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Lettera aperta di 209 ex ambasciatori UE contro le azioni illegali di Israele a Gaza e in Cisgiordania

Pubblichiamo integralmente la traduzione nostra della lettera rilasciato in vista della riunione informale dei ministri degli Esteri Gymnich, 29-30 agosto 2025

 

Lettera aperta per l’attuazione immediata delle misure dell’UE contro le azioni illegali di Israele a Gaza e in Cisgiordania

Lettera aperta co-firmata da 209 ex Ambasciatori dell’UE e degli Stati Membri e da Senior Staff

Diretto a:

Capi di Stato e di Governo, e Ministri degli Esteri dei Stati Membri dell’UE 

Presidente del Consiglio Europeo

Presidente della Commissione Europea

Presidente del Parlamento Europeo

Alto rappresentante per gli Affari Esteri & la Politica di Sicurezza / VP della Commissione

Commissari per: Mediterraneo; Commercio; Uguaglianza, Preparazione e Gestione delle Crisi

Presidente del Comitato per gli Affari Esteri (AFET), Parlamento Europeo

Commissioners for: Mediterranean; Trade; Equality, Preparedness & Crisis Management

 

Noi, un gruppo che ora comprende 209 ex Ambasciatori dell’UE e degli Stati Membri e di alti funzionari, scriviamo a sostegno delle nove proposte di azioni dell’UE che abbiamo redatto  nella nostra lettera aperta del 28 luglio, in risposta alle azioni illegali del governo israeliano a Gaza e in Cisgiordania, a seguito degli atroci attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Notiamo con costernazione che, nelle quattro settimane successive alla nostra lettera, non è stato concordato alcun cessate il fuoco a Gaza, nessun ostaggio israeliano è stato rilasciato e, in modo allarmante, il governo israeliano ha iniziato a implementare piani per svuotare Gaza City e i suoi dintorni di un milione di Palestinesi, costringendoli in aree di concentrazione nel sud, in preparazione di possibili deportazioni su larga scala verso paesi terzi con il rischio di fomentare una crisi migratoria. Se questo non fosse abbastanza grave, la Integrated Food Security Phase Classification (IPC) ha confermato il 22 agosto che una carestia provocata dall’uomo esiste ora in queste stesse aree di Gaza, con mezzo milione di persone che lì affrontano la fame, la miseria e la morte. La malnutrizione ora minaccia la vita di 132.000 bambini sotto i cinque anni entro il 20 giugno 2026, ed entro la fine di settembre 2025 si stima che 640.000 persone (un terzo della popolazione) dovranno affrontare livelli catastrofici di insicurezza alimentare. Tragicamente, già oltre 200 cittadini di Gaza, tra cui oltre 60 bambini, sono morti per cause connesse alla malnutrizione. Inoltre:

  • Le stime suggeriscono che dopo la nostra lettera del 28 luglio più di 2.600 palestinesi sono stati uccisi a Gaza, molti dei quali donne e bambini, e oltre 12.000 feriti;
  • Aggravando l’accesso umanitario totalmente inadeguato a Gaza, il governo israeliano ha continuato a impedire all’UNRWA e a 100 ONG internazionali di fornire qualsiasi aiuto dal 2 marzo, ha ostacolato le consegne di altri fornitori tradizionali esperti dando priorità alla militarizzazione degli aiuti forniti dal GHF e dai suoi mercenari, in violazione di tutti i principi umanitari delle Nazioni Unite, portando migliaia di palestinesi disperati e affamati ad essere uccisi o feriti mentre cercavano assistenza;
  • Ai giornalisti internazionali viene negato l’accesso a Gaza, mentre oltre 200 giornalisti e operatori dei media locali sono stati uccisi, di cui undici in recenti attacchi mirati;
  • I ministri israeliani hanno approvato piani per costruire 3.400 unità abitative nell’area E1 della Palestina, tagliando così fuori Gerusalemme Est dalla Cisgiordania e dividendo il territorio in due, con l’obiettivo apertamente dichiarato di sabotare la soluzione di lunga data dei due stati che è sostenuta dalla stragrande maggioranza degli Stati Membri delle Nazioni Unite e dell’UE e che è l’unica via praticabile perché i due popoli vivano in pace e sicurezza; e
  • I coloni violenti continuano a scorrazzare in Cisgiordania, causando, tra l’altro, il recente omicidio di Odeh Hathalin, noto attivista pacifico per i diritti umani in Cisgiordania.

