noi possiamo ribaltare la realtà. E i milioni di persone scese in piazza questa settimana dappertutto.

Nadia Nardi

nell’immagine: fotografia di Cinzia Petris, particolare

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