Ieri sera, venerdì 10 Ottobre 2025, in una piazza Vittorio sempre più buia finalmente vi è stato il commosso abbraccio tra alcuni membri dell’equipaggio di mare e gli equipaggi di terra della Global Sumud Flotilla, che sono legati peraltro alla successiva missione della Freedom Flotilla. Luca dell’equipaggio di mare ha ringraziato la grande e commovente solidarietà che ha accompagnato le barche.
Il giornalista e militante palestinese Bassam ha ringraziato le donne e gli uomini che coraggiosamente hanno sfidato il blocco navale israeliano riuscendo ad ottenere un importantissimo risultato: mostrare l’illegalità del blocco navale e rompere il silenzio.
“Anche se il movimento mondiale ha imposto una tregua che consentirà ai nostri fratelli Gazawi di dormire qualche notte in pace, di non morire di fame e finalmente di poter piangere i propri morti, il piano di pace di Trump è un truffa, un progetto neocoloniale che continua a negare i diritti del popolo Palestinese e che quindi non può portare ad una vera Pace. Marwan Barghuti deve essere liberato subito se si vuole una vera trattativa di pace. Dobbiamo essere molto vigili.
Che garanzia c’è che non vengano ripresi i bombardamenti? Che i prigionieri politici rilasciati non vengano di nuovo arbitrariamente arrestati o deportati illegalmente fuori dalla terra dove hanno il diritto di vivere? Si deve continuare la mobilitazione fino a che, dal Fiume al Mare, l’intera Palestina diventi un Paese democratico e laico. I Gazawi stanno già tornando al nord e non vogliono abbandonare la Palestina mostrando così una indomabile capacità di resistere.”
Paolo della Flotilla di mare: “Gli israeliani ci hanno trattato di merda, ma è ciò che in quel carcere fanno sistematicamente ed in forme assai crudeli a tutti i palestinesi imprigionati arbitrariamente per mesi o per anni. Il 4 novembre, festa delle Forze Armate, facciamola diventare un giorno di mobilitazione contro il militarismo, che ormai pervade la nostra società a partire dalle scuole.
Dobbiamo smilitarizzare il nostro Paese e non dimenticare mai i mandati di cattura contro gli artefici del genocidio. Abbiamo rotto i muri che dividevano il nostro Paese in nome della Costituzione e del diritto internazionale. Ora dobbiamo liberare l’Italia da un governo complice di un genocidio.”
Carlo è uno skipper, non aveva mai fatto politica attivamente: “Ho provato una incredibile emozione nel vedere le immagini delle piazze italiane piene e solidali. Ora dobbiamo ritrovare la passione politica per difendere i diritti. Continuare a scendere in piazza e costruire una politica fatta di empatia, etica e umanità, con tutti gli strumenti che abbiamo e anche con il voto”.
Simone, sempre della Flotilla di mare, sottolinea: “Siamo di nuovo di fronte ad un progetto colonialista che riguarda la Palestina, ma anche noi. Questi sedicenti sovranisti sanno minacciare con ferocia le imbarcazioni dei migranti che cercano salvezza in Europa ma si piegano alla volontà degli Stati Uniti e di Israele, roccaforte e testa di ponte dell’Imperialismo e dimenticano che alcune delle imbarcazioni della Flotilla battevano bandiera italiana ed erano a tutti gli effetti suolo italiano illegalmente aggredito e umiliato. Sono subalterni alle industrie belliche che lucrano sul genocidio, a partire dall’italiana Leonardo.
Un risultato concreto lo abbiamo ottenuto perché finalmente dopo tanti mesi i pescatori di Gaza hanno potuto pescare, mentre le navi israeliane erano occupate a darci la caccia e ad aggredirci, per una volta noi invece che loro. Bene hanno fatto i portuali; dobbiamo bloccare con i nostri corpi le esportazioni di armi”.
Interviene poi lo scrittore e attore Giuseppe Cederna: “In questi giorni ho provato commozione per la vostra coraggiosa impresa e vergogna per chi in Italia ha tentato fino all’ultimo di ostacolarvi e di delegittimarvi in ogni modo. Ora non si possono dimenticare le decine di migliaia di morti.