Esprimiamo la nostra profonda delusione per il fatto che, in risposta al deterioramento della situazione a Gaza, l’UE non abbia adottato alcuna misura sostanziale per fare pressione su Israele affinché ponga fine alla sua brutale guerra, per riprendere la vitale assistenza umanitaria da parte dei fornitori tradizionali, e per smantellare la sua occupazione illegale sia di Gaza che della Cisgiordania. Sottolineiamo che, se l’UE non assume una posizione efficace, solo gli Stati membri, singolarmente o in “gruppi ugualmente orientati” agiranno. Benché questo sia in sé benvenuto, non potrà avere la forza di un’’azione collettiva a livello dell’UE. L’allegato alla presente lettera illustra azioni specifiche che gli Stati Membri dell’UE sono chiamati ad adottare.

in risposta al deterioramento della situazione a Gaza, riprenda l’assistenza umanitaria vitale da parte dei principali fornitori e smantelli l’occupazione illegale di Gaza e della Cisgiordania. Sottolineiamo che, se l’UE non riesce a prendere una posizione efficace, solo gli Stati membri, individualmente o in “gruppi di Paesi che la pensano allo stesso modo”, potranno agire. Sebbene ciò sia apprezzabile di per sé, non avrà la piena forza di un’azione collettiva a livello europeo. L’allegato alla presente lettera illustra le azioni specifiche che gli Stati membri dell’UE 

Oggi la situazione a Gaza e in Cisgiordania è senza precedenti. Il nostro reiterato e urgente richiamo all’azione riflette la nostra profonda preoccupazione per la punizione ingiustificata e per le spaventose violazioni del diritto umanitario e dei diritti umani che il governo israeliano commette quotidianamente contro il popolo palestinese. Riflette il nostro fervido augurio che l’UE, alla quale abbiamo dedicato la nostra vita professionale, dimostri una vera leadership, degna della stragrande maggioranza dei cittadini Europei, la cui profonda inquietudine per l’attuale deplorevole situazione in Palestina è palpabile e coerente con i valori Europei fondamentali e con la nostra credibilità nel Sud del mondo. Tra le altre cose, la mancanza di azione mina gli sforzi per raccogliere sostegno verso la posizione dell’UE sulla guerra in Ucraina.

In conclusione, sottolineiamo che, analogamente alle opinioni espresse da molti attuali membri del personale dell’UE, gli Stati e le istituzioni che affermano di sostenere i diritti umani e il diritto internazionale devono dare l’esempio coi fatti –  non solo a parole.

Firmato a nome di 110 ex Ambasciatori e Senior Staff dell’UE, nonché di 99 ex Ambasciatori di Francia, Germania e Italia. L’elenco dei cofirmatari è accessibile tramite questo collegamento ipertestuale ed è fornito anche in un Allegato separato di Co-Firmatari.

 

ALLEGATO : Azioni che gli Stati membri dell’UE sono chiamati a intraprendere: 

(in aggiunta alle nove azioni dell’UE previste nell’Open lettera del 28 luglio 2025)

Pur continuando a sollecitare un’azione a livello dell’Unione, e in assenza di un serio processo di pace, chiediamo agli Stati Membri di essere proattivi singolarmente e/o in “gruppi di paesi ugualmente orientati” nella creazione di una massa critica di sostegno, all’interno dell’UE e oltre, nel perseguimento della protezione e dell’applicazione del diritto internazionale:

