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Don Luigi Verdi: “Avere dentro gli occhi di quei bambini che piangono”

La parola fede non è una certezza. Non me ne frega più nulla se uno alza il dito e dice “Credo in Dio”, un altro alza il dito, “Non credo in Dio”: fate come vi pare, non me ne frega nulla, perché il problema serio non è se uno dice “Ci credo” razionalmente o “Non ci credo”, ma se vedi uno mezzo morto per la strada e ti fermi o vai via, se cammini o smetti di camminare. Cosa me ne faccio di un “casa e chiesa” con tutte le verità in mano che ha smesso di camminare? E allora la fede vera non è una certezza.

Diceva San Giovanni della Croce: “La fede è chiudere gli occhi e procedere al buio”, quella è la fede vera, come quando Gesù muore e le donne preparano i profumi. La fede vera è quella di un genitore a cui è morto i figli e lui crede che lo rivedrà quel figlio, non sa nulla di certo, chiude gli occhi e si fida, come ho visto tantissime persone morire: lotti, lotti, lotti fino alla fine, poi a un momento ti abbandoni, ti affidi.

E allora la fede è molto legata all’aspettare, all’essere pronti e aspettare non è una cosa facile, significa vivere nel dubbio, cercare con gli occhi e con le orecchie un segnale che sembra di accendere un barlume di speranza: è bello essere sentinelle. Vedete abbiamo piantato i mandorli per i genitori a cui è morto i figli, ricordando i loro figli, pensando che non devi tenerlo in quella maledetta tomba ma gli devi portare avanti la vita: la parola mandorlo in ebraico significa “essere vigilanti”, essere attenti. Aspettare a volte non è un tempo morto, aspettare non è un tempo perso. Noi abbiamo così tanta fretta, vorremmo tutto subito e sciupiamo tutto! Aspetta, calmati, fai passare un po’ di tempo, ascoltati dentro prima di dire una parola. Vedete il fiore che attende di diventare un frutto maturo, non perde tempo, culla, culla a quel sogno e noi non culliamo mai i nostri sogni, vorremmo passare subito dal sogno alla realtà. Quanto è bello sognare e cullare una storia d’amore, cullare la nascita di un figlio, cullare un sogno che vuoi realizzare: l’attesa scava il tempo e attendere non è un tempo perso ma è il tempo delle scelte, delle decisioni, in quel vuoto ci sono delle scelte, ci sono delle decisioni. E’ un risvegliare i tuoi sensi, preparare vestiti e torce per quando arriverà quel sogno come nel Vangelo. Io credo che siamo tutti stanchi di stare in questa notte del mondo, siamo lì con una fede altalenante, una speranza incerta, un amore un po’ tirato via.

Sembra tutto vacillare come la luce delle nostre lampade soffocate spesso dall’impazienza e dalla fretta. Siamo così tanto delusi, siamo così tanto sfiduciati che non aspettiamo più niente: ormai non cambia nulla, ormai non cambierà mai niente, non credi più a un futuro migliore.

E’ vero che siamo in un tempo buio, ma spesso la vita non cambia nulla, cambia il tuo modo di vederla, puoi vedere che siamo alla fine o puoi vedere che c’è un nuovo parto, un nuovo inizio: solo la vastità del cielo, solo la vastità del mare, degli orizzonti mantiene le promesse.

Nella vita si cambia in tre modi, infatti, se ci pensate le poche volte che avete cambiato qualcosa nella vita è perché vomiti, perché hai fame, fame vera o perché ti innamori. Quali sono le poche volte che avete cambiato qualcosa dentro, o avete vomitato, o avevi fame vera, o ti sei innamorato?  Allora svegliarsi, essere pronti, questa è l’unica possibilità, la grande sfida è tornare a guardare ogni cosa come se fosse la prima volta che la vedi, questo funziona nelle storie d’amore, tornare a innamorarci di nuovo, tornare ai gesti dall’inizio, a quel guardarsi negli occhi, a tenersi la mano, a quell’abbraccio e sentire che questo istante che passa è la porta da cui entra la gioia.

Allora vi prego non vi chiudete, perché se ti chiudi la tristezza che hai dentro non esce e la gioia non entra. Quello che oggi ci manca non sono maestri di vita interiore, ma sono semplicemente maestri di vita, di una vita degna di essere vissuta e quando Gesù parla dei maestri di vita quasi mai parla degli uomini o delle donne: guardate come crescono i fiori dei campi, guardate gli uccelli del cielo, qualunque cosa può essere il tuo maestro di vita, basta aprire gli occhi ed essere lì.

E vorrei concludere cosi:

In questi giorni di stupida guerra,
di strage di bambini innocenti,
il sangue galoppa nella nostra carne.

La carne trattiene il fiato,
c’è un’onda di panico improvviso,
supera il brivido che ci dà la scossa.

Non so chi possa sciogliere
il duro ghiaccio dell’odio.
Vivo sempre al limite della morte,
fissando il futuro.

Il cuore si spezza,
ma ciò che mi angustia di più,
sono gli occhi spalancati
di quei bambini che piangono.

Questo mi fa il massimo del dolore: allora vorrei che ognuno di noi avesse davvero gli occhi, quegli occhi di quei bambini spaventati che piangono.

Don Luigi Verdi, Pieve di Romena 10 agosto 2025

Paolo Mazzinghi

Fonte
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