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Charlie Kirk: la morte di un suprematista che sarà ricordato per le sue parole d’odio

La morte di Charlie Kirk, avvenuta in modo violento, per il colpo di un'arma da fuoco di un attentatore, sta scuotendo l’opinione pubblica statunitense sulla china che sta prendendo la democrazia americana, e sulle conseguenze della “natura indiscriminata della violenza politica”, come titola un editoriale sul Guardian della giornalista Margaret Sullivan. Dagli ultimi aggiornamenti c’è un sospettato in custodia, Tyler Robinson, dopo che nella giornata di giovedì era stato diffuso un video che mostrava l’attentatore.

Le riflessioni, i commenti, le parole di queste ore si concentrano sull’eredità che l’uccisione di Kirk lascia e su come resterà impressa nella memoria collettiva statunitense. Perché per come è maturata e per la figura politica che ha colpito e i messaggi che veicolava, la sua morte ha un forte valore simbolico, oltre che politico. 

“Charlie non era una figura di grazia o empatia. La storia non lo ricorderà come una voce di unità e coesione o un paladino della giustizia. Sarà ricordato per le parole che ha scelto, parole che spesso ferivano e dividevano. Mentre giaceva sul palco, sanguinante, quelle parole, un tempo armi, si sono dissolte come polvere”, si legge in un post della pagina Facebook The Hungry Black Man (qui la traduzione). 

Charlie Kirk, 31 anni, definito impropriamente come un conservatore da diversi media, era attivista di estrema destra, amico del figlio del Presidente USA Donald Trump e considerato uno dei pupilli della Casa Bianca trumpiana. Era uno dei tanti megafoni della propaganda trumpiana che in questi anni ha incendiato l’opinione pubblica statunitense instillando messaggi d’odio e divisione, proponendo liste di proscrizione, incitando alla violenza, svilendo e indebolendo le regole di cui si nutrono le democrazie e lo Stato di diritto. Nel 2012 aveva fondato assieme a Bill Montgomery il think thank Turning Point USA.

A decine le testate giornalistiche hanno raccolto le affermazioni che Kirk andava ripetendo online e in presenza, nelle scuole, nei college, nelle università, perché aveva capito che erano quelli i luoghi dove poter insinuare dubbi, aprire varchi da riempire con propaganda pret-a-porter. Kirk era infatti il fondatore di un'organizzazione politica titolare di un canale YouTube con oltre quattro milioni di iscritti e centinaia di migliaia di visualizzazioni.

E nelle scuole e su YouTube, in questi anni, Kirk è andato diffondendo le principali credenze che stanno intossicando le opinioni pubbliche delle nostre democrazie sempre più in crisi. Durante la pandemia si è fatto megafono della disinformazione sul Covid e i suoi trattamenti, è stato un pericoloso negazionista climatico, ha insinuato dubbi su come funziona il consenso scientifico. Tutte ricette che ormai non hanno bisogno più di essere propagandate perché ora sono prassi politica di chi governa, si stanno facendo pensiero egemonico, dopo anni di lavoro incessante e sottotraccia sulle masse. Da notare che l’altro fondatore di Turning Point USA,  Bill Montgomery, era morto nel 2020 a causa delle complicazioni da Covid.

Kirk ha definito un “grande errore” il Civil Rights Act del 1964, la legge federale che ha aperto la strada alla fine della segregazione razziale negli Stati Uniti nei luoghi pubblici e di lavoro e garantito il diritto di esercitare il voto. Ha detto che “Martir Luther King era terribile. Non era una brava persona”. 

Una volta ha confessato di non sopportare la parola empatia: “Penso sia un termine inventato, New Age, che fa molti danni”. Era questo il registro delle sue posizioni, quasi un manifesto politico. 

Infine, Kirk era un indefesso sostenitore del diritto di portare armi in nome di interpretazioni discutibili del secondo emendamento della Costituzione americana. Due anni fa, durante un evento del suo movimento, Kirk aveva sostenuto che alcune morti per armi da fuoco ogni anno fossero un prezzo accettabile da pagare per preservare il secondo emendamento e proteggere in questo modo “gli altri nostri diritti dati da Dio”. 