  1. Sospendendo o revocando unilateralmente le licenze di esportazione di armi verso Israele nell’ambito delle leggi nazionali degli Stati Membri sul controllo delle esportazioni, anche per le attrezzature e le tecnologie a “dual-use”;
  2. Interrompendo il finanziamento di progetti cofinanziati a livello nazionale che coinvolgano enti israeliani o ritirando accordi di ricerca congiunti con istituzioni e organismi di ricerca israeliani, per quanto riguarda Horizon Europe, qualora vi siano evidenze plausibili che tali finanziamenti sostengano azioni illegali secondo il diritto internazionale;
  3. Indirizzando le università pubbliche e altri enti a cessare la collaborazione con entità israeliane sospettate di essere coinvolte in crimini di atrocità; 
  4. Rafforzando i propri regimi nazionali di sanzioni nel campo dei diritti umani e delle leggi antiterrorismo, compresi i divieti di visto e il congelamento dei beni;
  5. Introducendo divieti sul commercio di beni e servizi con insediamenti illegali, in attesa di un divieto a livello dell’UE sugli scambi, in base alle clausole applicabili del WTO, rilevando che all’inizio di questo mese la Slovenia ha già vietato le importazioni di beni provenienti da insediamenti illegali, mentre anche l’Irlanda sta portando avanti una legislazione in materia;
  6. Disinvestendo da società collegate a insediamenti illegali ed escludendole da appalti pubblici, investimenti statali e fondi sovrani;
  7. Vietando gli scali portuali o l’uso dello spazio aereo alle navi e agli aerei militari israeliani, così come le soste di transito per le navi e gli aerei che trasportano attrezzature e munizioni militari in Israele;
  8. Perseguendo i criminali di guerra israeliani e palestinesi incriminati se entrano nel loro territorio, o in alcuni casi anche in contumacia, per gli Stati Membri che hanno disposizioni di giurisdizione universale (Germania, Spagna, Belgio, Francia, Svezia, …). Tutti gli Stati membri sono ovviamente tenuti a sostenere la CPI con mandati di arresto e indagini; e
  9. Proibendo i data center e le piattaforme con sede in Europa dal ricevere, archiviare o trattare dati provenienti da fonti governative o commerciali israeliane relativi alla presenza e alle attività del governo israeliano a Gaza e altrove nei territori occupati.

 

Background delle azioni proposte:

Azione 2 – Horizon Programme:

Alle società menzionate nella relazione del Relatore Speciale delle Nazioni Unite del 16 giugno 2025 dovrebbe essere vietato l’accesso ai fondi sia nell’ambito del programma HORIZON che del nuovo annunciato programma di difesa SAFE (Security Action for Europe) da 150 miliardi di euro. 

Azione 4 – Visti come parte dei regimi nazionali di sanzioni:

Come minimo, rivedere l’applicazione dell’attuale regime di esenzione dal visto per Israele, richiedendo ai richiedenti di firmare una dichiarazione che attesti di non aver partecipato ad atti di violenza, o a sostegno degli stessi, nei territori palestinesi occupati. Sebbene gli Stati Schengen abbiano un quadro comune per i visti e le frontiere, ogni membro mantiene la sovranità di imporre divieti nazionali di viaggio ai cittadini di Paesi terzi per ragioni quali la sicurezza, l’ordine pubblico, i diritti umani o la lotta al terrorismo. Tali divieti possono essere puramente nazionali o a livello di Schengen, se viene emessa una segnalazione del Sistema d’Informazione Schengen.

Azione 4 – Blocco dei beni e servizi finanziari nell’ambito dei regimi sanzionatori nazionali:

Le autorità nazionali possono far rispettare gli obblighi in materia di diritti umani che si applicano a tutti i loro fornitori esterni e imporre responsabilità e conseguenze legali per le gravi violazioni del diritto internazionale ai sensi della Direttiva UE sulla  Corporate Sustainability Due Diligence, ad esempio le leggi nazionali pertinenti in Francia e Germania. Le sanzioni potrebbero includere il blocco delle transazioni bancarie e dei servizi finanziari tra UE e Israele, compreso l’accesso a SWIFT, nei confronti di qualsiasi istituzione finanziaria israeliana che abbia finanziato, sostenuto o condonato le azioni illegali del governo a Gaza e in Cisgiordania, o che abbia concesso prestiti a qualsiasi ente che produca armi per l’IDF. 

Azione 5 – Divieti sul commercio con insediamenti illegali:

Ogni restrizione commerciale degli Stati membri dovrebbe essere adottata al fine di dare slancio alle misure a livello dell’UE richieste da, ed essendo conformi al, diritto internazionale (WTO). Gli articoli XX e XXI del GATT/WTO consentono ai membri del WTO di adottare qualsiasi misura commerciale necessaria per proteggere la morale pubblica, in risposta a un’emergenza internazionale, che incida sugli interessi essenziali di sicurezza del Paese, o adottata per adempiere agli obblighi previsti dalla Carta delle Nazioni Unite, ad esempio l’attuazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) e dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA). Inoltre, già nel 2019 la Corte di giustizia europea ha stabilito che i prodotti provenienti dai territori palestinesi occupati devono essere etichettati come tali e non come originari di Israele. Tale decisione vincolante deve ora essere attuata sistematicamente dalle autorità doganali degli Stati membri dell’UE.

Traduzione dall’inglese di Silvia Marastoni

Redazione Italia

Fonte
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