Un fantasma si aggira per l’Europa, ma non ha nulla a che fare con un possibile “mondo nuovo” quanto piuttosto con una pratica vecchia, anzi vecchissima come il mondo. È il fantasma della GUERRA (a lettere cubitali per sottolinearne l’orrore) che tutte le classi dirigenti europee agitano come l’inevitabile quotidianità che ci aspetta.
Per capire cosa sta avvenendo nel vecchio continente l’Italia non è un buon punto di osservazione. Certo il nostro sciagurato governo non si tira indietro: aumento delle spese militari, rafforzamento dei legami (di subordinazione) con la NATO, continua propaganda militarista con allerta sui pericoli di guerra. Ma più di tanto non si può, visto che la gente comune appare restia a farsi coinvolgere, come avviene d’altra parte nell’intera area mediterranea. Altrove le cose stanno diversamente.
Alcuni esempi per capirci. I paesi baltici (a parte il vertiginoso aumento delle spese militari che coinvolge tutto il continente) hanno avviato la Baltic Defence Line che prevede una linea difensiva comune lungo il confine con la Russia, con centinaia di bunker. La Lettonia ha reintrodotto il servizio militare obbligatorio. Tutti i paesi stanno potenziando l’organizzazione dei riservisti. Programmi di educazione di massa sono stati avviati per organizzare la resistenza civile in caso di guerra.
Situazione simile nei paesi scandinavi, con particolare attenzione al coinvolgimento della popolazione e alla costruzione di rifugi antiatomici e antiaerei. Aumento della presenza della NATO e continue esercitazioni congiunte. In Svezia in particolare è stato istituito “il ministero della difesa civile” che organizza (tra l’altro) campi estivi di addestramento militare per gli studenti.
Le cose non stanno diversamente nel cuore della vecchia Europa. Giusto per citare solo alcuni provvedimenti particolarmente significativi per il loro impatto “terroristico” sulla popolazione, ricordiamo che in Francia è stato predisposto un piano che prevede che gli ospedali siano pronti, entro marzo del 2026, a curare 250 feriti di guerra al giorno. Il ministero della difesa ha poi dichiarato che potrebbe essere possibile la requisizione di industrie private per potenziare la produzione bellica.
Sul Regno Unito due soli esempi per dire tutto: vengono fatti continui appelli da parte di molti politici perché tutte le famiglie abbiano riserve di cibo e acqua per almeno 72 ore. Ma la cosa veramente inquietante è che si punta a rafforzare di molto la deterrenza nucleare con la costruzione di nuove testate e di sottomarini d’attacco.
In Polonia, oltre a potenziare l’esercito e le difese al confine con la Russia, si punta molto sul coinvolgimento della popolazione civile. Basterà ricordare, tra le tante iniziative, il progetto di addestrare 100.000 riservisti l’anno a partire dal 2027 e il programma scolastico “Education with the Military” che già dal nome dice tutto.
Solo un accenno alla Germania, comunque impegnata nel riarmo, ma soprattutto in un capillare lavoro di persuasione di massa rivolto in particolare ai giovani (appelli e questionari sul “dovere alla difesa” e ipotesi di nuovi programmi scolastici “militarizzati”).
Mi scuso per questa sequenza di dati e di esempi (per altro niente affatto esaustiva), ma era necessario per capire il clima politico e i venti di guerra che percorrono il nostro continente. Solo alcune considerazioni finali.
Personalmente non credo proprio che la Russia abbia alcun interesse ad aggredire l’Europa. A prescindere dal giudizio che si voglia dare sul suo attuale regime, non riesco a vederne alcuna ragione politica o economica. Sarebbe solamente una follia non solo omicida, ma anche suicida. Naturalmente posso anche capire le preoccupazioni dei paesi confinanti, memori di un passato burrascoso con il loro grande vicino, ma la via della ragione e della ricerca della pace è sempre la via preferibile.
Il vecchio detto latino “se vuoi la pace prepara la guerra” nell’epoca attuale non vale più. La deterrenza è un concetto vuoto. La corsa al riarmo si arresta infine solo con la guerra. Più si pronuncia la parola guerra più essa si avvicina.
L’Europa evidentemente non ha fatto tesoro della tragedia iniziata col primo conflitto mondiale, quando il clima di reciproco sospetto, l’idea di dovere essere più armati del proprio vicino, la speranza di riuscire a colpirlo in anticipo, fecero sprofondare il nostro continente in un abisso di barbarie che nessuno aveva previsto. Oggi la storia si ripete, ma questo forse non è che un capitolo del lungo autunno che vive il nostro continente.
L’unico antidoto alla nostra fatale decadenza dovrebbe essere sganciarsi dagli Usa e proporsi come mediatori indipendenti di pace e interlocutori aperti ad ogni forma di scambio con tutti i soggetti del nuovo mondo multipolare. Cercare la pace in Ucraina e togliere le sanzioni alla Russia. Riaprire il discorso sulla “via della seta” con la Cina. Ed infine, ma non per ultimo, fermare le mani sporche di sangue di Israele, come esempio tangibile del mondo che non vogliamo.
Pretendere tutto questo dall’attuale classe dirigente è ovviamente pretendere l’impossibile. Speriamo soltanto (e lavoriamo fattivamente) per un risveglio dei popoli che parta dal basso e che sparigli le carte in tavola.