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Santini e sante alleanze. Beatificazione di Carlo Acutis

Né l’eresia né la santità esistono di per sé come realtà immutabili. Lungo i secoli la loro definizione è cambiata, come pure sono cambiate le procedure per individuarle. Le categorie di «eresia» e di «santità» sono applicate da coloro che intendono e pretendono imporre il proprio sistema di potere e il proprio programma di verità. Le istituzioni e i gruppi che esercitano il potere, nelle sue diverse forme, marchiano di «eresia» ogni esperienza considerata un anti-modello che metta in discussione, non riconosca o sfidi tale esercizio (e i monopòli e i privilegi che ne derivano). In modo uguale e contrario, applicando l’etichetta di «santità», sono i medesimi gruppi e le medesime istituzioni a proporre un’esemplarità, un modello che sia funzionale ai propri scopi, alla propria preservazione, alla propria linea politica.

Ci sono innegabili indotti economici connessi al culto di un santo: pellegrinaggi, strutture ricettive, offerte, ceri, merchandising religioso vario, souvenir di discutibile gusto e di assai poca utilità… Ma la proclamazione di un nuovo santo garantisce alla Chiesa cattolica ben altri e ben più importanti vantaggi anche se non altrettanto immediatamente visibili. In una dinamica autoreferenziale, la Chiesa cattolica riconosce la santità quando questa si allinea ai propri obiettivi e contribuisce al rafforzamento del proprio potere e della propria immagine, nonché a stabilire nuove alleanze o consolidarne di già esistenti. Le solenni canonizzazioni sono finalizzate, a seconda dei momenti della storia e delle circostanze politiche, alle esigenze sia di autodifesa sia di esaltazione della Chiesa di Roma. Il Vaticano concede, dunque, l’etichetta di santità se riscontra una sintonia con i propri interessi, se la richiesta dei promotori della causa di santificazione risulta, cioè, coerente e funzionale agli intenti e al programma del “vertice”: quando l’interesse specifico di un’istituzione, di un particolare territorio, di un ente religioso, di un gruppo di potere locale, di un ceto, di una corporazione professionale, di una famiglia eminente s’incontra con gli interessi della Curia pontificia. Nel caso della canonizzazione di Carlo Acutis, formalizzata a Roma lo scorso 7 settembre, questi meccanismi sono particolarmente evidenti. Proviamo a individuarne alcuni.

Carlo Acutis, morto nel 2006 a quindici anni per leucemia fulminante, era rampollo di una famiglia di alta borghesia finanziaria: la famiglia Acutis controlla Vittoria Assicurazioni, una tra le massime compagnie assicurative in Italia, con un fatturato annuo di ben oltre un miliardo e mezzo di euro. Ricordiamo tutti lo zio del Marchese del Grillo, ossessionato dall’idea di far canonizzare l’antenata Quartina: far procedere la causa era l’unico scopo della sua vita, perseguito raccogliendo incessantemente testimonianze di miracoli dell’ava (miracoli che, di fatto, suscitavano perplessità e ilarità, non stupore). Oggi, l’alta borghesia – la nuova nobiltà – sembra cominciare a mostrare la stessa smania: avere un santo in famiglia per illustrare il casato e attestare anche con tale suggello speciale e assai dispendioso il proprio imponente volume d’affari e il proprio status. Del resto, i processi di canonizzazione costano una fortuna, e solo chi può permetterselo investe in una “certificazione di santità” che, se ottenuta, garantisce però un ritorno altamente spendibile.

Le istanze della potente famiglia Acutis hanno incontrato le esigenze della Chiesa cattolica, alla ricerca di una figura da imporre alle nuove generazioni cosiddette Zeta e Alpha, ormai inesorabilmente scaduti i precedenti santi giovanili non più abbastanza attrattivi (Luigi Gonzaga, Maria Goretti, Domenico Savio). Carlo Acutis viene proposto alla gioventù come modello di fede e, addirittura, come patrono di internet. Questo perché nel corso della sua breve vita, per promuovere e diffondere nel web la devozione eucaristica, aveva allestito un sito con contenuti ultraconservatori e tradizionali, centrati per lo più su narrazioni miracolistiche: le nuove tecnologie digitali come vetrina per dogmi stantii, che si vorrebbero dimostrare attraverso antichi racconti dal sapore favolistico.

