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Le elites europee governanti hanno svenduto l’Europa alle multinazionali statunitensi. Chiediamo il ritiro della firma dall’accordo sui dazi!

L’accordo siglato tra Unione Europea e USA sui dazi è un disastro e costituisce un punto di passaggio periodizzante. Ci ricorderemo a lungo del campo da golf scozzese come del teatro di un atto di sottomissione che cambia la storia dell’Europa.

Riassumendo brevemente le merci europee pagheranno per entrare negli USA dazi dal 15%al 50%. Viceversa le merci USA non pagheranno praticamente nulla: scenderanno sotto allo 0,9%. In aggiunta l’Unione Europa si impegna a comprare in tre anni (entro la fine del mandato di Trump) dagli USA 750 miliardi di dollari di gas (ad un prezzo di 5 volte superiore a quello che veniva pagato alla Russia), centinaia di miliardi di armamenti ed a fare 600 miliardi di investimenti negli USA.

Non sappiamo ancora cosa prevede l’intesa nel dettaglio ed in particolare in merito agli “ostacoli non tariffari al commercio”. Gli USA hanno infatti sempre chiesto una modifica radicale dei regolamenti europei che aprisse il mercato europeo agli USA sul terreno bancario, assicurativo, dell’esportazione di carne (estrogeni, etc), di prodotti agricoli (OGM etc.), del riconoscimento dei farmaci (senza applicare il principio di precauzione) e così via.

Conosciamo quindi le linee generali di un disastro su più piani.

In primo luogo sul piano simbolico: la trattativa si è tenuta in un campo da golf scozzese di proprietà di Trump e l’accordo è stato firmato nella sala da ballo che il proprietario – Donald Trump – ha intitolato a se stesso. Questo quadretto, di cui tutto il mondo sta ridendo, esprime in forma plastica la completa e servile subordinazione della UE agli USA, dice chi comanda e chi ubbidisce scodinzolando.

In secondo luogo per la sua arbitrarietà che nuovamente parla della subordinazione europea: La narrazione che ha preceduto la trattativa ha descritto i rapporti economici tra gli USA e l’Unione Europea come completamente squilibrati, in cui l’Europa inonda di merci gli USA che si debbono difendere.

Si tratta di colossale mistificazione: Nei rapporti tra USA e UE infatti gli USA hanno un disavanzo di 213 miliardi per quanto riguarda le merci ma hanno un avanzo di 156 miliardi per quanto riguarda i servizi e di 52 miliardi per quanto riguarda i capitali.

In pratica una situazione che vede un disavanzo economico-finanziario reale tra USA e UE è di 5 (cinque) miliardi, è stata presentata come un enorme squilibrio e questa narrazione tossica è stata accettata dall’Unione Europea.

Che cosa succede invece per i servizi (Google, Microsoft, Amazon,etc etc.) in cui sono gli USA che invadono la UE? Nulla, nel senso che questi erano sostanzialmente detassati e tali rimangono: le grandi aziende tecnologiche statunitensi hanno nell’Europa – attraverso la porta irlandese – un gigantesco paradiso fiscale in cui non pagano le tasse, altro che i dazi!

In una situazione di equilibrio negli scambi economici l’Unione Europea ha quindi accettato di mettere i dazi sulle proprie esportazioni di merci mentre tutte le esportazioni di merci e servizi degli USA sono esentasse, come ovviamente è esentasse il flusso di capitali dall’Europa agli USA.

In terzo luogo per l’effetto distruttivo dell’apparato produttivo: i dazi e gli acquisti obbligati di gas determineranno un peggioramento netto della competitività delle imprese europee non solo rispetto alle imprese USA ma rispetto a quelle di tutto il mondo. Questo accordo infatti seppellisce qualsiasi possibilità di riaprire l’acquisto di gas a basso costo dalla Russia – e da altri paesi – obbligandoci a comprarlo dagli USA ad un prezzo esorbitante. Dopo decenni di attacchi al movimento operaio italiano ed europeo per ridurre il costo del lavoro, qui si accetta di peggiorare strutturalmente la competitività dell’industria europea, di impedire la crescita di aziende di servizi europei e probabilmente di mettere in discussione la tenuta delle strutture bancarie ed assicurative europee. Difficile trovare le parole per descrivere questo livello di sudditanza.

In quarto luogo non ci vuole un mago per capire che l’accettazione dei dazi porterà con se la richiesta di tagliare ulteriormente i salari al fine di mantenere la competitività internazionale e nel contempo di foraggiare le aziende colpite dai dazi con sovvenzioni statali, cioè con i soldi derivanti dalla tasse della classe lavoratrice e dei pensionati (che sono gli unici che pagano le tasse). Questo accordo sarà cioè lo scusa per un ulteriore attacco al salario diretto e indiretto della classe lavoratrice.