Per questo la sua morte ha un alto valore simbolico. Quando è stato ucciso, all’interno di un campus universitario nello Utah, Kirk stava parlando proprio di sparatorie di massa. Gli era stata fatta una domanda sulle sparatorie nelle scuole che aveva deciso di aggirare: “Che facciamo, ci mettiamo a contare anche la violenza delle gang?”, aveva detto quando, all’improvviso, si è sentito uno sparo. Poi Kirk è caduto e la sua voce si è spenta.

Le sue ultime parole – non di certo parole di solidarietà, di empatia, di coesione sociale, di invito all’unità – fanno parte del suo lascito. Che segno lasceranno? È su questo che si interroga ora la società statunitense.

Trump ha pianto la morte di un “genio”, di “un martire della verità”. I trumpiani più esaltati stanno usando l’omicidio di Kirk per reclamare vendetta, attribuire alla “sinistra” tutta la violenza politica negli Stati Uniti e chiedere di farsi giustizia una volta per tutte dei nemici ideologici, nonostante a caldo non si sapesse ancora nulla sull’omicida e il suo movente (nda, dopo 33 ore è stato arrestato Tyler Robinson, detenuto senza cauzione in una prigione dello Utah con diverse accuse, tra cui omicidio aggravato, secondo le autorità).

Trump ha tenuto un discorso televisivo incendiario in cui ha inveito contro la “violenza politica radicale di sinistra”. Elon Musk ha affermato: “La sinistra è il partito dell'omicidio”. Valley Shaun Maguire ha detto che “la sinistra ci ha fatto la lezione negli ultimi dieci anni sui pericoli della violenza della destra”, ma “il pericolo era in realtà nella sinistra”. Katie Miller, moglie dell'esponente di estrema destra Stephen, ha accusato i liberal di avere “le mani sporche di sangue”.

Tutte queste persone, scrive Mehdi Hasan, CEO di Zeteo, “dimenticano colpevolmente tutte le volte che sostenitori di Trump hanno ucciso, aggredito e minacciato oppositori dell’attuale presidente e politici del Partito Democratico. Erano sostenitori di Trump l’omicida della deputata democratica, Melissa Hortman, e di suo marito Mark lo scorso giugno: l’uomo accusato del tentato omicidio del governatore democratico della Pennsylvania, Josh Shapiro, lo scorso aprile; l'uomo condannato per aver orchestrato una serie di sparatorie nelle case di quattro funzionari eletti democratici nel New Mexico nel 2022; l'uomo che ha cercato di rapire l'allora presidente della Camera dei Rappresentanti democratica Nancy Pelosi e ha aggredito suo marito Paul nel 2022. E così andando a ritroso fino al tentato colpo di Stato a Capitol Hill il 6 gennaio 2021 e anche prima: “l'uomo che nel 2017 ha ucciso l'attivista di sinistra Heather Heyer dopo aver investito con la sua auto una folla di contro-manifestanti a Charlottesville era un sostenitore di Trump”, conclude Hasan.

Ha fatto notizia il post della giornalista e docente universitaria, Stacey Patton, che ha raccontato di essere finita nella “lista nera digitale” di Charlie Kirk e ha descritto le enormi sofferenze che ha dovuto affrontare. “La sua cosiddetta ‘Professor Watchlist’, gestita sotto l'egida di Turning Point USA, non è altro che una lista nera digitale di accademici che osano dire la verità sul potere negli Stati Uniti. Sono finita in quella lista nel 2024 dopo aver scritto un commento che ha infiammato i fedeli di MAGA. E una volta che il mio nome è stato inserito, la macchina delle molestie si è messa in moto”, scrive Patton. 

