Mathilde Muhindo Mwamini, rappresentante di lunga data della Società civile a Bukavu, nel Sud- Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo, dà qui uno spaccato della situazione prevalente nel Nord-Kivu e nel Sud-Kivu, occupati dalle forze dell’M23/AFC sostenute dal Ruanda. I colloqui tra il governo congolese e l’M23in corso a Doha lasciano la popolazione scettica: riusciranno a riportare la pace?
Goma, regno dell’arbitrio
Nel giugno 2025, sono andata in battello da Bukavu a Goma per partecipare al matrimonio civile di mio nipote e rivedere alcuni membri della mia famiglia. Ogni volta che contemplo questo meraviglioso lago, con tante piccole isole verdeggianti, le sue coste punteggiate di villaggi, mi ritrovo nel racconto della creazione e dico: «Signore, come ci hai benedetti!».
Poche ore dopo, sono arrivata nella città di Goma, dove la gente muore nel silenzio. Una mia parente, madre di famiglia, commerciante, aveva un figlio ventenne, laureato, che l’aiutava. Un giorno dello scorso maggio, verso le 16,00, lei gli aveva detto di precederla a casa. Tornata a casa, non vi aveva trovato suo figlio. Da un mese non fanno altro che cercarlo e dare soldi. Sembra che sia in un container per sospetti criminali, dove non hanno nulla da mangiare e stanno morendo lentamente. Due settimane fa, tutti i detenuti nelle prigioni segrete di Goma sono stati rilasciati, ma suo figlio non è ancora tornato. Come consolare questa madre?
Nove anni fa, il figlio maggiore di un’altra donna della mia famiglia, un uomo intraprendente, si era costruito una casa e lavorava nel suo negozio. Della gente è venuta a chiedergli soldi, lui glieli ha dati, ma non sono stati soddisfatti. Lo hanno seguito a casa, lui gli ha dato quello che aveva e loro gli hanno sparato a bruciapelo davanti alla porta; ha lasciato una vedova e quattro figli.
Venerdì 16 maggio, verso sera, è stato il turno di suo fratello, padre di sette figli. Possedeva un’officina meccanica e, prima di tornare a casa, ha voluto comprare pane e zucchero per la sua famiglia. Si è fermato a salutare il farmacista della porta accanto, suo padrone di casa, poi è entrato dalla porta seguente, in un negozio di alimentari. Degli uomini armati sono entrati nel negozio e hanno detto al negoziante: «Dacci dei soldi!». «Di questi tempi non vendiamo molto…», ha risposto l’uomo. «Dacci i soldi!». Ha dato quello che aveva. «Tutto qui?». Presi i soldi, hanno sparato a bruciapelo al cliente, poi al venditore, quindi al farmacista e a un ragazzo di 16 anni: tutti uccisi senza motivo! Sua madre ha passato tre settimane in ospedale per insufficienza cardiaca.
Mentre eravamo nella gioia di ritrovarci come familiari, qualcuno ha chiamato mia cugina al telefono: «Vieni subito, qualcuno ha appena ucciso la tua vicina». Erano le 16 e 30. Il giorno dopo, al matrimonio, mi a cugina ci ha spiegato che due giovani erano arrivati in moto a casa della vicina, le avevano sparato e se n’erano andati. Che situazione!
Bukavu non sa più contare i suoi morti
I venditori ambulanti di verdura passano davanti a casa mia a Bukavu la mattina presto, e ci salutiamo: «Come va dalle vostre parti?» ho chiesto loro. «Le cose non vanno bene – hanno risposto -. Non hai sentito cos’è successo da noi a Kamisimbi (villaggio a una ventina di chilometri da Bukavu, ndt)? Ci sono stati scontri tra gli Wazalendo (forze partigiane) e l’M23… L’M23 ha trovato un anziano del villaggio e lo ha chiamato. Si è avvicinato, gli hanno sparato ed è morto sul colpo. È iniziata la carneficina. I centri sanitari di Muku e Camasiga sono stati saccheggiati, così come la parrocchia protestante di Muku. L’M23 è entrato nelle case, uccidendo persone. Ho perso vicini, persone del mio villaggio. Mi sono trasferito per essere più vicino alla città».