In quinto luogo porterà alla distruzione del welfare e alla sua sostituzione con un sistema assicurativo privato gestito dai fondi statunitensi. Non sfugge a nessuno il rapporto tra l’accordo sui dazi e la decisione della NATO di portare le spese militari europee al 5% del PIL in dieci anni. In una situazione in cui l’economia reale peggiora e in cui i salari reali sono destinati a diminuire, la scelta di porre in essere un piano di riarmo enorme – per l’Italia 6,4 miliardi di aumento della spesa militare ogni anno per i prossimi dieci anni – significa necessariamente tagliare la spesa sociale di un ammontare corrispondente. Quindi è il sistema pensionistico, sanitario, assistenziale, delle autonomie locali che verrà distrutto da questa scelta che – oltre al danno la beffa – non produrrà nemmeno un aumento di posti di lavoro in Europa perché la gran parte delle armi verranno prodotte negli USA (magari da aziende europee che delocalizzeranno).

In sesto luogo questo accordo segue di pochi giorni il pieno fallimento del vertice tra UE e Cina. In questo modo la dirigenza UE, avendo rotto le relazioni con la Russia e la Cina – e quindi con il grosso dei BRICS – in un mondo che vede la crisi verticale della globalizzazione, si è consegnata mani e piedi ad avere come unico mercato di sbocco per i propri prodotti quello statunitense. Il combinato disposto tra l’esito del vertice con la Cina e l’accordo sui dazi determina quindi una dipendenza sistemica dell’Europa dagli USA come non si era mai visto.

L’Unione Europea è diventata una colonia

L’accordo sui dazi è quindi destinato ad essere il punto di passaggio che sancisce la fine di una fase dell’Unione Europa e la sua consacrazione a colonia statunitense sul piano strutturale, non solo politico. L’accordo infatti non ha un carattere sovrastrutturale ma interviene a modificare i rapporti di forza tra gli apparati produttivi di merci e servizi ed a accentuare all’inverosimile elementi di dipendenza sistemica.

Questo accordo è stato fatto in nome della stabilità per rendere irreversibile il rapporto di dipendenza dell’Europa dagli USA. Questo dipendenza è vista dalle classi dominanti europee come l’unica via possibile per salvaguardare i propri interessi.

Questo accordo è stato fatto quindi per salvaguardare la posizione di privilegio subalterno da parte delle classi dominanti europee a scapito degli interessi dei popoli europei. E’ la genuflessione dei feudatari – di fronte all’imperatore e alla sua corte – che accettano di far morire di fame i propri sudditi pur di non perdere i propri privilegi e magari sostituiti.

Sono tutti responsabili

Questo disastro è così grande e sarà così visibile nei prossimi mesi, che tutti i governanti europei fanno a gara a criticare l’accordo per non assumersene la responsabilità.

Moltissimi membri dell’establishment europeo sostengono che la colpa è tutta della von der Leyen, che sta diventando il capro espiatorio della vicenda.

Ora, che la Presidente della commissione sia un personaggio squallido e immorale, venduta alle multinazionali e disposta a piegarsi al miglior offerente, è del tutto evidente. Il fatto che tutti critichino il risultato ma nessuno chieda di togliere la firma e di far saltare l’accordo però la dice lunga sulla malafede delle critiche.

L’accordo firmato dalla von der Leyen è in realtà il frutto delle politiche liberiste e di subalternità agli USA che la dirigenza dell’Unione europea sta seguendo da decenni e di cui sono stati protagonisti i Draghi, i Monti, i Macron le Meloni e così via. E’ con gli accordi di Maastricht ed in particolare con quelli di Lisbona, con il Fiscal compact e tutte le criminali scelte fatte da Draghi, dalla Merkel e soci nel 2012 che sono state poste le premesse per questo risultato. La scelta folle è stata di puntare tutto su un modello finanziarizzato che aveva al centro gli USA e su un modello produttivo finalizzato unicamente alla compressione dei costi e all’esportazione, scegliendo come unico mercato di sbocco di grande rilevanza gli USA. Questa scelta è stata fatta da decenni e la von der Leyen non è nulla più che la criminale esecutrice testamentaria di un disegno costruito negli anni dalle classi dominanti europee che sono state bravissime a distruggere il movimento operaio europeo ma hanno sacrificato a questa prospettiva il destino complessivo dell’Europa. Mai come oggi risulta evidente che gli interessi delle classi dominanti europee – occultati e infiocchettati dal complesso dei media europei e dai principali schieramenti politici – sono in contrasto radicale con gli interessi dei popoli europei.

Togliere la firma dall’accordo

Il nodo politico è quindi uno solo: l’accordo deve essere mantenuto o deve essere fatto saltare? E’ evidente che deve essere fatto saltare.

Tutte le critiche, anche le più dure se non chiedono di ritirare la firma e di azzerare l’accordo sono aria fritta, fumo negli occhi. Per evitare oltre al danno la beffa dobbiamo costruire una movimento di massa per chiedere le dimissioni della von der Leyen – e della Meloni – il ritiro della firma e la proclamazione della nullità dell’accordo.

Paolo Ferrero

Redazione Italia

Fonte
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