Dobbiamo continuare la nostra resistenza con compassione e con passione. Dobbiamo imparare a sentire il dolore delle altre persone e degli altri popoli. Ci avete risvegliato. Se con questa tregua qualcuno si salverà o perlomeno potrà dormire qualche notte più tranquillamente, non lo si deve a Trump, ma ad un movimento internazionale che ha sfilato nelle strade di tutto il mondo e che non può e non deve fermarsi ora”.
Segue quindi un intervento del Team legale italiano, che era sempre in contatto e collegato con gli altri team, compreso quello palestinese. Sono stati presentati anche per spiegare la piena legalità, sul piano del diritto internazionale, dell’azione della Flotilla contro l’illegalità di Israele e dei governi occidentali suoi complici.
“Con le donne e gli uomini della Flotilla il Diritto Internazionale si è fatto vivo e incarnato dalle persone che hanno cercato di attuarlo: si tratta di un vero atto costituente di nuove forme di resistenza e di un nuovo internazionalismo”.
Serena di “Non una di meno” sottolinea come le lotte per l’autodeterminazione dei corpi e dei popoli si intreccino: “La tregua è un nostro risultato, ma non possiamo fermarci: il 25 novembre scenderemo in piazza contro il patriarcato, ideologia di potere, dominio e guerra”.
Ilaria di Mediterranea ricorda l’altro genocidio, il migranticidio, ovvero le stragi dei migranti volute per mettere argine, anche con blocchi navali simili a quello israeliani, ai fenomeni migratori causati da un sistema mondiale che genera guerre, disastri climatici, oppressione e fame da cui si cerca di fuggire per mettersi in salvo. “Mediterranea è impegnata a salvare le persone lasciate affogare nel Mediterraneo, ormai diventato un enorme cimitero.” E invita al presidio del 18 ottobre a piazza Vidoni nei pressi del Senato “per bloccare il memorandum tra Italia e Libia”.
Si susseguono gli interventi. Dice uno studente: “Pensavamo di liberare la Palestina, ma la Palestina ha liberato noi”.
Un altro aggiunge: “Italiani o palestinesi, siamo tutti e tutte sulla stessa barca, che sta affondando, dobbiamo continuare a fare rumore fino alla vittoria, alla liberazione della Palestina e dell’Italia.
Nunzio di USB parla del nuovo internazionalismo che è cresciuto in anni di mobilitazioni dal basso e ricorda il sacrificio della giovane statunitense Rachel Corrie e di Vittorio Arrigoni. L’USB intende promuovere un nuovo sciopero generale contro la legge finanziaria che ci porta in un’economia di guerra. “Abbiamo rotto la solitudine, ora servono riunioni per decidere dal basso come cambiare questo Paese”.
Altri interventi sostengono che la violenza sistemica è la vera violenza, mentre si vuol far passare come terrorista chiunque si opponga a questo sistema. “Noi non dimentichiamo e non perdoniamo i responsabili del genocidio che devono pagare i loro crimini”.
“Non ci sarà mai una vera pace senza ottenere giustizia per il popolo palestinese. La Palestina è stata la scintilla e con i blocchi all’esportazione di armi grazie ai portuali e infine alla missione della Flottilla le fiammelle si sono moltiplicate; con i due scioperi generali ora il fuoco dilaga nella prateria. Israele rappresenta il vecchio Occidente che si arma per difendere il privilegio. Nei cortei ormai si grida esplicitamente «Governo Meloni dimissioni!»”.
“Lo sciopero generale si è generalizzato e non è più soltanto di tutti i lavoratori, perché una intera generazione è scesa in piazza. Una generazione a cui stanno bruciando il futuro e che già ora sopravvive precaria e senza diritti, con salari, orari e mansioni di merda.”
L’invito finale è a valorizzare al massimo il varco che la Flotilla ha aperto sconfiggendo solitudine, passività e rassegnazione e spingendo a scendere insieme per le strade, ritrovando insieme il gusto di fare politica, decidendo insieme, passo dopo passo, cosa fare, prendendoci cura insieme di questo movimento, che ci ha fatto sentire vivi, perché non si divida, non muoia e anzi si estenda e si rafforzi, tenendo gli occhi puntati su Gaza, ma anche sulle nostre vite…
Perché da questa drammatica realtà, che alzando insieme la testa abbiamo imparato a guardare e ad affrontare, sappiamo che oltre vi è sempre un differente orizzonte, e come diceva Don Lorenzo Milani, dobbiamo tentare di “Sortirne insieme”.