Riceviamo e pubblichiamo da Milad Jubran Basir, giornalista italo palestinese e da Fulvia Fabbri, attivista per i diritti umani.
Taybeh ancora sotto attacco dei coloni.
Questa notte coloni con il volto coperto da passamontagna hanno di nuovo attaccato la città di Taybeh, bruciando auto, prodotti agricoli, incendiando case e diffondendo terrore e paura tra la gente del paese.
Hanno scritto sui muri slogan razzisti contro la popolazione.
Da settimane l’attenzione e l’attivismo di matrice terroristica degli integralisti israeliani e soprattutto dei coloni che vivono negli insediamenti illegali costruiti in Cisgiordania si manifestano con attacchi notturni e incendi alle case e ai campi, compresi gli uliveti secolari dei palestinesi.
Non è la prima volta che accade questo; solamente due settimane fa hanno tentato di bruciare la chiesa di San Giorgio, il protettore del paese, una chiesa che risale al 500 e qualche giorno dopo hanno portato le mucche scaricandole dentro questo luogo sacro.
A seguito di questi attacchi e degli articoli pubblicati, in primis su Pressenza, c’è stata una mobilitazione di solidarietà nazionale palestinese e internazionale che ha visto la presenza di personaggi di primo piano dell’OLP fare una visita di solidarietà alla Comunità di Taybeh; qualche giorno dopo i presidenti delle chiese locali di Gerusalemme e i tre patriarchi della città santa guidati dal Cardinale di Gerusalemme, l’italiano Pierbattista Pizzaballa, accompagnati da tantissimi diplomatici occidentali e dell’America Latina, hanno visitato il paese, condannando questa aggressività e manifestando solidarietà alla popolazione di Taybeh.
Dopo questi continui attacchi domina nel paese un clima di paura e di insicurezza soprattutto di notte, quando cala il buio; la gente ha perso la tranquillità perché in qualsiasi momento possono arrivare per fare vandalismo, creare terrore e danneggiando quello che trovano nel loro percorso.
Va ricordato che i coloni hanno già costruito sul territorio di Taybeh un insediamento, confiscando decine e decine di ettari di terra sia per l’insediamento che per la strade che lo collega con altri insediamenti nella valle del Giordano.
Di solito in questi casi i proprietari dei terreni che hanno i dati catastali rilasciati dal governo giordano e tanti cittadini che hanno le visure catastali, addirittura risalenti all’Impero Ottomano, ricevono una comunicazione dal governatore israeliano in arabo, inglese ed ebraico, secondo cui il terreno con i seguenti dati catastali è confiscato perché serve alla sicurezza dello Stato di Israele.
Quando qualche cittadino fa ricorso al Tribunale israeliano contro questa confisca accade spesso che lo stesso giudice abiti in un insediamento.
Con questi attacchi continui gli abitanti sono molto preoccuparsi, perché possono rappresentare dei segnali per un’eventuale volontà di allargare l’insediamento già costruito sul terreno di Taybeh, il che significa che altre terre saranno confiscate e altri olivi saranno abbattuti.
Da tenere presente che l’attuale governo israeliano ha già deliberato l’allargamento dei vecchi insediamenti e autorizzato la costruzione di nuovi sempre in Cisgiordania, dove dovrebbe nascere il un prossimo e speriamo non lontano futuro lo Stato Palestinese secondo gli accordi di Oslo del 1993.
Taybeh è situata nel cuore della montagna di Ramallah (850 metri sul livello del mare). E’ una delle più antiche città dei Cananei e conserva tutt’oggi la sua eredità religiosa mescolata con la bellezza della sua natura e del clima.
Nel suo centro storico si trova la chiesa di San Giorgio (Al Khader) che risale al periodo dei bizantini, considerato il luogo più sacro per la popolazione.
Sul punto più alto si trova un castello costruito ai tempi dei crociati, che aveva un ruolo strategico, poi c’è il cimitero bizantino che testimonia l’importanza storica e strategica nei secoli di questa piccola ma molto importante città della Palestina.
La città è circondata dai campi di olivi e si affaccia sulla valle del Giordano; di notte si può godere di viste panoramiche sia di Gerusalemme che della montagna di Al Salt in Giordania.
Oggi Taybeh è l’unica città della Palestina biblica che è rimasta cristiana.
Vivono al suo interno tre comunità con le loro rispettive chiese e comunità (chiesa latina – cattolica, chiesa melchita e chiesa ortodossa).
Taybeh è circondata da tanti villaggi musulmani con i quali c’è un rapporto di armonia e di fratellanza unico del suo genere.
Il mondo civile, religioso, cristiano, laico, musulmano e anche ebraico non deve permettere il rischio di fare scomparire la più antica comunità cristiana che vive a Taybeh perché rappresenta una testimonianza unica dal punto di vista storico e religioso.
L’appello è rivolto a tutti ed in primis alla Chiesa cattolica, al Vaticano perché non serve avere le mura e le chiese vuote nel cuore della cristianità, a Taybeh, nella Palestina, ma senza fedeli, perché come diceva don Giuseppe Dossetti “in certi contesti il silenzio può essere interpretato come complicità”.