La società civile ha dato il bilancio completo: più di 50 persone uccise in seguito a questi scontri nella zona di Kamisimbi. La vita sta diventando difficile.
Qualche giorno fa, nella nostra comunità di base, la shirika, una donna ha chiesto preghiere per il suocero, ucciso insieme ai suoi due cognati. Stavano aspettando un momento di tregua per dar loro sepoltura. A Nyangezi e Kaniola, nella stessa settimana, si sono verificati scontri e vittime civili.
Come movimenti femminili, siamo preoccupati per questa situazione e stiamo cercando modi per aiutare questa popolazione devastata e indirizzare gli aiuti verso l’assistenza psicologica per le comunità colpite, in particolare donne e bambini.
Un accordo di pace dubbio
Nell’accordo di pace tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda, firmato a Washington il 27 giugno 2025, è come se tutti gli appelli della società civile fossero stati ignorati. L’attenzione è rivolta alle FDLR, il piccolo gruppo armato di opposizione ruandese che sarebbe presente in Congo, mentre i soldati ruandesi sono presenti nel Congo orientale da trent’anni senza mai davvero attaccarli. La parola “giustizia” non compare nel testo: gli assassini sono stati scagionati! Eppure il nostro Ministro degli Esteri ha parlato di cicatrici che rimangono sul popolo congolese, senza giustizia né riparazione. La pace è ancora uno slogan per la popolazione che vive nell’est della RD Congo. Gli scontri tra i ribelli dell’M23 e gli Wazalendo/FARDC (esercito regolare congolese) continuano nei villaggi intorno alla città di Bukavu.
E tutti questi rifugiati che dovrebbero arrivare dal Ruanda al Congo, da dove vengono? Se solo avessero almeno parlato dei rifugiati congolesi che si trovano in Uganda, a Bujumbura… I nostri vicini stanno cercando di occupare spazi nel nostro Paese, ma non dovrebbero inventarsi l’idea che ci siano rifugiati congolesi in Ruanda. Siamo ancora in guerra, nulla è cambiato. Non sappiamo a chi presentare le nostre difficoltà. Siamo abbandonati nelle mani dei ribelli. È la balkanizzazione che sta prendendo piede? Che fare?
Una lunga storia
Mi sono ricordata che nel 1996, quando iniziarono le guerre a ripetizione, con l’arrivo dell’AFDL, la gente comune, persino i bambini di Bukavu, dicevano: «Sono gli americani che ci stanno facendo la guerra». Il regime ruandese funge da interfaccia; ha creato un mercato per le materie prime provenienti dalle nostre due province del Nord e del Sud-Kivu. Hanno rifornito compagnie minerarie provenienti da Europa e Stati Uniti…
All’inizio c’erano ancora esperti di ONG internazionali per i diritti umani; persone, per lo più diplomatici, che venivano a informarsi su cosa stesse succedendo ad Est, ma si ha l’impressione che lo abbiano fatto per riaggiustare le loro strategie. Il tempo passava, e noi continuavamo a sperare. E finalmente, vediamo che hanno messo tutto sul tavolo: «Per noi – dicono apertamente – sono i nostri interessi economici che hanno la precedenza, le materie prime, gli affari: questa è la nostra priorità».
Bisognava attendere dieci milioni di congolesi morti; bisognava sottometterci a questo livello per accedere a questi minerali. «Lo faremo correttamente, firmeremo dei contratti», dicono. Ma ignorano la vita della popolazione e tutto ciò che sopporta. È un’ingiustizia! Con tutto ciò che è stato affermato nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, guardando a ciò che sta accadendo, non solo qui, ma a Gaza, in Ucraina…, ci chiediamo: dov’è finita la sensibilità per la dignità della persona umana, il rispetto dei diritti umani?
Abbiamo rovesciato i valori: mettiamo gli interessi economici al primo posto e le persone in secondo piano, addirittura le ignoriamo. Il mondo è malato. Forse un giorno, il vapore solleverà il coperchio. Siamo miliardi sulla Terra: cercare lo sviluppo è giusto, ma per gli esseri umani, non contro di loro! Grazie!