“Hanno sommerso le linee telefoniche dell'università e l'ufficio del rettore con chiamate in cui chiedevano che fossi licenziata. L'ondata era così incessante che il capo della sicurezza del campus mi ha contattata per darmi una scorta, perché temeva che uno di questi leoni da tastiera potesse uscire dal suo seminterrato e venirmi a fare del male”, spiega Patton. “E non sono l'unica”, aggiunge. “La Watchlist di Kirk ha terrorizzato schiere di professori in tutto il paese. Donne, docenti di colore, studios* queer, praticamente chiunque sfidasse il suprematismo bianco, la cultura delle armi o il nazionalismo cristiano si sono improvvisamente ritrovati bersaglio di abusi coordinati”, spiega la docente universitaria. “Alcuni hanno ricevuto minacce di morte. Ad altri è stato minacciato il posto di lavoro. Alcuni hanno lasciato completamente il mondo accademico. Kirk ci ha mandato un messaggio forte: dite la verità e vi scateneremo contro la folla!”.

“Questa è la cultura della violenza che Charlie Kirk ha costruito. Ha normalizzato la violenza. L'ha curata, monetizzata e scatenata contro chiunque osasse smascherare le bugie del suo movimento”, conclude Patton. “E ora, sulla scia della sua sparatoria, c'è tutta questa ondata nazionale di cordoglio, momenti di silenzio, mani giunte in preghiera gialle e tributi che lo dipingono come un civile interlocutore politico. Ma la verità è che Kirk e i suoi soldati semplici hanno trascorso anni a terrorizzare gli educatori, cercando di zittirci con molestie e paura! E ora la stessa violenza che ha scatenato sugli altri ha completato il cerchio”.

Un recente studio del politologo James Piazza ha rilevato che i paesi in cui i politici hanno usato “spesso” o “molto spesso” discorsi di incitamento all'odio hanno subito in media 107,9 attacchi terroristici interni, rispetto ai 12,5 attacchi nei paesi in cui i politici hanno usato raramente tale linguaggio. 

“Non c'è mai stato, il 6 gennaio incluso, un momento più terribile per la moderna repubblica americana della seconda amministrazione di Trump”, scrive Zack Beauchamp su Vox. “È innegabilmente vero che Trump ha minato la struttura politico-istituzionale dello Stato americano, concentrando il potere nelle sue stesse mani, anche rispetto alle forze dell'ordine e ai militari. In circostanze normali, sarei fiducioso che le cose non possano degenerare. Ma non posso esserlo. Il nostro sistema è troppo decadente, troppo colpito dalla sfiducia reciproca, per contare sulla fede nella democrazia per tirarci fuori da questo”.

Cosa fare, dunque, con un'eredità come questa? Come impedire che lo Stato di diritto venga definitivamente affossato, come teme Beauchamp? 

Innanzitutto, riflette il post di The Hungry Black Man, i messaggi propagandati da Kirk non vanno elusi. Va riconosciuto “ciò che ha detto, come lo ha detto e il dolore che ha causato”. In secondo luogo, bisogna “resistere alla tentazione di lasciare che la violenza generi altra violenza. Perché se questo atto ci insegna qualcosa, è che la violenza politica è diventata un richiamo irresistibile per gli squilibrati, una scintilla che sarebbero pronti a usare per accendere la polveriera del risentimento razziale e di classe. Oggi è stata messa a tacere una voce conservatrice [una voce di estrema destra, Nota di Valigia Blu]. Domani potrebbe essere facilmente una voce progressista. Non dobbiamo permettere che la violenza diventi la moneta corrente della politica”.

Se vogliamo impedire che la legge del più forte riprenda il sopravvento, dobbiamo raccogliere la vera eredità che lascia l’uccisione di Kirk: “Ciò che diciamo è importante. Il modo in cui viviamo è importante. Le parole che scegliamo, le cause che difendiamo, il modo in cui ci trattiamo gli uni con gli altri, diventano i mattoni della nostra eredità. Le parole di Kirk, spesso taglienti e talvolta crudeli, restano incise nella memoria collettiva tanto quanto la sua morte. Prendiamo nota: le eredità dovrebbero essere radicate nell'amore, nella giustizia, nell'uguaglianza, non nella divisione. Riposi in pace, se può, signor Kirk. Possa il suo ultimo gesto insegnarci qualcosa di duraturo: che anche nel dolore, siamo chiamati a fare scelte migliori”.

(Immagine anteprima via Heute)

 

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