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Il giornalista di Al Jazeera Anas al-Sharif è stato ucciso insieme a quattro colleghi da un attacco israeliano

Il giornalista di Al Jazeera Anas al-Sharif è stato ucciso nella notte di domenica 10 agosto da un attacco israeliano. L’attacco ha colpito una tenda per la stampa allestita fuori dall’ospedale al-Shifa, a Gaza. Insieme ad Anas al-Sharif sono stati uccisi altri 4 giornalisti: il corrispondente di Al Jazeera Mohammed Qreiqeh e gli operatori Ibrahim Zaher, Mohammed Noufal e Moamen Aliwa. In totale i morti sarebbero sette. Anas al-Sharif era uno dei giornalisti più noti nel coprire la guerra in corso a Gaza.

L’esercito israeliano (Israel Defence Force) ha ammesso la responsabilità dell’attacco, accusando al-Sharif di essere “capo di una cellula terroristica di Hamas” e di aver “promosso attacchi con razzi contro civili israeliani e forze dell’IDF”. Le accuse sono state contestate da Al Jazeera e da varie organizzazioni per la difesa dei diritti umani.

Al Jazeera Media Network ha condannato le uccisioni come un attacco“palese e premeditato alla libertà di stampa”. “Questo attacco arriva nel mezzo delle conseguenze catastrofiche dell'assalto israeliano in corso nella Striscia di Gaza, che ha visto il massacro incessante di civili, la fame forzata e la distruzione di intere comunità”, ha affermato AMN, definendo al-Sharif “uno dei giornalisti più coraggiosi di Gaza”.

Il Committee to Protect Journalists (CPJ) ha dichiarato di essere “sconvolto” per la morte di al-Sharif, Qreiqeh, Zaher e Noufal (oltre a un assistente non identificato), uccisi “in un attacco contro una tenda usata dai media vicino all’ospedale al-Shifa a Gaza City durante un bombardamento israeliano”. “Il modello con cui Israele etichetta i giornalisti come militanti senza fornire prove credibili solleva serie domande sulle sue intenzioni e sul rispetto della libertà di stampa”, ha dichiarato Sara Qudah, direttrice regionale del CPJ, aggiungendo: “I giornalisti sono civili e non devono mai essere presi di mira. I responsabili di queste uccisioni devono essere chiamati a rispondere”. 

Nelle settimane precedenti alla sua uccisione, al-Sharif era stato oggetto di attacchi pubblici da parte dell’esercito israeliano. A fine luglio, il portavoce dell’IDF Avichay Adraee aveva diffuso un video accusandolo di essere membro delle Brigate al-Qassam dal 2013. La relatrice speciale ONU per la libertà di espressione Irene Khan aveva definito le accuse “senza prove”, denunciando un “attacco frontale ai giornalisti”.

Nel suo ultimo video pubblicato su X, al-Sharif aveva parlato di “bombardamenti incessanti” che si stavano intensificando su Gaza. Nel video si sentono i boati delle esplosioni mentre il cielo viene illuminato.

Sempre sul profilo X di al-Sharif, dopo la morte è stato pubblicato un messaggio in inglese datato 6 aprile in cui affermava di non aver mai esitato “a raccontare la verità così com’è, senza distorsioni o falsificazioni”:

Questa è la mia volontà e il mio ultimo messaggio. Se queste parole vi raggiungeranno, sappiate che Israele è riuscito a uccidermi e a zittire la mia voce. Innanzitutto, la pace sia con voi e la misericordia e la benedizione di Allah. Allah sa che ho dato ogni sforzo e tutta la mia forza per essere un sostegno e una voce per il mio popolo, sin da quando ho aperto gli occhi alla vita nei vicoli e nelle strade del campo profughi di Jabalia. La mia speranza era che Allah prolungasse la mia vita per poter tornare con la mia famiglia e i miei cari nella nostra città natale, Asqalan [Al-Majdal], occupata. Ma la volontà di Allah è stata più forte e il suo verdetto è definitivo. Ho vissuto il dolore in tutti i suoi dettagli, ho assaporato molte volte la sofferenza e la perdita, ma non ho mai esitato a trasmettere la verità così com'è, senza distorsioni o falsificazioni, affinché Allah possa testimoniare contro coloro che sono rimasti in silenzio, coloro che hanno accettato il nostro massacro, coloro che hanno soffocato il nostro respiro e i cui cuori sono rimasti impassibili davanti ai resti sparsi dei nostri bambini e delle nostre donne, senza fare nulla per fermare il massacro che il nostro popolo ha subito per più di un anno e mezzo. Affido a voi la Palestina, il gioiello della corona del mondo musulmano, il cuore pulsante di ogni persona libera in questo mondo. Affido a voi il suo popolo, i suoi bambini innocenti e vittime di ingiustizie che non hanno mai avuto il tempo di sognare o di vivere in sicurezza e pace. I loro corpi puri sono stati schiacciati da migliaia di tonnellate di bombe e missili israeliani, fatti a pezzi e sparsi sui muri. Vi esorto a non lasciare che le catene vi zittiscano, né che i confini vi limitino. Siate ponti verso la liberazione della terra e del suo popolo, finché il sole della dignità e della libertà non sorgerà sulla nostra patria rubata. Vi affido la cura della mia famiglia [...]. 

Secondo i dati forniti dal CPJ, dall’inizio della guerra sono stati uccisi 186 giornalisti; almeno 178 di loro sono palestinesi uccisi da Israele. Tra i morti figurano diversi giornalisti di Al Jazeera insieme a familiari. Il CPJ ha stabilito che, a maggio 2025, almeno 11 giornalisti e due operatori sono stati direttamente presi di mira dall’IDF in uccisioni che l’organizzazione ha classificato come omicidi. Il governo israeliano ha sempre negato di aver deliberatamente preso di mira giornalisti. 

(Immagine anteprima: frame via YouTube)

 

 

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