E così ogni giorno torme di giovani cattolici, non di rado schierati in gruppi ben riconoscibili per divise o uniformi, sono spinte a riversarsi ad Assisi per venerarvi il cadavere di Carlo Acutis, esposto in una bara di cristallo come una moderna Biancaneve. La salma, ricoperta da una maschera di silicone, ha peraltro contribuito ad alimentare, soprattutto tra le persone più semplici, la diffusa convinzione – del tutto infondata – di un cadavere preservatosi miracolosamente intatto, non soggetto a processo di decomposizione. No, non c’è nessun “miracolo dell’incorruttibilità”: è semplice silicone! La salma è abbigliata secondo il prototipo di quindicenne così come pensato dagli uffici marketing vaticani: felpa, jeans e sneakers, tutto rigorosamente nei toni del blu e tutto rigorosamente griffato. Particolare raccapricciante: il cuore è stato prelevato dal cadavere ed è esposto in apposita teca in un altro luogo assisano, la cattedrale di San Rufino. Lo smembramento del corpo, l’esposizione e la venerazione di sue parti (lingua, testa, cuore, dita, capelli, ecc.) rimandano a pensiero magico e a pratiche con radici antropologiche ancestrali, lo sappiamo bene. Ma che tali ritualità si perpetuino ancora oggi, sul cadavere di un quindicenne, non può non suscitare più di una perplessità. La frammentazione e l’ostensione, oltre a risultare inquietanti, costituiscono il frutto di decisioni prese da altri, oltrepassando la volontà della persona, non più in condizione di far sentire la propria voce. Il valore dell’individuo come soggetto che si autodetermina, la rivendicazione della propria libertà di scelta, costituiscono il nucleo fondativo del pensiero anarchico, pur nella sua pluralità di correnti, scuole, ramificazioni.

L’irriducibilità, l’unicità dell’individuo si radica a partire proprio dal corpo dell’individuo stesso e si esprime anche nell’autodeterminazione su di esso: in vita, in morte, dopo la morte. Ma, intanto, anche il mercato delle reliquie si è messo in moto con la consueta rapidità: nel web sono apparse ciocche di capelli attribuite a Carlo Acutis, battute all’asta a cifre da capogiro, finché la Chiesa cattolica non è intervenuta con una denuncia. D’altra parte, come potrebbe tollerare concorrenza in un settore in cui il suo monopolio è da secoli ben consolidato e incontrastato? Assisi, nel frattempo, è già ampiamente colonizzata dal brand «Carlo Acutis». La sua immagine ricorre ossessivamente su tutta la paccottiglia possibile: calamite da frigo, statuine di ogni dimensione e materiale, orologi, t-shirt, tazze, borracce… Mancano ancora forse gli spazzolini da denti, ma è probabilmente solo questione di tempo.

Al netto di tutto ciò, che pure ha un suo peso, si vuole però qui sottolineare come la recente canonizzazione abbia suggellato un’alleanza tra la Curia romana e una famiglia dell’alta borghesia finanziaria. E non sorprende, per inciso, che la madre di Carlo Acutis, Antonia Salzano Acutis, prima, instancabile promotrice della canonizzazione del figlio, già sieda nel Consiglio direttivo della «Pontificia Accademia Cultorum Martyrum» di Roma. Un tempo si canonizzavano soprattutto re, regine, principi, principesse; anche esponenti del clero maggiore (papi, cardinali, vescovi, abati), ma tutti ovviamente membri di famiglie di alta nobiltà. Ora, benché non completamente accantonata l’aristocrazia, si punta al sodalizio con l’alta borghesia imprenditoriale e finanziaria. Non è né un caso né una coincidenza che lo stesso giorno a Roma con Carlo Acutis sia stato canonizzato anche il giovane Pier Giorgio Frassati, morto nel 1925: anche lui rampollo di alta borghesia, figlio del fondatore della torinese “La Stampa”, all’inizio del Novecento il secondo quotidiano d’Italia. Altra convergenza: entrambi i giovani non frequentarono scuole pubbliche ma prestigiosi licei privati retti da Gesuiti (Acutis a Milano, Frassati a Torino). Mirabili, misteriose coincidenze volute dallo Spirito Santo? Macché, una precisa strategia orchestrata a tavolino dalla Curia romana nel deliberare le canonizzazioni e che nei due casi comprende anche un’implicita indicazione negativa sulla scuola pubblica, aborrita dai santi. E così, mentre i media ci hanno sommerso di aneddoti edificanti, canti, incensi, lacrime ed emozioni in diretta da piazza San Pietro, nella solenne doppia canonizzazione del 7 settembre sono stati in realtà suggellati il sistema valoriale, lo schieramento socio-economico e l’appartenenza élitaria che incarnano tanto Frassati quanto Acutis. Ma noi, si sa, “del ver squarciamo il velo, perciò siam malfattori”. Anzi: eretici.

F.T.

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